Camilla era una bambina molto premurosa. Volere un gran bene alla mamma e
vedersela là, sempre a letto, con una brutta tosse ostinata che non le dava pace né di giorno
né di notte, era per lei una gran sofferenza.
Almeno avesse potuto occuparsi di qualche cosa e aiutare il babbo, pazienza!
Ma cosa avrebbe potuto fare una bambina di otto o nove anni?
C'erano tanti bisogni in quella casa! Il babbo andava in ufficio la mattina alle dieci e
tornava alle cinque.
È vero che prima di andare via, preparava per la cena, dava una ripulitina alla casa e accudiva la malata:
ma la sera avrebbe avuto bisogno di trovare tutto in ordine.
E invece doveva rifarsi da una parte: ravvivare il fuoco, far bollire il
brodo, preparare la minestra e sbrigare insomma tutte quelle piccole faccenduole, alle quali
non si usa dare una grande importanza, ma che nonostante tutto portano via il loro tempo!
Camilla s'ingegnava, poverina.
Quando andava in camera della mamma, le sistemava il
letto, o riordinava le boccette delle medicine sul comodino.
Ma ci voleva ben altro!
Bisognava assumere una signora che si occupasse della madre: non c'era rimedio. E questa
nuova spesa dava una grande preoccupazione al babbo, i cui guadagni erano appena
sufficienti a mantenere al moglie e la figlia!
Una sera dopo cena, il signor Ernesto, così si chiamava il padre di Camilla, aveva
avuto bisogno di uscire per trattenersi un'oretta fuori.
La malata era assopita e la nostra bambina non sapeva come passare il tempo.
I balocchi e le bambole oramai la annoiavano, specie da quando la mamma si era ammalata:
lavori preparati non ne aveva e il suo libro preferito, era rimasto chiuso nello studio del babbo.
Ciondola di qua, ciondola di là, alla fine entrò in cucina: Dio, che disordine!
Non pareva più la cucina di prima, quando la mamma rassettava tutto, subito dopo cena,
spazzava, spolverava e socchiudeva le imposte, affinché non entrasse il sole.
Sul cammino c'era un po' di tutto: tegami, scodelle, bottiglie, briciole di pane,
la scatola della cera da scarpe e perfino un tovagliolo tutto sporco d'unto e di caffè; il
tavolino e le sedie erano ricoperti dalla fuliggine del camino;.
Camilla pensò subito alla mamma e prese subito una grande decisione; se si
provasse un po' lei a riordinare quella confusione e a far risparmiare al babbo la spesa per
assumere una signora?
Forse ci riuscirebbe, forse no: ma in ogni modo, a provare non ci si rimette nulla,
anzi ci si guadagna sempre qualche cosa, se non altro si impara a farlo.
Camilla cominciò con riempire d'acqua la pentola e a metterla sul fornello, dove c'era
sempre il fuoco acceso: poi riunì i piatti grandi, quelli più piccoli e le pentole grandi,
facendone, chiaramente, tre gruppi distinti; pulì il cammino, scosse le seggiole, spolverò la
rastrelliera, e mentre l'acqua finiva di scaldarsi, risciacquò i bicchieri e le tazze
dispose tutto rovesciato sopra un vassoio, che la mamma teneva, per quell'uso, sul piano della
credenza.
Poi, un pezzo per volta, pulì le posate, le asciugò e le ripose.
Quando l'acqua cominciò a bollire, la versò adagio adagio nel catino, e
cominciò a lavare i piatti meno unti, per arrivare quindi ai tegami e alle pentole grandi.
E quando tutto fu pulito, risciacquato e lustro, Camilla mise altri due pezzi di
carbone nel fornello, coprì il fuoco con una palettata di cenere, affinché non si consumasse
troppo in fretta, e socchiuse la finestra.
Poi andò a lavarsi, si mise un bel grembiulino bianco e aspettò il babbo con una certa impazienza.
Quando tornò, la mamma si svegliava proprio allora e chiedeva da bere.
Il signor Ernesto corse in cucina per prendere un bicchiere d'acqua fresca, e la
bambina...