To be Es

Eccomi di nuovo qui. Questa volta seduta sul muretto del giardino guardo le rose che mia madre sta coltivando. Finalmente sono fiorite. Ci hanno messo più del previsto, ma sono bocciate prendendosi tutto il loro tempo. Settimana scorsa ti ho parlato della paura che ho di deludere le aspettative. Una sensazione che mi fa "prendere" tempo quando devo sottopormi al giudizio degli altri. Tempo che spesso diventa troppo.

Oggi, però, voglio dirti che non è sempre un male aspettare, valutare bene dove si è e chi si vuole diventare. Non sempre l'insicurezza è una qualità negativa. Qualche volta per diventare consapevoli ci vuole tempo e spazio. Ci vuole la giusta cognizione delle cose.

Mentre siedo sul muretto che accompagnava il mio riposo da bambina dopo i giochi in giardino, mi prendo il mio tempo, lo dono a me stessa come un bene prezioso e ti invito a prendere qualcosa di caldo insieme.

Pensi di poter restare un po' con me? Se la risposta è "Sì", grazie perché ancora una volta mi regali la tua compagnia.

Ciao, non immagini nemmeno quante volte ho registrato un audio per te per poi cancellarlo dalla lista delle cose da farti ascoltare. Dopo tanto tempo postare un nuovo episodio di To be Es non è stato semplice, anche se l'ho desiderato tantissimo. L'attesa insieme all'assenza crea aspettative che ingigantiscono i ricordi e trascinano chi deve tornare in un mare di "ansia da prestazione". Ho pensato di non essere all'altezza, di sbagliare... di deluderti, ma alla fine sono qui. Non c'è cosa che desideri di più che essere presente nella tua settimana, riservarci quei dieci minuti che avevamo un tempo, neanche troppo lontano, per parlare sorseggiando una bevanda seduti sulla nostra panchina.

Ho capito che non era il coraggio a mancarmi, ma la consapevolezza di avere ciò che ero prima. Beh, non sarò mai più quella persona... ma magari questo te lo dico in una prossima volta. Oggi voglio semplicemente salutarti, stare un po' con te e raccontarti qualche piccola novità che è venuta ad abitare nella mia quotidianità. 

Ho iniziato a meditare e questo mi ha aiutato tantissimo a smetterla di procrastinare le cose, mi ha aiutato a tornare da te nonostante il vortice ancora in piena di novità che hanno invaso la mia nuova vita. Sento che c'è ancora molto da "sistemare", ma sono serena e pronta a chiederti di abituarti di nuovo a me, alla mia voce, al nostro tempo insieme. ù

Puoi farlo? Se la risposta è sì, mi hai appena resa Felice.

Il nostro appuntamento del martedì, questa volta, è ancora più speciale. Ho pensato di condividere con te il pensiero che abbiamo di Felicità. Ho sempre pensato che fosse un sentimento effimero, forse proprio come la maggior parte delle persone, ma con il tempo e, facendo un grande lavoro su me stessa, ho capito che può diventare un modo di pensare, uno stile di vita come, in qualche modo, diceva il filosofo Aristotele. Allenando la nostra mente e il nostro spirito al senso di consapevolezza si arriva a un certo punto a potenziare le migliori qualità che ogni essere umano possiede.

Per Aristotele  dire "Felicità", dire "essere Felici" è una massima aspirazione, ma il raggiungimento di tale sentimento è la coltivazione delle virtù più elevate. Non so se questo sia il segreto dell'essere Felici oggi, so che voglio provare a interrogarmi sulla spinosa questione, mentre alla scrivania osservo la vita che mi invade e ti chiedo, di rimando "E per te cos'è la Felicità".

Questo episodio è speciale perché devo dire grazie a Gabriella Calabrese, Roberta D'agostino, Michela Salzillo, Pio Russo, Maria Consiglia Izzo, Adele Monaco, la piccola Roberta e Tania Sabatino... grazie a loro per avermi raccontato il loro senso di Felicità.

Viviamo in una società in cui mostrarsi per ciò che si è, è davvero complicato, ma ho scelto di farlo senza remore. To be Es è l'espressione di questo concetto, della voglia di mettere a nudo la mia anima e raccontarti i miei pensieri più intimi. 

Sì, finalmente in quest'episodio ti parlo del perché ho intrapreso questo percorso insieme e, soprattutto, ti racconto come sono giunta al titolo To be Es. Secondo la psicoanalisi l'Es o Id è composto da istinti che rappresentano la riserva individuale di energia psichica di ognuno di noi. Io l'ho inteso come l'istanza intrapsichica più arcaica: aprire la mente alla riflessione assopita dal tempo veloce in cui si vive. Un risveglio personale condiviso con chi ascolta. Un concetto differente dell'Io, che è parzialmente inconscio, ma per la maggior parte contiene elementi consci.

Il messaggio che voglio recapitare ogni settimana a te, che mi ascolti con estrema attenzione è che bisogna sempre "essere se stessi", perché chi giudica dalla copertina non è un "lettore" con cui vale la pena condividere le pagine della propria vita.

Ciao, sono tornata. Scusa il ritardo, scusa l'assenza. Eccomi, non sono sulla nostra panchina perché oggi piove, ma sono alla finestra guardando le foglie degli alberi scompigliate dal temporale e ti racconto di queste settimane. Voglio scomodare la Psicologia per pescare dal mazzo delle cose che non faro più: "Procrastinare" è una gran brutta abitudine. Quel comportamento che ci spinge a ritardare volontariamente qualcosa pur sapendo che ci saranno conseguenze future negative. Spesso chi lo fa opta per il piacere di breve durata a costo dei benefici a lungo termine. Io, invece, prima della quarantena procrastinavo gli affetti dando spazio al dovere a discapito mio e di chi voglio bene. La verità è che avevo dato per scontato la possibilità di vedere i miei amici quando volessi perché... sono i miei amici... e alla fine non li vedevo mai. Ecco cosa ho imparato da tutto questo. Mai dare qualcosa per scontato. E tu, cosa hai dato per scontato fino ad oggi?

Mentre ti parlo sono nel mio studio e sto aspettando l'alba a luci spente. Quest'atmosfera mi ricorda quando in radio avevo il programma alle 7:00 e mi svegliavo prestissimo per arrivare puntuale in sala speaker. Il regista mi veniva ad aprire con un gran sorriso e con le luci spente, proprio come ora, sulle note di Pino Daniele. Adesso, però, nella mia solitudine ascolto gli Oasis, mentre assaporo il nascere del nuovo giorno e mi esercito coi kana. Ho iniziato a scrivere i caratteri giapponesi meno di un anno fa. Era il 6 dicembre 2019 quando ho comprato il primo libro: "Come scrivere in giapponese" di Aya Mariko. Si avvicinava il Natale e volevo farmi un regalo, proprio come facevo per tutti i miei cari, con la promessa che quel dono mi desse la forza per volermi più bene nel presente e, soprattutto, nel prossimo futuro.

Così, seduta al tavolino del Mc Donald col mio tea nero, che aveva lasciato incredula la cameriera, leggevo e scrivevo: Ao è blu, ie è casa, au è incontrare, iu è dice... Ai è amore! Sì, Ai, come quando da bambina correvo veloce e candendo mi sbucciavo le ginocchia: "Ai, che male!", ma poi riprendevo a correre subito di nuovo e non mi importava di farmi male ancora...

Ti racconto due ricordi diversi, ma così indelebili nella mia mente, perché anche dalle piccole cose, possono nascere riflessioni solo nostre da poter condividere e mostrare a chi ci circonda. Ecco il mio nuovo messaggio audio per te. Spero vorrai condividere un po' del tuo tempo con il mio.

Mi capita spesso di pensare alle persone con cui non parlo più, quelle amicizie che non finiscono, ma restano sospese nei silenzi. La distanza a volte, interessi diversi che ci allontanano si frappongono tra noi e chi vogliamo bene e allora abbiamo due scelte. Nuotare controcorrente o restare ad aspettare. 

In questo nuovo episodio ti racconto la mia giornata, se ti va di ascoltare accomodati pure sulla mia stessa panchina in uno spazio di tempo sospeso tra vicini che si concedono un po' di riposo e ricordi di infanzia dove un vestito verde mi ricorda di un compleanno felice, con il mio bicchiere di tea e la sorprendente emozione di ricevere un messaggio inaspettato. A coprire la nostra testa solo un cielo terso, pieno di nuvole, ma con l'abbraccio di un'aria gentilmente calda che ci concede per la prima volta quest'anno una t-shirt a mezze maniche. 

Ti sto aspettando per fare un esercizio di gratitudine insieme e contare sulla punta delle dita dieci cose per cui essere grati. Le mie mi portano alla conclusione che è salutare tenere nel cuore ogni singolo ricordo felice e la certezza che per quanto le cose possano cambiare, il bene torna sempre indietro.

Il primo luglio del 1979 Sony porta sugli scaffali dei negozi un lettore di musicassette portatile con cuffie: Walkman in Giappone, Stowaway nel Regno Unito, Soundabout in America. La verità è che non è mai stato un semplice strumento per ascoltare la musica, il suo successo lo deve all'esperienza "immersiva" che ne viene fuori non appena si mettono le cuffie.

 L’epoca del Walkman, però, tramonta in maniera definitiva nel 2010, quando Sony decide di metterlo fuori produzione.

In questo nuovo episodio, non ti racconto la storia del Walkman, non è una mera "un'operazione nostalgia". Sei con me in una notte insonne e, mentre bevo la camomilla, ti registro un messaggio audio per parlarti di quando l'anno scorso sono riuscita ad andare a Torino per il Salone del Libro. Nel mio viaggio di andata gli Airpods mi hanno fatto venire in mente di quando per dividere le cuffiette con qualcuno, il filo troppo corto ci costringeva a un abbraccio.

Ti racconto dell'abbraccio di Jennifer e Jessica, mi interrogo sui fili invisibili della vita e quanto sia complicato, ma altrettanto coraggioso, sostenere i propri affetti a distanza. La decisione dipende solo da noi, in questo caso solo da te: vuoi ascoltare la mia stessa "musica"? Allora, metti le cuffiette e schiaccia "Play". Ti porto con me.

Stamattina mi sono preparata la mia tazza gigante di caffè, mi sono seduta su uno dei tre gradini della piccola scalinata antistante la porta del mio studio e qui, dove arriva un piccolo pezzo di sole, voglio iniziare questa avventura. Non avrei mai pensato di provare a fare dei podcast, ma poi mi sono lasciata ispirare dal momento così delicato che tutti noi stiamo vivendo e ho pensato che fosse un modo per sentirci meno soli.

 A te che stai ascoltando voglio donare un pezzo di me: ti racconto i miei pensieri, le mie riflessioni, le mie giornate. Lo faccio come se fossi un amico a cui sto inviando un vocale su whatsapp. Ti sono grata, già da ora, per il tempo che deciderai di trascorrere insieme. 

In questo primo capitolo metto in risalto il ruolo de "Le possibilità". Ti chiedo di riflettere su quelle  che non ci diamo, ma che dovremmo donarci, su quelle cose che realisticamente potrebbero accadere solo se decidiamo che valga la pena dare loro una possibilità.