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Circa dieci anni fa ho letto per prima volta questo libro di racconti, Gente di Dublino, se non ricordo malamente in un'edizione di Altaya, con copertina rigida. Io venivo da leggere molto ben letti tutti i maestri del racconto del Novecento, che evidentemente sono tutti argentini, e l'opera di Joyce l'ho trovata ipertrofica, che il suo posto de privilegio doveva essere, fondamentalmente, al fatto d'essere stata scritta in inglese. La mia prima edizione in spagnolo, quindi, già non la tengo con me. Credo l'abbia venduto per due soldi.
Tempo dopo ho comprato o mi hanno comprato un'edizione in inglese, la cui è quella che ho finito di leggere (con l'ausilio irreparabile d'una infetta traduzione in spatzaturagnolo che ho trovato su Internet). È una bella gatta da pelare, Joyce in inglese, per un tipo che s'esamina del B2 tra un anno, se tutto va bene. Di sicuro, senza leggere prima i racconti in spagnolo era pochissimo quello che avrebbe potuto capire.
Se fossi dublinese non sarebbe tropo felice a leggere Gente di Dublino. L'autore lo ha scritto a 23 anni e sì, si vede tutta l'empietà che si può avere quando s'è così giovanotto. Giudica sia esplicitamente che implicitamente, Joyce, i suoi compaesani, e gli mette alla berlina. Dalla nascita fino alla morte, passando attraverso tutte l'età, i suoi personaggi vengono condannati dalla loro meschinità, codardia e stupidità. Se sentono un musicista di strada suonando la sua arpa, loro lo imitano, mentre camminano, passando le ditta sulle mute griglie di una casa del quartiere. L'amore non arriva mai a buon fine; chiaramente, conduce alla morte, una morte che condividono i vivi e i morti.
C'è un'edizione critica di Cátedra che, forze, sarà quella che comprerò. Devo investigare un po' di più chi sia quel Fernando Galván, cosa succede con quel provincialismo di cui mi parlano sulla quarta di copertina, e vedere cosa succede con tutte le frecciate contro i “nazionalismi periferici” che immagino troverò dappertutto, se vedo il paratesto, che è una delle cose che m'interessano di più. Cioè, non me ne fregano un cavolo le storie di guerre, però sì che mi spieghino tutti i velati riferimenti a chi sa quante cose che ha metto Joyce dappertutto, alcune di queste cose già mi hanno spiegato i youtubers che ho sentito mentre stava a leggere il libro.
http://www.unavezleienunlibro.com/2020/07/james-joyce-dubliners.html
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Circa dieci anni fa ho letto per prima volta questo libro di racconti, Gente di Dublino, se non ricordo malamente in un'edizione di Altaya, con copertina rigida. Io venivo da leggere molto ben letti tutti i maestri del racconto del Novecento, che evidentemente sono tutti argentini, e l'opera di Joyce l'ho trovata ipertrofica, che il suo posto de privilegio doveva essere, fondamentalmente, al fatto d'essere stata scritta in inglese. La mia prima edizione in spagnolo, quindi, già non la tengo con me. Credo l'abbia venduto per due soldi.
Tempo dopo ho comprato o mi hanno comprato un'edizione in inglese, la cui è quella che ho finito di leggere (con l'ausilio irreparabile d'una infetta traduzione in spatzaturagnolo che ho trovato su Internet). È una bella gatta da pelare, Joyce in inglese, per un tipo che s'esamina del B2 tra un anno, se tutto va bene. Di sicuro, senza leggere prima i racconti in spagnolo era pochissimo quello che avrebbe potuto capire.
Se fossi dublinese non sarebbe tropo felice a leggere Gente di Dublino. L'autore lo ha scritto a 23 anni e sì, si vede tutta l'empietà che si può avere quando s'è così giovanotto. Giudica sia esplicitamente che implicitamente, Joyce, i suoi compaesani, e gli mette alla berlina. Dalla nascita fino alla morte, passando attraverso tutte l'età, i suoi personaggi vengono condannati dalla loro meschinità, codardia e stupidità. Se sentono un musicista di strada suonando la sua arpa, loro lo imitano, mentre camminano, passando le ditta sulle mute griglie di una casa del quartiere. L'amore non arriva mai a buon fine; chiaramente, conduce alla morte, una morte che condividono i vivi e i morti.
C'è un'edizione critica di Cátedra che, forze, sarà quella che comprerò. Devo investigare un po' di più chi sia quel Fernando Galván, cosa succede con quel provincialismo di cui mi parlano sulla quarta di copertina, e vedere cosa succede con tutte le frecciate contro i “nazionalismi periferici” che immagino troverò dappertutto, se vedo il paratesto, che è una delle cose che m'interessano di più. Cioè, non me ne fregano un cavolo le storie di guerre, però sì che mi spieghino tutti i velati riferimenti a chi sa quante cose che ha metto Joyce dappertutto, alcune di queste cose già mi hanno spiegato i youtubers che ho sentito mentre stava a leggere il libro.
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