Appena nato il bambino si trova catapultato in un mondo completamente diverso dal quale era abituato a stare. Dal calore del ventre materno, costantemente nutrito, avvolto, cullato, senza bisogno di chiedere perché ogni suo bisogno non è nemmeno propriamente un bisogno perché viene colmato ancora prima che si manifesti, si trova a sentire freddo, fame, rumori vari. Si trova in un momento in cui si sente solo, finché non arriva la carezza, l’accoglienza di qualcuno, della madre, del padre, che lo rassicurano e gli fanno percepire di non essere solo. E questo si manifesta ogni qual volta si trova a sentire qualcosa di nuovo, per cui necessita di essere accolto, avvolto, di ricevere “carezze”.
La richiesta di carezze diventa come un richiamo a ripetere lo stesso copione e per giunta, a confermarlo. Per cui il bambino (e in seguito ciò avviene nell’individuo cresciuto) ricerca costantemente la prova di non essere ok, facendo delle cose che richiamano l’attenzione, per avere una sculacciata, una sgridata, che per lui rappresentano le carezze. Con gli altri coetanei, spesso vuole dimostrare di essere di più, di essere superiore, (“il mio giocattolo è meglio del tuo” “io ho una barbie, io invece ne ho tre e sono più belle” etc.). Da grande ostenterà l’avere soldi, una casa bella, un lavoro remunerativo, etc, che rappresenteranno le nuove “carezze”, ma che saranno momentanee e porteranno ad una continua ricerca di carezze a un di più.