Questa storia non riguarda soltanto un dipinto e un pittore, ma racconta qualcosa di tutta una città. Il 24 marzo del 1536 Gabriele e Galeazzo Tanti, eredi di Enrico Tanzi, console milanese a Bari, su sua disposizione testamentaria acquistarono una cappella presente nella chiesa Cattedrale di Bari già dedicata al Corpo di Cristo o Redentore e la rinominarono dedicandola ai santi Enrico e Antonio. Tali notizie sono riportate in un atto conservato nel Museo Civico di Bari che segue ad un altro atto testamentario sempre conservato nello stesso Museo e datato al 1534 che riportava le volontà di Enrico Tanzi di essere deposto in una cappella presente nella Cattedrale di Bari che sarebbe stata dedicata a S. Enrico e S. Antonio da Padova. La presenza di cappelle gentilizie all’interno di luoghi sacri e, in questo caso nella Cattedrale di Bari, è argomento assai intrigante, dal grande fascino. Sicuramente non furono soltanto i Tanzi a possedere una cappella destinata alla sepoltura di Enrico Tanzi, ma anche altre importanti famiglie che, soprattutto nel XVI secolo, acquisirono e, in alcuni casi realizzarono, cappelle funerarie soprattutto lungo i muri perimetrali nord e sud della chiesa. Accurate indagini che hanno preso in considerazione documenti di archivio e analisi dei resti architettonici e decorativi superstiti hanno individuato la presenza di una cappella assegnata ad Antimio e Diolando Ardizone nel 1575, un’altra realizzata nel 1554 da Battista e Pirro Antonio Nenna, così come nel 1577 Giovanni Battista Garbinati realizzava la cappella dedicata al Cristo alla Colonna, nel 1569 gli eredi di Pietro Fanelli eressero la cappella dedicata a S. Leonardo. L’elenco potrebbe continuare così come l’itinerario tracciato da queste cappelle potrebbe costituire un tracciato che mescola documenti d’archivio, opere liturgiche e architettoniche, elementi artistici come dipinti, pale d’altare e altari decorati, elementi archeologici come i vani sotterranei delle cappelle dove venivano tumulati i corpi. Sono tracce di una storia cittadina che vede Bari, tra ‘500 e ‘600 al centro di importanti vicende che la legano all’aristocrazia rinascimentale regionale e nazionale ed in questo senso la famiglia dei Tanzi è uno dei più illustri esempi. La loro cappella, all’interno della Cattedrale, è stata identificata lungo il lato meridionale della chiesa in corrispondenza del Fonte Battesimale e intorno al 1540 venne arricchita da una importante commissione: una pala d’altare che raffigura la “Madonna con il Bambino tra Enrico d’Uppsala e Antonio da Padova”, realizzata dal pittore veneto Paris Bordone. La datazione del dipinto è stata abbastanza dibattuta, ma viene ritenuta credibile la proposta di attribuirlo al periodo trascorso a Milano dal pittore veneto e quindi intorno al 1550. Il racconto del dipinto è facile da leggere, la Madonna assisa su un trono marmoreo regge il Bambino che si lancia nella lettura di un libro (probabilmente un libro sacro) tenuto nelle mani di Sant’Enrico, vestito in abiti vescovili, mentre dall’altro lato S. Antonio attira lo sguardo malinconico della Vergine raffigurata come una giovane donna. Sullo sfondo del dipinto compare lo stemma della famiglia dei Tanzi. Lo schema sarebbe quello usuale di una Sacra Conversazione anche se bene hanno fatto i critici a sottolineare come il linguaggio emotivo dei protagonisti di questo dipinto, l’ambientazione e l’evidenza della nuvole sull’orizzonte riportano il linguaggio di quest’opera ad una derivazione propriamente veneta, riferibile proprio a Tiziano e Giorgione. I colori, le fughe prospettiche del pavimento marmoreo, lo scranno decorato dove siede la Vergine, sino agli apparati scenografici posteriori, tra i quali compare lo stemma della famiglia Tanzi, fanno di quest’opera un esempio della maturità artistica di Paris Bordone, nonché un dipinto di grande pregio. Oggi lo si può ammirare nella Pinacoteca di Bari, ma anche questa è una storia da raccontare. Vi giunse in deposito nel 1929 e poi venne definitivamente donato nel 1930 da Carlo Tanzi di Blevio erede della famiglia. In precedenza il dipinto era stato spostato nella cripta della Cattedrale di Bari nel 1754, in quell’oratorio ubicato dietro l’altare di Santa Maria di Costantinopoli. Uno spostamento dettato dalla necessità di riammodernare tutta la chiesa romanica secondo il gusto barocco attuato da Domenico Antonio Vaccaro che realizzando le decorazioni in stucco che adornavano l’intera chiesa chiuse la maggior parte delle cappelle gentilizie cinquecentesche compresa quella appartenuta ai Tanzi. La vicenda non si concluse così tanto che nel 1754 la famiglia ottenne dal Capitolo della cattedrale la concessione di poter riedificare un nuovo altare con predella, mensa e gradino non nello stesso luogo dove sorgeva la più antica cappella cinquecentesca, ma nell’area del transetto dove Vaccaro aveva realizzato il cappellone dell’Immacolata. La storia non finisce qui perché questo altare, con il dipinto di Paris Bordone, venne abbattuto nel 1917, quando i lavori di restauro e di “restituzione” alla facies medievale e romanica della Cattedrale, eliminarono tutti gli interventi barocchi e vaccariani e di conseguenza distrussero anche l’altare dei Tanzi. Seguì un processo intentato dalla famiglia al Capitolo della Cattedrale, un processo che a sua volta rimane una storia nella giurisprudenza, che riconobbe ai Tanzi la legittimità a ricostruire il loro altare, ma a questo punto la storia si ferma. Nessuno più restituì l’altare di Enrico Tanzi alla sua memoria, il dipinto di Paris Bordone venne prima depositato e poi donato alla Pinacoteca di Bari. Breve postilla: agli inizi del ‘900 fu scolpita un’iscrizione su lastra marmorea pavimentale ubicata all’inizio della navata destra della chiesa in corrispondenza di una botola che portava negli ambienti sotterranei all’epoca destinati alle sepolture. Qui venne ritrovato, durante i lavori di svuotamento di tali ambienti realizzati intorno al 1969, un sacchetto di ossa rivendicato proprio dai Tanzi di Blevio.
Riferimenti Bibliografici: Fonti Museo Civico di Bari, Archivio privato Tanzi, Fondo pergamenaceo, perg. C10 del 25 settembre del 1533 e perg. C20 del 20 marzo del 1536 Bigliografia: S. Di Sciascio, Per la storia della cattedrale di Bari: un’ipotesi ricostruttiva delle cappelle gentilizie, C. Palma, Fonti documentarie su altari, cappelle e sepolture della cattedrale di Bari, in P. Belli D’Elia E. Pellegrino, Le radici della Cattedrale. Lo studio e il restauro del succorpo nel contesto della fabbrica della cattedrale di Bari, Bari 2002 La Pinacoteca Provinciale di Bari, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 2006