Bioetica da Bar

Sepolti vivi, o: paura di non essere morti, ma anche di non poter morire


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Nel silenzio del cimitero, un campanellino, e unghie che raspano. Tra Sette e Ottocento la gente temeva sul serio di essere sepolta viva. Anatomisti come Winslow dicevano: finché non puzzi, non è detto che tu sia morto. Traduttori furbi (ciao Bruhier) trasformarono la prudenza in best-seller horror. Risultato? Bare di sicurezza steampunk (con campanelle) e case d’attesa per i “morti in dubbio”, con cordicelle legate alle dita. Spoiler: tanta ansia, zero resurrezioni. Il punto però non è ridere dei trisavoli: è guardare il confine vita/morte. Ieri la paura era: “non dichiaratemi morto troppo presto”. Oggi è quasi il contrario: chi decide quando “staccare la spina”? Se foste morti nell’800 avreste preferito una sepoltura rapida (rischio minimo, ma inquietante) o giorni di attesa per essere sicuri al 100%, col rischio di epidemie? E avete già compilato le DAT, o sperate nella bara steampunk? Se questa storia vi ha fatto drizzare un sopracciglio, fate un favore: like, follow, condivisione. E in commento ditemi: paura di svegliarvi sottoterra, o di non poter dire “basta”?
Questa è Bioetica da Bar: brindiamo alla vita, al coraggio di dire basta, e le campanelle lasciamole ai gatti.
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Bioetica da BarBy Giovanni Spitale