Hai preso la patente da cinque giorni. Guidi lento su questo viale lunghissimo. Tuo padre sul sedile del passeggero. “Vai avanti”, ti dice. “Non fermarti”, “Non ti fermare”, “Passa”. Tu ti fermi per far passare, invece, ogni pedone. Ogni umano, ogni cane.
E di ognuno pensi: "e se togliendogli un attimo di attesa, attendendo io, potessi cambiargli la vita? Se quell’istante in più che anticipano sul corso della loro giornata, potesse servire a recuperare il giorno intero, un anno, la vita? A me cosa costa? Quanto costa aspettare per non far aspettare? Perché ci si aspetta da me, sempre, che io mi imponga, che io mi scordi, dell’attesa di un altro? Perché ogni verbo, ogni aggettivo, deve coniugarsi, declinarsi con me e solo con me?Dove mi porterà questa fretta che mi hanno caricato sulle spalle...