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Riguardando indietro alle vecchie puntate di VnL scopriamo che questo è il quinto incontro in sei anni con il grande Marco Gentili, cineasta a 360 gradi di Rimini. Il primo incontro risale infatti al 23 dicembre 2018 dove abbiamo conosciuto Marco e il suo lavoro, e da quel momento l’appuntamento con lui è stato imprescindibile qui a Viaggio nella Luna.
Per chi volesse dare un ascolto agli incontri con Marco questa è la lista:
23 dicembre 2018 – La Passione di un cineasta
16 dicembre 2019 – Draconis, il nuovo progetto in uscita nel 2020
27 marzo 2022 – La maledetta scena 11
10 aprile 2023 – Un gradito ritorno
In questa puntata Marco ci racconta del suo nuovo grande progetto di produzione cinematografica che è 301 Filmont, casa di produzione con sede a San marino, che ha assorbito la precedente Moonpath con sede a Riccione. Poi il discorso corre al suo nuovo lavoro Aurum, un corto cinematografico con ambientazione medievale che narra la storia di Cagliostro tra le mura di San Leo, in programmazione al cinema Fulgor a Rimini il 2 dicembre in prima nazionale assoluta. Marco ci parla di Aurum e dei mille altri progetti che bollono nella sua capientissima pentola (12 sceneggiature di film pronte nel suo cassetto!), poi come al solito non si tira indietro a domande di cultura cinematografica generale. E il discorso corre al Cinema d’Animazione, ai film apprezzati e quelli un po’ meno, alle gioie e dolori del botteghino e al sistema di finanziamento pubblico all’industria cinematografica italiana.
Tantissimi altri i temi toccati fino ad arrivare alla recensione di Flow di Marco, un delizioso film d’animazione al cinema che rivoluziona un po’ i canoni del classico film d’intrattenimento per bambini con animali antropomorfizzati.
Checco infine ci parla di una colonna portante del cinema brillante: Sciarada (1963) di Stanley Donen, con tre miti assoluti: Audrey Hepburn, Cary Grant e Walter Matthau.
Per chi volesse approfondire la conoscenza con questo grande regista riminese non ha che da ascoltarsi il podcast qui di seguito. Buon ascolto e arrivederci alla prossima puntata di Viaggio nella Luna!
The post Reunion con Marco Gentili: 301 Filmont, Aurum e altri progetti che bollono in pentola appeared first on Film al Cinema.Nella quarta puntata della dodicesima stagione di Viaggio nella Luna si parla del film del momento: The Substance di Coralie Fargeat.
Il film si inserisce nel filone del body horror con un’opera che, pur strizzando l’occhio ai maestri del genere, si distingue per una spiccata originalità e un’incisiva critica sociale. Il film, presentato a Cannes 77, riecheggia le atmosfere claustrofobiche e disturbanti di Kubrick e Cronenberg, ma le rielabora in una chiave moderna e femminista, offrendo un’esperienza visiva e tematica di grande impatto.
Come in Arancia Meccanica e Shining, anche in The Substance la regista costruisce un universo asettico e geometrico, in cui i protagonisti si muovono come pedine in un gioco perverso. L’ambientazione, dominata da colori freddi e spazi claustrofobici, contribuisce a creare un senso di oppressione e alienazione. La regista, come Kubrick, utilizza la macchina da presa in modo voyeuristico, indugiando sui corpi e sulle trasformazioni fisiche, amplificando il senso di disagio e inquietudine.
Tuttavia, a differenza di Kubrick, Fargeat non si limita a osservare la violenza e la degenerazione, ma le contestualizza all’interno di un discorso più ampio sulla società contemporanea e sulle sue ossessioni.
L’influenza di Cronenberg, maestro del body horror, è evidente nelle sequenze più disturbanti del film, in cui la carne si trasforma e si ribella ai confini del corpo. La “sostanza” del titolo, come il “videodrome” di Cronenberg, è un agente mutageno che altera la percezione della realtà e spinge i protagonisti verso una spirale di orrore e follia.
Tuttavia, mentre in Videodrome la mutazione è una metafora della contaminazione mediatica, in “The Substance” assume una valenza più specificamente legata al corpo femminile e alle pressioni sociali che lo plasmano.
The Substance si inserisce a pieno titolo nel nuovo filone del body horror, che negli ultimi anni ha visto opere come Titane e Raw di Julia Decournau esplorare le potenzialità del genere in chiave autoriale e femminista.
Come questi film, The Substance utilizza il corpo come campo di battaglia per raccontare le ansie e le contraddizioni della società contemporanea. La mutazione fisica diventa una metafora della trasformazione interiore, del conflitto tra identità e apparenza, tra desiderio e repressione.
Ciò che distingue The Substance da altri film del genere è la sua capacità di coniugare l’orrore viscerale con una riflessione lucida e tagliente sulla società dello spettacolo e sulla mercificazione del corpo femminile.
Fargeat non si limita a mostrare la violenza, ma la contestualizza all’interno di un sistema che sfrutta e distrugge le donne, costringendole a rincorrere un ideale di bellezza irraggiungibile. Il film è un atto d’accusa contro l’industria dell’intrattenimento, che alimenta l’ossessione per la giovinezza e trasforma le donne in oggetti di consumo.
The Substance è un film complesso e sfaccettato, che si inserisce nel solco della tradizione del body horror, ma al contempo la rinnova con una sensibilità moderna e femminista. Un’opera che conferma il talento di Coralie Fargeat e la sua capacità di utilizzare il linguaggio del genere per affrontare temi scomodi e attuali. Un film che, pur nella sua crudezza, offre uno sguardo lucido e inquietante sulla società in cui viviamo e sulle sue contraddizioni.
Federico invece ci parla di Rebel Ridge di Jeremy Saulnier. Il film è un pugno nello stomaco, un thriller teso e rabbioso che trascende il genere poliziesco per trasformarsi in una feroce critica socio-politica. Jeremy Saulnier, con la maestria visiva già dimostrata in Green Room e Blue Ruin, costruisce un’America rurale marcia fino al midollo, dove la violenza della polizia e la corruzione dilagano senza controllo.
Don Johnson, nei panni dello sceriffo corrotto, è agghiacciante, mentre Aaron Pierre, con la sua interpretazione intensa e fisica, incarna la rabbia di chi è schiacciato da un sistema ingiusto.
Saulnier non offre soluzioni facili, ma ci costringe a guardare in faccia la brutalità del presente, lasciandoci con un senso di disagio e impotenza. Un film necessario, disturbante e potente, che rimarrà impresso a lungo nella memoria.
Checco invece, per un classico da rispolverare, ci parla de Il Giorno della Locusta (1974) di John Schlesinger. L’opera è un affresco grottesco e disperato di Hollywood, un’immersione negli abissi dell’industria cinematografica che divora sogni e speranze.
Attraverso gli occhi di un giovane scenografo, Schlesinger ci trascina in un mondo di illusioni e fallimenti, popolato da personaggi alienati e alla deriva. La fotografia di Conrad Hall dipinge un quadro decadente e allucinato, mentre le musiche di John Barry amplificano il senso di disfacimento e follia.
Un film visionario e disturbante, che svela il lato oscuro della fabbrica dei sogni e ci lascia con un profondo senso di inquietudine. Un capolavoro imperfetto ma potente, che anticipa il cinismo e la disillusione di molte opere contemporanee.
Poi si è parlato di serie TV (The Penguin) e della genesi del personaggio di Batman nella cinematografia. Se volete scoprire tutto, ma proprio tutto, ascoltatevi il podcast qui di seguito.
The post The Substance, oltre i confini del corpo appeared first on Film al Cinema.In questa terza puntata di Viaggio nella Luna (stagione 12) Marco ci conduce in un affascinante viaggio attraverso le differenze che contraddistinguono il cinema americano da quello europeo. assumendo come punto di partenza il film Speak No Evil, thriller psicologico che ha fatto discutere per le sue scelte narrative e stilistiche, comparandone le due versioni, quella americana (2024), a firma di James Watkins, e quella europea (2022), diretta dal regista danese Christian Tafdrup che ne ha curato anche la sceneggiatura.
Le due versioni di Speak No Evil offrono visioni marcatamente diverse della stessa storia. Ma cosa ci svela questo confronto? Quali sono le caratteristiche distintive del cinema prodotto ai due lati dell’Atlantico?
Innanzitutto, è evidente come le aspettative del pubblico influenzino profondamente le scelte narrative. Il cinema americano, con la sua lunga tradizione di blockbuster e finali risolutivi, tende a privilegiare un approccio più lineare e prevedibile, mentre il cinema europeo spesso si concede maggiori libertà narrative, lasciando al pubblico uno spazio più ampio per l’interpretazione.
Anche i temi universali come l’amicizia, la famiglia e la fiducia vengono affrontati in modo diverso. Il cinema americano, con la sua tendenza a idealizzare le relazioni umane, spesso presenta storie a lieto fine, mentre il cinema europeo non esita a esplorare le sfumature più oscure della psiche umana.
E cosa dire dello stile visivo? La fotografia, la colonna sonora, il montaggio: tutti elementi che contribuiscono a creare un’atmosfera unica e a immergere lo spettatore in mondi narrativi differenti. Il cinema americano, con i suoi budget più elevati, spesso punta su effetti speciali spettacolari e su un’estetica più levigata, mentre il cinema europeo predilige un approccio più realistico e intimista.
Ma le differenze non si limitano allo stile. Anche il genere horror viene declinato in modo diverso nei due continenti. L’horror americano, con le sue radici nella letteratura gotica e nei film espressionisti tedeschi, spesso si concentra sul sovrannaturale e sul macabro, mentre l’horror europeo, influenzato dalle tradizioni popolari e dalle avanguardie artistiche, tende a esplorare le paure più profonde dell’animo umano.
Tutto ciò ci porta a riflettere sul ruolo della cultura nazionale nel cinema. I valori, le identità, le storie che caratterizzano un paese influenzano inevitabilmente le scelte dei cineasti. Il cinema americano, con la sua vocazione universalista, tende a produrre film che possano piacere a un pubblico globale, mentre il cinema europeo, più legato alle proprie radici, spesso esplora tematiche più specifiche e personali.
Ma quali sono le implicazioni di queste differenze? Da un lato, la diversità è un valore da preservare, in quanto ci permette di scoprire nuovi modi di raccontare storie e di ampliare i nostri orizzonti culturali. Dall’altro, la globalizzazione e la diffusione delle piattaforme di streaming stanno portando a una crescente omogeneizzazione dei prodotti culturali, con il rischio di perdere le specificità di ciascuna cultura cinematografica.
In conclusione, il confronto tra le due versioni di Speak No Evil ci ha offerto l’opportunità di riflettere sulle profonde differenze che caratterizzano il cinema americano ed europeo. Due mondi che, pur avendo molto in comune, conservano una propria identità e continuano a offrirci esperienze cinematografiche uniche, ciascuna secondo la propria declinazione, ovviamente.
Federico ci parla poi di un film conturbante: Men di Alex Garland (2022). Il regista ci immerge in un’esperienza cinematografica inquietante e viscerale, dove la natura, apparentemente idilliaca, si rivela un’entità oscura e minacciosa.
La campagna inglese, scenario principale del film, è dipinta con una bellezza quasi surreale. Campi verdi, boschi rigogliosi e un cielo terso creano un’atmosfera di apparente tranquillità. Tuttavia, questa bellezza è ingannevole. La natura in “Men” è un personaggio a sé stante, un’entità primordiale che riflette e amplifica le paure e le ossessioni della protagonista, Harper.
Garland gioca con l’idea di una connessione profonda e disturbante tra l’uomo e l’ambiente circostante. La natura, in questo caso, diventa uno specchio delle interiorità di Harper, amplificando i suoi traumi e le sue angosce. La natura, spesso associata al femminile, viene rappresentata in modo ambivalente. Da un lato, è una forza generatrice e nutriente, ma dall’altro, può essere anche distruttiva e vendicativa. Questa dualità riflette la complessità della psiche femminile e le sue contraddizioni.
La natura è anche un’allegoria del patriarcato. Le creature maschili che perseguitano Harper sono profondamente radicate nella terra, come se fossero delle manifestazioni della violenza maschile insita nella natura stessa.
L’estetica visiva di “Men” è fondamentale per trasmettere il senso di disagio e di disorientamento. Immagini distorte, colori saturi e una fotografia cupa contribuiscono a creare un’atmosfera claustrofobica e opprimente.
La natura, inizialmente idilliaca, si trasforma gradualmente in un incubo. Paesaggi onirici e creature mostruose si fondono, creando un’esperienza visiva surreale e disturbante. Il corpo femminile di Harper diventa un campo di battaglia, un luogo dove si manifestano le paure e le ossessioni dell’inconscio. La natura, in questo caso, si intromette nel corpo femminile, violandone i confini.
Men è un film che non lascia indifferenti. È un’opera complessa e sfaccettata, che invita lo spettatore a riflettere su temi importanti come il trauma, la mascolinità tossica e il rapporto tra l’uomo e la natura. L’estetica della natura, in questo film, è uno strumento potente per esplorare le profondità dell’animo umano e le sue più oscure paure.
Infine Checco per il suo classico da rispolverare ci parla di Festen di Thomas Vintenberg, un film dove etica ed estetica si fondono per dar vita ad un dramma famigliare dalle tinte inquietanti, il tutto aderendo alla lettera ai vincoli di Dogma 95, il decalogo che un gruppo di registi tra cui Lars Von Trier e lo stesso Vinterberg si diedero per una rinascita culturale ed estetica del cinema europeo.
Durante una festa di compleanno, un’accusa sconvolgente getta una famiglia rispettata nel caos. Vinterberg, con uno stile crudo e realistico, svela le ipocrisie e le ferite profonde che si nascondono dietro le facciate perfette. Il film è un pugno nello stomaco, che ci costringe a confrontarci con temi difficili come l’abuso, il tradimento e la vergogna. La regia è intensa, i dialoghi sono taglienti e le interpretazioni sono magistrali. Un’opera che lascia il segno e che ci invita a riflettere sul peso del passato e sull’importanza della verità. Un capolavoro che mette a nudo le fragilità umane e le dinamiche familiari, con un impatto emotivo devastante.
Per questo e per molto altro potete far riferimento al podcast qui sotto, buon ascolto!
The post Le due versioni di Speak No Evil come paradigma di due mondi divergenti: cinema americano e cinema europeo appeared first on Film al Cinema.Uno sguardo sensuale
Guadagnino trasforma il campo da tennis in un vero e proprio palcoscenico, dove le partite diventano metafore delle relazioni umane. Ogni scambio di palla è un confronto, una sfida, un tentativo di dominare l’avversario e, allo stesso tempo, se stessi. La telecamera si muove con eleganza, catturando la tensione e la sensualità di ogni gesto, trasformando lo sport in un’esperienza estetica.
Al centro della storia troviamo un triangolo amoroso che brucia con la stessa intensità di una partita di tennis ai cinque set. Zendaya, con la sua energia magnetica, interpreta Tashi, una coach ambiziosa che decide di far sfidare il suo ex fidanzato Art (Mike Faist) contro il suo attuale marito Patrick (Josh O’Connor). Le dinamiche tra i tre personaggi sono complesse e sfaccettate, un intreccio di amore, rivalità e desiderio che tiene lo spettatore incollato allo schermo.
L’estetica di Challengers è un mix esplosivo tra il kitsch e il sublime. I colori saturi, i costumi sgargianti e le scenografie opulente creano un’atmosfera decadente e sensuale, che ricorda i film di Visconti. Allo stesso tempo, Guadagnino non rinuncia a momenti di pura bellezza, come le sequenze slow-motion che celebrano il corpo in movimento.
Challengers è un film che non lascia indifferenti. C’è chi ne apprezza l’ambizione visiva e la profondità psicologica dei personaggi, e chi lo trova eccessivamente artificioso e autoreferenziale. In ogni caso, è innegabile che Guadagnino abbia realizzato un’opera unica e provocatoria, che invita lo spettatore a riflettere sulla natura del desiderio, del successo e dell’amore.
Challengers è un film che va oltre il semplice intrattenimento, proponendo una riflessione sulla natura umana e sui rapporti interpersonali. È un’opera audace e provocatoria, che non teme di sperimentare e di osare.
Uno dei temi centrali del film è l’ossessione per il controllo. Tashi, in particolare, manipola le vite degli altri come se fossero pedine di una partita a scacchi. Il tennis diventa una metafora della sua necessità di dominare e di plasmare la realtà secondo i suoi desideri. Questa dinamica, se da un lato rende il personaggio affascinante e complesso, dall’altro solleva interrogativi sulla natura del potere e sulle conseguenze delle nostre azioni.
Il passato incombe sui personaggi come un’ombra. Le ferite del passato non guariscono mai del tutto e continuano a influenzare le scelte presenti. La relazione tra Art e Tashi, in particolare, è segnata da un profondo legame e da un’altrettanto profonda ferita. Il ritorno di Art sul campo da tennis è un tentativo di riconnettersi con il suo passato e, allo stesso tempo, di sfuggire ad esso.
Il corpo è al centro dell’attenzione in Challengers. I corpi dei protagonisti sono esibiti con orgoglio, ma anche con una certa vulnerabilità. Le sequenze in slow-motion mettono in evidenza la bellezza e la fragilità del corpo umano, sottolineando la sua natura effimera. Il corpo diventa un campo di battaglia, dove si combattono le proprie battaglie interiori.
Il finale di Challengers è aperto a diverse interpretazioni. Lascia allo spettatore il compito di completare il puzzle e di dare un senso a quanto visto. Questa scelta registica è audace e stimolante, ma potrebbe deludere chi si aspetta una conclusione più definita.
La sincope in Challengers
Il termine “sincope” in ambito cinematografico indica un’interruzione del flusso narrativo, un momento di sospensione o di disorientamento. In “Challengers”, questa tecnica narrativa viene utilizzata in modo particolarmente efficace per sottolineare la natura frammentaria della memoria, l’imprevedibilità delle emozioni e la complessità delle relazioni umane.
Le sincopi in “Challengers” non sono utilizzate in modo casuale, ma servono a esplorare la psiche dei personaggi e a rivelare le loro fragilità. Attraverso questi momenti di sospensione, lo spettatore può accedere a un livello più profondo della coscienza dei protagonisti, comprendendo le loro paure, i loro desideri e le loro contraddizioni.
Le sincopi in “Challengers” ci invitano a riflettere sulla natura del tempo e sulla sua relatività. Il passato, il presente e il futuro si intrecciano continuamente, creando un continuum temporale in cui passato e presente si influenzano a vicenda. Questa concezione del tempo è tipica del cinema di Guadagnino, che spesso esplora le conseguenze delle scelte passate sulle vite dei personaggi.
L’uso della sincope in “Challengers” rende il film un’esperienza visiva e emotiva intensa e coinvolgente. Attraverso questa tecnica narrativa, Guadagnino riesce a creare un’atmosfera di suspense e a esplorare le profondità della psiche dei personaggi, offrendo allo spettatore una riflessione profonda sulla natura del tempo, dell’amore e delle relazioni umane.
In conclusione
Challengers è un film che va oltre le apparenze, offrendo una riflessione profonda sulla natura umana e sulle relazioni interpersonali. È un’opera ambiziosa e provocatoria, in bilico tra sensualità e sincope, che non teme di affrontare temi complessi e di esplorare le zone d’ombra dell’animo umano. Nonostante qualche difetto, Challengers è un film che merita di essere visto e discusso.
E così han fatto i ragazzi di Viaggio nella Luna nel podcast della seconda puntata della dodicesima stagione, sviscerando e vivisezionando l’opera di Guadagnino. Ascoltatevi il podcast per scoprire gli altri temi della puntata!
The post Challengers di Luca Guadagnino: in bilico tra sensualità e sincope appeared first on Film al Cinema.Ed eccola qui la sospirata dodicesima stagione di Viaggio nella Luna, finalmente è stata partorita (da remoto) la prima puntata, in religioso smart working dai 3 viaggiatori lunari Marco Belemmi, Federico Minguzzi e Thomas Filippi, orfani del prode Checco Morosini rallentato quest’oggi da un inghippo domestico ma pronto a lanciarsi nell’agone con il suo smodato carico di umanità riciclata.
“Il Gusto delle cose”: Un’ode al palato e all’anima (recensione nel podcast di Marco)
Tran Anh Hung ci regala un’esperienza cinematografica che va ben oltre la semplice narrazione. “Il Gusto delle cose” è un banchetto visivo e gustativo, un’opera d’arte che celebra la vita attraverso i sensi.
La storia di Eugenie e Dodin, due anime legate dalla passione per la cucina, si dipana come un raffinato piatto, dove ogni inquadratura è un ingrediente che contribuisce a creare un quadro di rara bellezza. La regia di Hung è delicata e precisa, catturando la maestria con cui i due protagonisti danno vita a creazioni culinarie che sono vere e proprie opere d’arte.
Juliette Binoche e Benoît Magimel offrono interpretazioni memorabili, trasmettendo con intensità l’amore, la complicità e la profonda connessione che lega i loro personaggi. La loro chimica sullo schermo è palpabile, e la loro passione per il cibo diventa una metafora della loro stessa relazione.
Ma “Il Gusto delle cose” non è solo un film sul cibo. È un’esplorazione profonda dell’animo umano, delle fragilità e delle gioie che ci rendono unici. La malattia di Eugenie diventa l’occasione per riflettere sulla finitezza della vita e sull’importanza di gustare ogni istante.
La fotografia è un altro elemento che contribuisce a rendere questo film un’esperienza indimenticabile. Ogni piatto è immortalato con una cura maniacale, invitando lo spettatore a un viaggio sensoriale senza precedenti.
“Il Gusto delle cose” è un film che tocca il cuore e stuzzica l’appetito. È un’opera d’arte che celebra la bellezza della vita, la gioia di condividere un pasto e l’importanza di seguire le proprie passioni. Se amate il cinema che emoziona e vi fa riflettere, questo film è un must-see.
Blink Twice: Un gioiello dark che ti lascerà senza fiato (recensione nel podcast di Thomas)
Zoë Kravitz ci regala un esordio alla regia semplicemente esplosivo con “Blink Twice”. Questo thriller psicologico ci catapulta in un mondo di lussi e perversioni, dove l’apparenza inganna e la paranoia si insinua in ogni angolo.
L’incontro tra il potente Slater King e la fragile Frida è il detonatore di una spirale di eventi inquietanti. L’isola paradisiaca si trasforma in una prigione dorata, dove la linea tra realtà e illusione si fa sempre più sottile. Kravitz costruisce una narrazione magistrale, dosando sapientemente tensione e rivelazioni, fino a un climax che ti lascerà a bocca aperta.
L’estetica cupa e dark del film è un personaggio a sé stante. Le inquadrature suggestive, la fotografia ricca di contrasti e la colonna sonora inquietante creano un’atmosfera opprimente che ti pervade fin dalla prima scena. Ogni dettaglio è studiato con cura per amplificare il senso di disagio e di mistero.
Channing Tatum è perfetto nel ruolo del carismatico e inquietante Slater King. La sua interpretazione complessa e sfaccettata ci regala un villain indimenticabile. Al suo fianco, Zoë Kravitz stessa ci offre una performance intensa e toccante nei panni della protagonista.
“Blink Twice” è molto più di un semplice thriller. È un film che affronta temi importanti come il potere, il consenso e la violenza di genere, offrendo una prospettiva femminile forte e incisiva. Kravitz non ha paura di scavare nelle profondità dell’animo umano, regalandoci un’opera coraggiosa e provocatoria.
“It’s What’s Inside”: Una Perla Nascosta di notevole fattura (recensione nel podcast di Federico)
Se cercate un thriller psicologico che vi tenga incollati allo schermo fino all’ultima inquadratura, “It’s What’s Inside” è un’esperienza cinematografica che non potete assolutamente perdere. Questo gioiello nascosto di Netflix ci catapulta in un vortice di identità, inganni e colpi di scena inaspettati, lasciandoci a bocca aperta e con la mente in subbuglio.
Il concept alla base del film è semplicemente geniale: cosa accadrebbe se un gruppo di persone si scambiasse i corpi? “It’s What’s Inside” prende questa premessa e la sviluppa in un racconto avvincente e ricco di sfumature, esplorando temi profondi come l’identità, l’apparenza e le relazioni umane.
I personaggi sono ben delineati e complessi, ognuno con i propri segreti e le proprie motivazioni. La tensione è palpabile fin dalle prime scene e cresce inesorabilmente man mano che la trama si sviluppa, tenendoci con il fiato sospeso fino all’epilogo sorprendente.
“It’s What’s Inside” non è solo un semplice thriller, ma un film che ci invita a riflettere sulla nostra identità e su come percepiamo noi stessi e gli altri. La regia è impeccabile e la fotografia contribuisce a creare un’atmosfera cupa e inquietante, perfetta per immergerci completamente nella storia.
Ascoltate il Podcast per saperne di più, mooolto di più
Ovviamente in due ore di podcast non si parla solo di queste tre opere, ma di tanto altro, ad esempio: miglior film del 2024, il più grande jump scare al cinema, classici del cinema: La Conversazione (1974) di F. F. Coppola, e molto altro. Non rimane altro che ascoltarvelo per scoprirne di più. Alla prossima!
The post Il Gusto delle cose, Blink Twice, It’s what’s inside: 3 film di cui vale la pena parlare appeared first on Film al Cinema.Benvenuti, intrepidi esploratori dell’Universo Audiovisivo, in una nuova avvincente puntata di Viaggio nella Luna! Oggi ci addentreremo negli abissi di un futuro alternativo, un mondo post-apocalittico che ci ha stregati con la sua estetica retrò e la sua complessità narrativa: Fallout.
In questa puntata, ci immergeremo in un’analisi approfondita e sfaccettata della serie TV, svelando le sue molteplici sfumature e i suoi enigmi più oscuri. Attraverso un’indagine minuziosa, cercheremo di decifrare il codice genetico di questa creatura ibrida, nata dall’incontro tra la nostalgia per un passato mai vissuto e la paura di un futuro radioattivo.
Dalle lande desolate del Wasteland alle intricate dinamiche politiche delle varie fazioni, esploreremo i temi centrali della serie: la sopravvivenza, l’identità, la morale e il significato della speranza in un mondo sull’orlo del collasso. E non mancheremo di indagare sulla riuscita trasposizione dell’iconico videogioco in formato seriale, analizzando le scelte narrative e stilistiche che hanno caratterizzato questa ambiziosa produzione.
Preparatevi a un viaggio intellettuale tra le rovine di una civiltà perduta, un’esperienza che vi porterà a riflettere sulla natura dell’umanità e sul nostro rapporto con la tecnologia. Insieme, sveleremo i misteri di Fallout e scopriremo perché questa serie è destinata a lasciare un segno indelebile nel panorama seriale contemporaneo.
Non perdetevi dunque questa puntata speciale di Viaggio nella Luna, dedicata a tutti gli appassionati di cinema, di serie TV e di mondi fantastici che ci invitano a interrogarci sul nostro presente e sul nostro futuro.
Oltre a tutto ciò nel podcast troverete recensione di film, quesiti esistenziali del Filippi brillantemente risolti dal Moon Crew e anche qualche consiglio su come conquistare il mondo. Parrebbe che tutto ciò sia abbastante per invogliarvi a cliccare sul sottostante tastino e ad ascoltarvi il podcast, ma se tutto ciò non lo fosse sappiate anche che nelle 2 ore di podcast verrà finalmente svelata (prima del finale di stagione) la marca del balsamo da barba che Minguzzi usa per rendere la sua chioma mentuta così fluente, così meravigliosamente morbida ed invitante.
Alla prossima stagione di VnL e buon ascolto!
The post Fallout, discesa nel Vault e altre pinzillacchere da finale di stagione appeared first on Film al Cinema.Benvenuti, intrepidi esploratori dell’Universo Cinematografico, in una nuova entusiasmante puntata di Viaggio nella Luna! Oggi ci addentriamo nelle profondità di un capolavoro che ha sconvolto il panorama sci-fi, elevando il genere a nuove vette di spettacolarità e profondità: Dune 2.
Preparatevi a un’immersione totale nell’epico mondo creato da Frank Herbert, dove l’azione si intreccia con la filosofia, e la politica si mescola al destino di un intero pianeta. In questa puntata, analizzeremo con occhio critico e cuore da appassionati ogni singolo fotogramma di questo sequel tanto atteso.
Dalle sabbie ardenti di Arrakis alle intricate trame politiche che governano l’Impero, esploreremo insieme i temi centrali del film: il potere, la fede, l’amore e la responsabilità. E non mancheremo di celebrare la maestria registica di Denis Villeneuve, che con la sua visionaria regia ci trasporta in un universo visivamente sbalorditivo, ricco di dettagli e atmosfere uniche.
Preparatevi a un viaggio indimenticabile tra le fila dei Fremen, a fianco di Paul Atreides, mentre si destina a diventare il Messia di Arrakis. Insieme, sveleremo i misteri di Dune 2 e scopriremo perché questo film è destinato a diventare un classico del cinema di fantascienza.
Non perdetevi questa puntata speciale di Viaggio nella Luna, dedicata a tutti gli appassionati di cinema, di sci-fi e di storie che ci invitano a sognare oltre le stelle.
The post Dune 2 – Ritorno su Arrakis: Villeneuve continua ad affascinarci appeared first on Film al Cinema.In questa puntata invernale di Viaggio nella Luna (28 gennaio 2024) i nostri viaggiatori lunari ricordano il recentemente scomparso Norman Jewison, grande regista americano autore di film del calibro di: Jesus Christ Superstar, Rollerball, La Calda Notte dell’Ispettore Tibbs e Il Violinista sul Tetto, grande opera ricordata in trasmissione da Marco.
La domandina del Filippi questa puntata verte su quale sia stato il Film la cui visione sia risultata talmente disturbante da indurre lo spettatore a mollarlo seduta stante. Ognuno dei conduttori rivelerà quindi quale sia il titolo del film che ha trovato più fastidioso da vedere.
Quindi arriva il tema della puntata, le 5 scene iconiche della nostar vita da cinefili con cui partiremmo per un’isola deserta. Di nuovo ognuno dei 5 viaggiatori lunari sciorina la sua personale lista delle 5 scene cinematografiche della sua vita, vediamo ad esempio la lista del Minguzzi:
AMICI MIEI (1975)
Mario Monicelli
Supercazzola al Vigile Paolini
LO SQUALO (1975)
Steven Spielberg
U.S.S. Indianapolis
LE ALI DELLA LIBERTÀ (1995)
Frank Darabont
La fuga
NOSFERATU (1979)
Werner Herzog
Ci sono cose peggiori della morte
GHOST DOG (1999)
Jim Jarmush
La fine è importante in tutte le cose
Per conoscere le altre scene ascoltatevi ovviamente il podcast qui sotto!
The post Le 5 scene iconiche della nostra vita appeared first on Film al Cinema.Ed eccoci qua a ritrovarci con due vecchi amici di Viaggio nella Luna in questa scoppiettante puntata dove si parla con questi due sublimi artigiani del make-Up cinematografico di tecniche e artifici e aneddoti e pinzillacchere.
Il cinema è fatto soprattutto di questi grandi tecnici che rimangono dietro le quinte ma che contribuiscono con la loro maestria al successo di una pellicola. E allora perchè non sentire dalla loro diretta voce quali sono le sensazioni e le aspirazioni di questa parte di Settima Arte?
Signori e signori: Diama & Gommo ne pieno del loro fulgore narrativo per respirare il cinema come non lo avete mai odorato prima.
Buon Ascolto
The post Carlo Diamantini e Andrea Giomaro di nuovo con noi appeared first on Film al Cinema.Pronti al decollo per un nuovo, inquietante viaggio spaziale?
In questa quarta puntata della nostra undicesima stagione, “Viaggio nella Luna” vi catapulta in un’atmosfera decisamente più oscura, abbandonando le commedie spaziali per addentrarci nell’horror psicologico di “Speak No Evil”, il disturbante esordio di Christian Tafdrup.
Ciccio Bomba Cannoniere, il nostro cinefilo più esplosivo, si troverà a fare i conti con un’amicizia apparentemente idilliaca che si trasforma in un incubo. Armati di pop corn e di una buona dose di ironia, ci tufferemo insieme nel cuore di questo thriller danese, svelando le inquietudini nascoste dietro i sorrisi e i gesti apparentemente innocui dei personaggi.
Un’analisi a 360 gradi
Come sempre, “Viaggio nella Luna” non si limiterà a recensire il film, ma ci porterà a esplorare le sue molteplici sfaccettature. Dalle influenze cinematografiche alle tematiche più profonde, passando per un’analisi approfondita della regia e delle interpretazioni, cercheremo di svelare tutti i segreti di questo gioiellino horror.
Perché Ciccio Bomba Cannoniere e “Speak No Evil”?
Potreste chiedervi: ma che c’entra un esperto di film d’azione con un thriller psicologico nordico? Ebbene, proprio questo connubio inaspettato darà vita a una chimica esplosiva, capace di far emergere aspetti inattesi del film e di divertire anche i palati più raffinati. Preparatevi a una ventata di freschezza e a un’analisi fuori dagli schemi, che vi farà rivedere “Speak No Evil” con occhi completamente nuovi.
Non perdetevi questo nuovo appuntamento con “Viaggio nella Luna”!
Se siete amanti del cinema horror, dell’analisi cinematografica e dell’ironia, non potete perdervi questa puntata. Unitevi a noi in questo viaggio spaziale verso le profondità dell’animo umano e scoprite perché “Speak No Evil” è un film che vi lascerà senza fiato.
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