Il podcast di don Andres Bergamini

Omelia venerdi XXVI settimana TO BVI ore 8.30 San Felice


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Dopo aver riflettuto su Neemia, oggi ci soffermiamo sul profeta Baruc, che si colloca anch’egli nel contesto dell’esilio. Il brano che leggiamo è l’inizio del suo piccolo libro, così denso e meraviglioso. Esso si apre con una confessione: il popolo riconosce la propria colpa e proclama nello stesso tempo la grandezza e la giustizia di Dio.

“Al Signore, nostro Dio, la giustizia; a noi il disonore sul volto.” È un’affermazione forte: Dio è il giudice giusto, mentre il popolo porta la vergogna del peccato. Questa non è una condizione che riguarda solo alcuni, ma tutti: uomini di Giuda, abitanti di Gerusalemme, re, capi, sacerdoti, profeti e padri. Nessuno è escluso.

La solidarietà nel peccato

Ciò che mi colpisce è che questa confessione non si esprime in termini individuali, ma collettivi. Noi siamo abituati a pensare ai nostri peccati personali, ed è giusto; ma qui emerge una dimensione di solidarietà nel peccato. Tutto il popolo ha disobbedito, tutto il popolo si è ribellato, nessuno ha ascoltato il Signore.

Chi sono otto espressioni diverse, successive, come un coro, che ripetono ciascuna con sfumature diverse, sempre la stessa realtà: “Abbiamo peccato, non ti abbiamo ascoltato, ci siamo ribellati, abbiamo seguito le perverse inclinazioni del cuore, abbiamo servito dèi stranieri, abbiamo fatto ciò che è male.” L’accento cade soprattutto sull’ascolto: la relazione con Dio è stata interrotta perché non si è dato ascolto alla sua voce.

Una prospettiva che ci interpella

Questa lettura diventa per me un invito alla conversione, ma anche al realismo. Non riguarda solo il passato di Israele, ma ci interpella oggi come comunità. Noi tendiamo a guardare solo al nostro rapporto personale con Dio, ma questo testo ci ricorda che l’allontanamento tocca anche il “noi”: la comunità, la Chiesa, il popolo.

Ecco perché i mali che vengono addosso – come ricorda Baruc – sono legati alla maledizione annunciata dal Signore nel Deuteronomio: se non ascoltate i comandamenti, perderete la terra promessa. Questa maledizione non è una condanna definitiva, ma un monito che custodisce una promessa. Dio rimane fedele, e attende la risposta del popolo.

La luce nelle nostre tenebre

Questa parola è luce nelle nostre tenebre. Gesù stesso, nel capitolo 12 di Giovanni, dice: “Io sono la luce; chi ascolta me non rimane nelle tenebre.” Anche noi ci troviamo spesso in una condizione di oscurità, sia a livello personale che comunitario.

Penso a questa giornata segnata da uno sciopero. Penso alle guerre, come quella a Gaza, di cui abbiamo ascoltato ieri una toccante testimonianza dal nostro amico Marco. Ci sono tanti mali che gravano sul mondo, ma la via per affrontarli comincia da noi, da una confessione sincera, come quella di Baruc.

Un cammino di ritorno

Per questo oggi voglio dire: “Signore, abbiamo peccato. Vogliamo ritornare a te, vogliamo ascoltarti, vogliamo rimetterci in cammino con umiltà, ritornare a Gerusalemme.” È un impegno che nasce dalla gratitudine, perché ogni volta la Parola ci illumina e ci dona la forza di rialzarci.

In mezzo alle nostre infedeltà e alle ombre della storia, la Scrittura ci ricorda che Dio è giusto e fedele, e che la via del ritorno resta sempre aperta.
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Il podcast di don Andres BergaminiBy Andres Bergamini