Un'autostrada tedesca, sotto un diluvio torrenziale, può diventare una
trappola mortale. Basta poco, è sufficiente che nel tardo pomeriggio di
un giorno maledetto l'acquaplaning faccia slittare una vettura e che un
autoarticolato per evitare l'impatto finisca col rimorchio di traverso
occupando tre corsie e rendendo impossibile il transito. In quel momento
sopraggiunge un altro veicolo, una Volkswagen Golf guidata da una
giovane donna ungherese diretta a Monaco di Baviera: lanciata a 180
chilometri orari, l'auto non può frenare con la dovuta prontezza e nella
sbandata seguita al primo impatto col guardrail finisce contro il TIR
distruggendosi. Lo scontro è terribile, un clangore di lamiere che si
contorcono e che strappano una giovane vita. Ma non è quella
dell'autista che se la cava con alcune serie ferite, né quella della
passeggera sul sedile posteriore, una turca che esce dall'incidente
menomata ma viva. No: in quello schianto assurdo muore un campione, un
esempio, un simbolo di riscatto ed araldo di una nazione. Il 7 giugno
1993, lungo una maledetta striscia d'asfalto, scompare Drazen Petrovic.
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