Spettacoli&Tv
Alfredino Rampi, 40 anni fa la tragedia di Vermicino: così nacque la 'tv del dolore'
Il 10 giugno del 1981 a Vermicino un bambino di sei anni scivolò in un pozzo e fu recuperato senza vita 28 giorni dopo. Fu allora che per la prima volta il dolore si fece televisivo, mandando in diretta l’atrocità di una tragedia straordinaria e, come tale, realmente devastante
Alfredino Rampi, morto a Vermicino nel 1981 (archivio Ansa)
Donatella Polito
Donatella Polito
Giornalista Today
10 giugno 2021 09:00
Il pianto, i volti contriti, le domande dell’intervistatore a cui seguono i silenzi degli intervistati sono alcuni degli elementi della cosiddetta 'tv del dolore', micidiale miscuglio di elementi sapientemente manipolati per intrattenere il pubblico con la scusa di informarlo. Non a caso è "infotainment" il termine che gli addetti ai lavori affiancano a questi spettacoli, a questi "show", per rimanere in tema di inglesismi, voce derivante dall’incrocio di "information" ed "entertainment" che insieme riassumono la pratica ormai rodata di coinvolgere e magari di sconvolgere anche, se possibile. Di fondo deve esserci un dramma, una tragedia da raccontare e descrivere come un caso clamoroso e impressionante, e tale, tristemente tale, fu quello che 40 anni fa turbò l’Italia intera, affranta e stravolta dalla disgrazia di Alfredino Rampi che a sei anni scivolò in un pozzo artesiano il 10 giugno del 1981 per essere recuperato senza vita 28 giorni dopo. Fu allora che il Paese per la prima volta si ritrovò tutto riunito davanti ai piccoli schermi casalinghi per assistere alle complicate operazioni di soccorso durate tre giorni. Fu in quel momento che per la prima volta il dolore si fece televisivo, mandando in diretta l’atrocità di una tragedia davvero straordinaria e, come tale, realmente devastante.
Tragedia di Vermicino: la storia di Alfredino Rampi che tenne l’Italia con il fiato sospeso
Era la sera del 10 giugno 1981 quando a Vermicino, tra Roma e Frascati, il piccolo Alfredo di sei anni chiese al padre di fare un tratto di strada da solo a piedi, attraverso i prati, durante una passeggiata che li stava riportando a casa. Perso di vista, la famiglia iniziò a cercarlo invano, per poi allertare in serata le forze dell’ordine. Iniziarono così le ricerche convulse da parte di tutti senza esiti, finché non si decise di considerare l’ipotesi della nonna del piccolo che chiese di controllare in un pozzo scavato in un terreno vicino anche se coperto da una lamiera tenuta ferma da sassi, messa – ma questo si seppe dopo – dal proprietario del terreno dopo la caduta del bambino. Infilando la testa nel pozzo, un agente di polizia sentì così i lamenti del bambino, bloccato a una profondità di 36 metri in un cunicolo. In un primo momento si pensò di legare una tavoletta di legno a una corda e di calarla nel pozzo affinché il bimbo si potesse aggrappare, ma la fune si spezzò, lasciò la tavoletta incastrata a 24 metri di profondità e ostruì il condotto. Allora si tentò di scavare un tunnel parallelo da collegare, attraverso un cunicolo orizzontale, al punto in cui si trovava Alfredino, usufruendo anche di perforatrici sempre più potenti per scavare la roccia.
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(I soccorsi al piccolo Alfredino Rampi a Vermicino)
L’arrivo della Rai
Intanto che le operazioni di soccorso si facevano sempre più complesse, a metà giornata dell’11 giugno, arrivarono le troupe della Rai che, persuase dalle parole del capo dei Vigili del Fuoco Elveno Pastorelli sicuro che il salvataggio sarebbe presto avvenuto, rimasero a documentare quei momenti, immagini per i telegiornali che seguirono in diretta ogni passaggio con una staffetta tra le tre reti Rai. Pare che fossero circa 10mila le persone che si mobilitarono su quei luoghi spinte dalla curiosità mediatica e, con loro, un seguito di venditori ambulanti di cibo e bevande. Nel pozzo scese poi un volontario, Isidoro Mirabella, che parlò ad Alfredino, ma non riuscì a salvarlo. Le operazioni di scavo