Una camionetta verde della polizia sta ferma in mezzo a Piazza Navona, strana su quel selciato difeso tutto attorno da uno scalino che lo riserva alle corse dei ragazzi, al volo intatto delle parole e dei richiami alla luce è chiusa incantata del sole, come in una valle tra i monti, alla lenta contemplazione.
Sta ferma tutto il giorno, di fianco alla fontana, al cavallo, al leone di pietra che beve mansueto, di fronte, a sorvegliare o a proteggere il ristorante dei «Tre Scalini». Un biondo maresciallo annoiato discute, paziente, con i ragazzi chiassosi che si affollano intorno, mentre, nell'ora solitaria del primo pomeriggio, le vespe si lanciano tutto attorno in corse rumorose, in gare improvvisate.
È il solo segno rimasto di un fatto che ha toccato nel profondo, non solo quel quartiere antico, chiuso in un suo tempo particolare, ma tutta Roma, tanto è apparso insieme tipico e straordinario: un attimo di tragedia, rivelatore, come un lampo improvviso nel buio, di rapporti e condizioni umane permanenti, quotidiane e segrete.
Altri colpi di pistola, altro sangue, altre vicende e incrociarsi di destini cancellavano, come le onde che sempre nuove si seguono sulla riva, la memoria di quel fatto di cronaca, per gli altri: ma non qui, a Parione, dove esso rimane come un assurdo pieno di problemi, di quella domenica di marzo in Via dell'Anima era finita la corsa, il breve inseguimento furioso cominciato nella piazza, quando il giovane padrone del ristorante, avvertito che un ragazzo stava rubando, da un'automobile non sua, una radiolina, uscì con la pistola e lo cacciò per Sant'Agnese in Agone, tra la latteria e il droghiere della vecchia insegna, e i negozietti spaventati.
Luoghi narranti narrati o citati: Piazza Navona - Ristorante Tre Scalini - Parione - Via dell’Anima - Sant’Agnese in Agone - Panico - Via della Pace - Arco della Pace - Piazza Montevecchio
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È una città eterna e «fuggitiva», nobilissima e plebea, sempre in bilico tra il cammeo e la patacca, quella raccontata da Carlo Levi in questi scritti, che «sembrano inseguire Roma, nel suo splendore fuggitivo, nelle mosse in cui la sua bellezza pare espandersi, aprirsi a un nuovo sviluppo civile». Sfila in queste pagine intense, scritte tra il 1951 e il 1963, una moltitudine di tipi e personaggi, veri ritratti parlanti e gesticolanti di un mondo popolare, di antichissima civiltà, governato dalla più flemmatica e scettica filosofia di vita e insieme dotato di sorprendente vitalità.
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