Share Viaggio nella Luna
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Seconda puntata per la compagine lunare e questa volta si parla di un film che ha da poco percorso le sale cinematografiche italiane: Io, Capitano, di Matteo Garrone.
I sogni dei migranti sono un argomento caldo quest’anno, e Io Capitano di Garrone segue a ruota Green Border di Agnieszka Holland, che tratta lo stesso argomento da una prospettiva diversa: dove il film di Holland affronta l’esperienza degli immigrati una volta arrivati in Europa, il film di Garrone ricostruisce parte di quel retroscena che è il viaggio vero e proprio, mostrando il processo dell’immigrazione clandestina dal punto di vista di due adolescenti senegalesi, Seydou (Seydou Starr) e Moussa (Moustapha Fall).
Seydou vive con la madre vedova e le sorelline a Dakar. Sono poveri e vivono stretti insieme sotto il tetto di una casa minuscola e fatiscente, ma la vita familiare è felice. In effetti, si apre con una gioiosa festa del Sabar, con Seydou che suona i tamburi tribali mentre le donne ballano come matte con parrucche al neon e abiti eleganti. La madre di Seydou pensa che abbia giocato a calcio tutto il giorno, ma il sedicenne ha segretamente accettato un lavoro giornaliero come operaio, venendo pagato in contanti. Suo cugino Moussa funge da tesoriere e seppellisce sotto la sabbia il denaro accumulato, dissotterrandolo di tanto in tanto per contarlo e ricontarlo.
Il denaro rappresenta un sogno che hanno: viaggiare in Europa e diventare famose pop star. Dopo il Sabar, Seydou lo dice a sua madre, che è furiosa e gli proibisce di partire. Seydou ha i piedi per terra, ma Moussa insiste per portare avanti il piano. Al mercato incontrano un uomo che gli è stato detto che li aiuterà, ma lui si rifiuta di farlo. “L’Europa non è come la immaginate”, urla loro. I ragazzi sono scioccati nel sentire che in Europa fa freddo e che i senzatetto dormono per strada. “Se vuoi morire, vai!” grida. Ancora una volta, Seydou esita, ma Moussa non si lascia scoraggiare. Diventeranno delle star, e di questo è sicuro. “I bianchi ti chiederanno l’autografo”, dice a Seydou.
Dopo un incontro surreale con uno stregone e una visita al cimitero per ottenere il permesso necessario per liberarsi dagli spiriti dei loro antenati morti, i due ragazzi partono nel cuore della notte, facendo un lungo e angusto viaggio in autobus verso Agadez. in Niger, prima tappa di un viaggio che li porterà, attraverso il deserto del Sahara, a Tripoli, e da lì in Italia. Lungo la strada, vengono derubati di passaporti falsi – 100 dollari ciascuno – che si rivelano inutili al successivo checkpoint, poiché indossano gli stessi vestiti su un passaporto presumibilmente rilasciato due anni prima. Altri $ 50 ciascuno passano di mano e se ne vanno.
Garrone intanto illustra la distanza che i ragazzi intendono percorrere, ed è semplicemente folle a guardarla sulla mappa. È anche incredibilmente pericoloso; i corpi ricoprono il deserto; e la mafia libica irrompe nel loro viaggio, costringendo tutti a bere una pozione lassativa per stanare qualsiasi denaro nascosto nell’orifizio anale. Quando verranno portati in una prigione in disuso, verrà estorto loro altro denaro. Seydou e Moussa sono separati nel caos, ma Seydou va avanti, pentendosi amaramente della sua decisione di andarsene ma realistico riguardo al fatto che non può più tornare indietro.
Il direttore della fotografia Paolo Carnera, che ha anche girato il luminoso Adagio, cattura tutto questo con un’immediatezza sorprendente e coinvolgente, rendendo vividamente la bellezza romantica del deserto, nonostante il costo umano del suo micidiale clima. Ci sono anche lampi di magico surrealismo, come quando Seydou cerca di salvare la vita di una donna che semplicemente non riesce a fare un altro passo, o quando convoca lo stregone per dire a sua madre che la ama.
Nonostante la sua eleganza tecnica – e sotto questo aspetto il film è quasi impeccabile – il risultato più importante del film di Garrone è il casting. Utilizzando i non professionisti la storia appare autentica in ogni fase dell’audace viaggio. La star dello spettacolo, tuttavia, è il nuovo arrivato Seydou, che interpreta il protagonista e porta l’intero film sulle sue spalle come un professionista esperto, inchiodando l’intero film in un primo piano finale, straziante, che descrive una ribollente confluenza di emozioni contraddittorie.
Ma non è tutto, nel podcast si parla anche di Barbarian, un film di Zach Cregger che non ha mancato di attirare su di sè l’attenzione di media, per la sua sperticata originalità che percorre come un brivido quest’opera. Ce ne parla Federico con florilegio di particolari.
Infine Checco per la sua ineffabile rubrica “Un classico da recuperare” ci parla de “Il grande Freddo”, film che non ha bisogno di presentazione e che è diventato un grande classico della cinematografia moderna.
Per questo e molto altro non vi rimane che ascoltare il podcast qui sotto, alla prossima puntata!
The post Io Capitano, simbolo di rinascita per il cinema italiano appeared first on Film al Cinema.Ed eccoci di nuovo qua amici! Siamo approdati all’undicesima stagione di Viaggio nella Luna e ancora non abbiamo voglia di smettere. Incredibile questa spocchia. Ma amiamo troppo il cinema per non parlarne verbosamente, disordinatamente e soprattutto divanamente incollati.
E allora dovete sorbirci, con le nostre idiosincrasie, le nostre parentesi, le nostre malcelate blasfemie.
Una puntata a dir poco seminale in verità questa inaugurale. Sì perchè dopo i saluti di rito si è ricordato non senza qualche amara lacrimuccia il grande William Friedkin che se ne è andato questa estate senza lasciare alcun recapito. Come spesso fa chi muore lascia una devastazione foderata di assenza dietro sè, e le sue opere tornano alla mente come pietre di una casa con il quale vogliamo edificarne il ricordo dentro di noi. E allora Federico ripercorre la sua carriera fatta dei due grandi capolavori: L’Esorcista e Il Braccio Violento della Legge, due autentici punti di riferimento su cui srotolare la sua poetica e la sua privata visuale di cineasta. E poi via via tutte le sue opere che lo hanno reso grande, uno dei registi preferiti a dirla tutta, di Federico.
Thomas quindi afferra il microfono e parte in quarta per parlarci di un film appena uscito: “Killers of the Flower Moon”, nuovo lungometraggio del regista Martin Scorsese, l’ultimo dei grandi maestri della storia del cinema ancora in vita (“Solo perché è morto Friedkin” dice Federico).
Scorsese ci porta nell’Oklahoma degli anni 20, luogo in cui gli Osage (un popolo di nativi americani) scopre che la terra in loro possesso è ricca di petrolio, scoperta che gli farà diventare incredibilmente ricchi. Questa ricchezza non passa inosservata agli occhi di molti imprenditori e proprietari terrieri che riescono, in breve tempo, ad accaparrarsi molte proprietà e territori a loro volta.
Tratto da una storia vera, e dal libro “Gli assassini della terra rossa” di David Grann, “Killers of the Flower Moon” fa luce su una vicenda oscura che ha macchiato di sangue le strade d’America, una vera propria ingiustizia perpetrata ai danni della comunità Osage.
A questo punto facciamo la conoscenza di Ernest Burkhart, interpretato da Leonardo DiCaprio qui alla sesta collaborazione con Scorsese, reduce di guerra invitato a stabilirsi all’interno del territorio dallo zio William K. Hale (Robert De Niro) che, bramoso di potere, confida al nipote i suoi pensieri nei confronti del petrolio che, si, ha dato ricchezza e stabilità per più generazioni a molte persone, ma non sarà eterno.
Accortosi degli interessi che Ernest nutre nei confronti di Mollie, una giovane Osage, lo zio lo sprona a sedurla con l’intento di sposarla al fine di appropriarsi del suo patrimonio.
Scorsese mette in scena il tutto senza spettacolarizzare la violenza, con una narrazione senza picchi eccessivi di epicità e che prosegue lineare, mostrando un grande rispetto e umanità per la vicenda.
Musiche azzeccatissime di Robbie Robertson e ancor più azzeccate sono le interpretazioni degli attori. Ottimo, come sempre, Di Caprio e demoniaco De Niro che, alla sua decima collaborazione con Scorsese, ci ricorda che essere un “Nonno scatenato” o uno “Stagista inaspettato” non gli hanno impedito di rimanere uno dei migliori attori di sempre.
Gli ultimi dieci minuti di trasmissione non hanno fermato un incontenibile Checco dal rispolverare un classico. È stata la volta di Mel Brooks, regista di cui non abbiamo mai parlato a dovere, ricordato dai più per le sue eccellenti parodie che hanno fatto scuola (“Frankenstein Junior”? Non lo conosco) anche se non sempre ha messo in scena film parodistici. È proprio questo il caso de “Il mistero delle dodici sedie” (e non sgabelli, i tanto amati dal Checco). Per il tempo record in cui a recensito il film al Checco è stato assegnato immediatamente L’INFERNALE Orson Wells d’oro.
Per i dettagli di tutto ciò, e per molto molto di più, non vi resta che cliccare sul podcast. Buon ascolto.
The post Killers of the Flower Moon, una libera lettura appeared first on Film al Cinema.Thomas ha nuovamente deciso di spendere i suoi profumati guadagni andando al cinema, per conto di tutto lo staff di VnL, a vedere “Beau ha paura” terza monumentale opera di Ari Aster, regista che tutti noi abbiamo apprezzato per quei due grandi capolavori che sono “Hereditary” e “Midsommar“.
Lo spettatore non deve mai dimenticare il titolo della pellicola mentre la guarda.
“Beau ha paura”.
Le paure di Beau, ovviamente interpretato magistralmente da quello che è uno dei migliori attori viventi (e di sempre) Joaquin Phoenix, sono quelle di un uomo schiavo di un attaccamento morboso, e ossessivo, da parte di una madre che ha contribuito ad accrescere la sua ansia sociale e ipocondria.
Dalle battute iniziali del film ci viene fatto sapere che il nostro protagonista ha in programma un viaggio aereo, fissato per il giorno dopo, in quanto deve far visita alla madre, che vive in un altro stato.
Dopo una notte burrascosa che lo costringe a poche ore di sonno, Beau si sveglia in ritardo.
Uscendo di casa, con le chiavi infilate nella toppa e la valigia pronta, si trova costretto a rientrare una volta accortosi di aver dimenticato il filo interdentale.
Bastano pochi secondi di assenza e ne della valigia, ne delle chiavi, vi è più traccia.
Quelle che segueno sono tre ore assurde.
Kafka, Polanski, Kaufman, questi sono i primi nomi a cui si pensa una volta finita la visione ma, soprattutto, Ari Aster.
Aster (ormai confermatosi come uno dei maestri della cinematografia degli anni 2000) porta avanti la sua cifra stilistica, sia per la gestione della suspance, che per i tempi dilatati, la fotografia e i temi legati alla famiglia, all’amore e al lutto.
Phoenix perfetto nei panni di un uomo dai tratti quasi infantili.
La regia ci costringe a vedere il mondo con i suoi occhi, un mondo in cui niente è come sembra ed è tutto incredibilmente sospetto.
Un rollercoaster di emozioni, situazioni grottesche, ansia e traumi che portano il protagonista ad affogare nei sue stessi sensi colpa.
Checco e Federico invece preferiscono la strada dei ricordi e ci parlano di due preziose perle della cinematografia che sta a voi scoprire nel podcast qui di seguito (un po’ di suspence la lasciamo anche noi). Buon Ascolto!
The post Beau ha paura, e anche noi non ce la passiamo molto bene appeared first on Film al Cinema.Ritorna nella redazione di Viaggio nella Luna il grande regista riminese Marco Gentili con il suo carico di umanità e ironia e non ce n’è veramente per nessuno. Due ore di fuoco di fila di domande e risposte, osservazioni, ragionamenti sullo stato del Cinema e sui suoi paradigmi più discussi e discutibili.
Ma anche tanti progetti personali di cui Marco ci parla, a cominciare dalla fondazione della Casa di Produzione Indipendente Moonpath Studios (clicca sul nome per visitare il sito), ai premi mietuti a livello internazionale dai sue due corti Neo-Gaia e soprattutto Over The Skyline, e tanti altri progetti che sobbollono in una pentola sempre più capiente.
Parlare con Marco è sempre un piacere, la filigrana della sua sensibilità estetica riveste ogni aspetto del Cinema e ci da la misura di un nuovo punto di vista da cui guardare la Settima Arte.
Non perdetevi quindi questo podcast in cui il cineasta romagnolo si racconta e ci racconta di questo rutilante mondo di celluloide che si cela dietro ognuno di noi.
The post Un gradito ritorno: Marco Gentili torna a trovarci appeared first on Film al Cinema.Come un fiume in piena che travolge ogni cosa il nostro mitico Andrea Porti si è riversato negli studi di Radio Talpa ed ha eroicamente risposto al fuoco di fila di domande che la redazione di Viaggio nella Luna gli ha vomitato addosso. E così, tra un aneddoto e un “ti ricordi” si è ripercorsa la vita di questo attore nostro concittadino che ha avuto l’onore di lavorare con il grande Pupi Avati e altri ottimi registi fino ad arrivare alla sua ultima interpretazione: L’Orafo per la regia di Vincenzo Ricchiuto.
Ne abbiamo già diffusamente parlato di questa piccola perla del cinema indipendente ma è bene sottolineare l’inane sforzo che è stato messo in campo in anni di pandemia per produrre e realizzare un progetto come questo. La giovane casa di produzione Almost Famous (almostfamousproduction.it) di Riccione ha infatti sin da subito scommesso sulla bontà della sceneggiatura e si è tuffata con entusiasmo nel progetto.
Andrea ha ripercorso con garbo e ilarità il percorso che ha portato questo film a vedere finalmente la luce, grazie anche al distributore romano Minerva Pictures che ne ha curato la distribuzione all’estero e, si spera, presto anche in Italia.
Andrea ha poi parlato del suo modo di vivere il cinema, le sue aspirazioni, i suoi capisaldi, le sue ferme convinzioni, in un dialogo che è stato costantemente irrorato da ironia e malinconico disincanto.
Nell’ultima parte della trasmissione il granitico Thomas ci conduce nei meandri di John Wick 4, film di distruttiva forza iconografica, appena uscito nelle sale, e recensito con diligenza e un pizzico di follia dal buon Thomas.
Per scoprire il resto delle parole e dei sogni non vi rimane altro che cliccare sul tasto play sottostante e ascoltarvi il podcast della puntata. E buon cinema a tutti.
The post Free Talk torrenziale con Andrea Porti appeared first on Film al Cinema.Dopo i proverbiali cinque secondi di paura, la puntata 16 di Viaggio nella Luna decolla dai blocchi di partenza, come sempre abusando delle ipovedenti ma magniloquenti frequenze di Radio Talpa’Z, che come Daredevil puniscono chi fa il male nei nostri confronti, ovvero quei nefasti geni che ogni volta ce la mettono tutta per sabotare la “trasmissione radiofonica di cinema che vi terrà divanamente incollati since 2013”.
La triade Minguzzi-Filippi-Morosini esordisce con un’imperdibile quanto estemporanea dissezione sui capi d’abbigliamento deputati all’asciugatura del corpo, manifestando peraltro un’idiosincrasia in relazione al nido d’ape e la microfibra, e soprattutto domandandosi quanto sia opportuno l’utilizzo di un accappatoio bagnaticcio sul corpo.
E dopo aver scoperto la correlazione tra Eva Green e la Francia grazie alla rubrica “CCSSiC” (Cose Che Sa Solo il Checco), la ciurma salta finalmente a bordo della Settima Arte cogliendo l’occasione per salutare Lance Reddick, attore scomparso il 17 marzo scorso che ultimamente un po’ tutti hanno avuto modo di vedere, poiché ha vestito i panni dell’irreprensibile quanto compunto concierge dell’Hotel Continental nella tetralogia dedicata a “John Wick”. Ma Reddick non è solo “John Wick”, l’attore, scomparso a 60 anni, ha partecipato a progetti sia cinematografici che televisivi, lo ricordiamo con piacere in “Don’t say a word”, “Paradiso perduto”, e ancora in serie tv come “Lost”, “Fringe”, “American Horror Story” e molto altro.
Dopo il doveroso saluto a Reddick, i tre iniziano una sana reprimenda sull’assegnazione di alcuni degli ultimi Academy Awards, concentrandosi soprattutto sull’ormai famoserrimo “Everything Everywhere all at once” del duo Kwan-Scheinert, impalmato con 7 statuette auree (che peraltro ha resuscitato dal coma cinematografico l’attore Ke Huy Quan, il celebre Data dei Goonies, che non partecipava un film dal 1992), a quanto pare è un film che scricchiola e non poco. Difatti sia l’eterno assente Alessandro Nunziata, che l’onnipresente Checco, hanno entrambi stoppato la visione del film dopo circa 45 minuti, indice che qualcosa non funziona proprio.
Per il nostro Accademico Checco, “Everything Everywhere all at once” è un film che si incarta all’interno di meccanismi un po’ troppo complessi e forse mal spiegati, che producono una torrenziale ondata di noia prevaricante che neanche i combattimenti presenti riescono a mitigare.
Dati i di cui sopra presupposti, la cricca a questo punto si interroga su quella che si può benissimo chiamare “Deriva degli Oscar”, poiché già da tempo si tendono a premiare prodotti della cinematografia non per la loro sostanza, bensì per l’organico di attori che vi hanno partecipato, perché fanno parte di una determinata “minoranza” oppure perché si affronta (male) una determinata tematica in quanto rappresentante un trend bollente al momento per fare cassetta. Meditate, gente, meditate…
Detto questo, VnL non sputazza necessariamente su tutte le ignude statuette auree, difatti approva grandemente uno degli Oscar per migliore attore più telefonati di sempre, ovvero quello insignito a Brendan Fraser per “The Whale”, che negli ultimi anni ha condiviso lo stesso destino di Ke Huy Quan, rischiando di essere dimenticato dal mondo del cinema e, di conseguenza, dal pubblico, che con questo film ha avuto la sua possibilità di rivalsa. In ultimo, sopratutto Federico, fa i complimenti al tanto amato Guillermone del Toro per la Statuetta vinta per il suo “Pinocchio”, un autentico capolavoro in stop-motion che sarebbe stato criminale non premiare.
Accantonati gli Oscar, è Thomas prorompe nei nostri timpani parlandoci di “Educazione Fisica”, opera seconda del regista Stefano Cipani, già autore di “Mio fratello rincorre i dinosauri”, alle prese con una sceneggiatura scritta dai Fratelli D’Innocenzo, due dei registi più interessanti degli ultimi anni per quanto riguarda il panorama italiano, tratta da un’opera teatrale di Giorgio Scianna.
La storia, molto semplicemente, è quella di un gruppo di genitori che vengono convocati, dalla preside della scuola che frequentano i loro figli, a causa di un grave avvenimento che avrebbe coinvolto, appunto, i ragazzi.
Il cast è stellare: da Giovanna Mezzogiorno a Claudio Santamaria, da Sergio Rubini ad Angela Finocchiaro, per questo interessantissimo kammerspiel.
Impossibile non pensare a “Carnage” di Polanski quando gli animi dei protagonisti, nonché bravissimi interpreti, vengono smossi costringendoli a tirare fuori il loro vero io e insinuando nello spettatore il dubbio che, forse, il vero cattivo non è chi urla ma chi silenziosamente se ne sta in disparte, aspettando il proprio turno per fare la mossa che più gli conviene per uscirne vincitore.
Un film che colpisce lo spettatore allo stomaco e lo lascia con un finale per nulla accomodante. Un’ottima pellicola.
Infine, dopo “La domanda dello zio”, che stavolta ci chiede quale sia stata la scena di un film che, vedendola da piccoli, ci è sembrata magica, il Checco incussa con l’imperdibile rubrica “Un classico da rispolverare. Questa volta il nostro Accademico ci parla di “Trappola Mortale” (1982), film di Sidney Lumet con Michael Caine, da sempre attore preferito dal Checco, e Christopher “Superman” Reeve. Anche in questo caso, con “Trappola Mortale” ci troviamo dentro a quello che sembra un altro kammerspiel, nonché versione cinematografica di una pièce teatrale del ’78 ad opera di Ira Levin. Il film narra le diaboliche vicissitudini di Sidney Bruhl (Caine), un drammaturgo in crisi d’ispirazione con un passato fatto di opere di successo. Bruhl incappa nel copione intitolato per l’appunto “Deathtrap” (Trappola Mortale), scritto da Clifford Anderson (Reeve), un suo ex-studente. Dopo averlo letto, Bruhl ritiene di trovarsi davanti ad un’opera perfetta e da qui ha inizio il suo piano nefasto, ovvero quello di appropriarsi del copione facendo fuori il povero Clifford attraverso un piano che di lì a poco attuerà.
Come al solito, tutto questo è molto altro, nella sedicesima delle decima di VnL, buon ascolto.
The post Educazione Fisica, kammerspiel all’italica maniera appeared first on Film al Cinema.E si arrivò a quella che il buon Minguzzi suole chiamare la puntata delle Ignude Statuette Auree. Impalati ai televisori, assonnati e zombescamente dormienti, ma in qualche modo vigili e presenti, i viaggiatori lunari si sono sottoposti a privazione del sonno per seguire la maratona notturna di questi Oscar 2023. In questa puntata che precede la cerimonia si passano in disamina tutte le nomination, si lanciano azzardate previsioni, si spifferano conturbanti voci di corridoio, si da la stura a tutta una serie di cattiverie a carattere metafisico sull’animo dei cineasti e degli attori impegnati nella kermesse. E mentre l’Academy veglia sulle nostre intorpidite coscienze, i viaggiatori lunari tentano di dirimerne il segreto disegno sotterraneo che ha portato a questa configurazione di nomi, di film, di anime e di uomini chiamati su un palco a vivificare, ancora una volta, il panteistico spettro della Settima Arte.
Già una prima occhiata alle nomination fa capire l’aria che tira, che aspira e traspira e si ritira:
Miglior film
Everything Everywhere All at Once, regia di Daniel Kwan e Daniel Scheinert
Avatar – La via dell’acqua (Avatar: The Way of Water), regia di James Cameron
Gli spiriti dell’isola (The Banshees of Inisherin), regia di Martin McDonagh
Elvis, regia di Baz Luhrmann
Niente di nuovo sul fronte occidentale (Im Westen nichts Neues), regia di Edward Berger
The Fabelmans, regia di Steven Spielberg
Tár, regia di Todd Field
Top Gun: Maverick, regia di Joseph Kosinski
Triangle of Sadness, regia di Ruben Östlund
Women Talking – Il diritto di scegliere (Women Talking), regia di Sarah Polley
Miglior regista
Daniel Kwan e Daniel Scheinert – Everything Everywhere All at Once
Martin McDonagh – Gli spiriti dell’isola (The Banshees of Inisherin)
Steven Spielberg – The Fabelmans
Todd Field – Tár
Ruben Östlund – Triangle of Sadness
Miglior attore protagonista
Brendan Fraser – The Whale
Austin Butler – Elvis
Colin Farrell – Gli spiriti dell’isola (The Banshees of Inisherin)
Paul Mescal – Aftersun
Bill Nighy – Living
Miglior attrice protagonista
Michelle Yeoh – Everything Everywhere All at Once
Cate Blanchett – Tár
Ana de Armas – Blonde
Andrea Riseborough – To Leslie
Michelle Williams – The Fabelmans
Miglior attore non protagonista
Ke Huy Quan – Everything Everywhere All at Once
Brendan Gleeson – Gli spiriti dell’isola (The Banshees of Inisherin)
Brian Tyree Henry – Causeway
Judd Hirsch – The Fabelmans
Barry Keoghan – Gli spiriti dell’isola (The Banshees of Inisherin)
Miglior attrice non protagonista
Jamie Lee Curtis – Everything Everywhere All at Once
Angela Bassett – Black Panther: Wakanda Forever
Hong Chau – The Whale
Kerry Condon – Gli spiriti dell’isola (The Banshees of Inisherin)
Stephanie Hsu – Everything Everywhere All at Once
Migliore sceneggiatura originale
Daniel Kwan e Daniel Scheinert – Everything Everywhere All at Once
Martin McDonagh – Gli spiriti dell’isola (The Banshees of Inisherin)
Steven Spielberg e Tony Kushner – The Fabelmans
Todd Field – Tár
Ruben Östlund – Triangle of Sadness
Migliore sceneggiatura non originale
Sarah Polley – Women Talking – Il diritto di scegliere (Women Talking)
Edward Berger, Lesley Paterson e Ian Stokell – Niente di nuovo sul fronte occidentale (Im Westen nichts Neues)
Rian Johnson – Glass Onion – Knives Out (Glass Onion: A Knives Out Mystery)
Kazuo Ishiguro – Living
Ehren Kruger, Eric Warren Singer e Christopher McQuarrie – Top Gun: Maverick
Miglior film internazionale
Niente di nuovo sul fronte occidentale (Im Westen nichts Neues), regia di Edward Berger (Germania)
Argentina, 1985, regia di Santiago Mitre (Argentina)
Close, regia di Lukas Dhont (Belgio)
EO, regia di Jerzy Skolimowski (Polonia)
The Quiet Girl, regia di Colm Bairéad (Irlanda)
Miglior film d’animazione
Pinocchio di Guillermo del Toro (Guillermo del Toro’s Pinocchio), regia di Guillermo del Toro e Mark Gustafson
Marcel the Shell (Marcel the Shell with Shoes On), regia di Dean Fleischer-Camp
Il gatto con gli stivali 2 – L’ultimo desiderio (Puss in Boots: The Last Wish), regia di Joel Crawford
Il mostro dei mari (The Sea Beast), regia di Chris Williams
Red (Turning Red), regia di Domee Shi
Miglior montaggio
Paul Rogers – Everything Everywhere All at Once
Mikkel E. G. Nielsen – Gli spiriti dell’isola (The Banshees of Inisherin)
Matt Villa e Jonathan Redmond – Elvis
Monika Willi – Tár
Eddie Hamilton – Top Gun: Maverick
Miglior scenografia
Christian M. Goldbeck ed Ernestine Hipper – Niente di nuovo sul fronte occidentale (Im Westen nichts Neues)
Dylan Cole, Ben Procter e Vanessa Cole – Avatar – La via dell’acqua (Avatar: The Way of Water)
Florencia Martin e Anthony Carlino – Babylon
Catherine Martin, Karen Murphy e Bev Dunn – Elvis
Rick Carter e Karen O’Hara – The Fabelmans
Miglior fotografia
James Friend – Niente di nuovo sul fronte occidentale (Im Westen nichts Neues)
Darius Khondji – Bardo, la cronaca falsa di alcune verità (Bardo, False Chronicle of a Handful of Truths)
Mandy Walker – Elvis
Roger Deakins – Empire of Light
Florian Hoffmeister – Tár
Migliori costumi
Ruth E. Carter – Black Panther: Wakanda Forever
Mary Zophres – Babylon
Catherine Martin – Elvis
Shirley Kurata – Everything Everywhere All at Once
Jenny Beavan – La signora Harris va a Parigi (Mrs. Harris Goes to Paris)
Miglior trucco e acconciatura
Adrien Morot, Judy Chin e Anne Marie Bradley – The Whale
Heike Merker e Linda Eisenhamerová – Niente di nuovo sul fronte occidentale (Im Westen nichts Neues)
Naomi Donne, Mike Marino e Mike Fontaine – The Batman
Camille Friend e Joel Harlow – Black Panther: Wakanda Forever
Mark Coulier, Jason Baird e Aldo Signoretti – Elvis
Migliori effetti visivi
Joe Letteri, Richard Baneham, Eric Saindon e Daniel Barret – Avatar – La via dell’acqua (Avatar: The Way of Water)
Frank Petzold, Viktor Müller, Markus Frank e Kamil Jafar – Niente di nuovo sul fronte occidentale (Im Westen nichts Neues)
Dan Lemmon, Russell Earl, Anders Langlands e Dominic Tuohy – The Batman
Geoffrey Baumann, Craig Hammack, R. Christopher White e Dan Sudick – Black Panther: Wakanda Forever
Ryan Tudhope, Seth Hill, Bryan Litson e Scott R. Fisher – Top Gun: Maverick
Miglior sonoro
Mark Weingarten, James H. Mather, Al Nelson, Chris Burdon e Mark Taylor – Top Gun: Maverick
Victor Prasil, Frank Kruse, Markus Stemler, Lars Ginzel e Stefan Korte – Niente di nuovo sul fronte occidentale (Im Westen nichts Neues)
Julian Howarth, Gwendolin Yates Whittle, Dick Bernstein, Christopher Boyes, Gary Summers e Michael Hedges – Avatar – La via dell’acqua (Avatar: The Way of Water)
Stuart Wilson, William Files, Douglas Murray e Andy Nelson – The Batman
David Lee, Wayne Pashley, Andy Nelson e Michael Keller – Elvis
Migliore colonna sonora originale
Volker Bertelmann – Niente di nuovo sul fronte occidentale (Im Westen nichts Neues)
Justin Hurwitz – Babylon
Carter Burwell – Gli spiriti dell’isola (The Banshees of Inisherin)
Son Lux – Everything Everywhere All at Once
John Williams – The Fabelmans
Migliore canzone originale
Naatu Naatu (musiche di M. M. Keeravani; testo di Chandrabose) – RRR
Applause (musiche e testo di Diane Warren) – Tell It Like a Woman
Hold My Hand (musiche e testo di Lady Gaga e BloodPop) – Top Gun: Maverick
Lift Me Up (musiche di Tems, Rihanna, Ryan Coogler e Ludwig Göransson; testo di Tems e Ryan Coogler) – Black Panther: Wakanda Forever
This Is a Life (musiche di Ryan Lott, David Byrne e Mitski; testo di Ryan Lott e David Byrne) – Everything Everywhere All at Once
State pur tranquilli che la truppa lunare prende in esame ogni singola nomination e gli fa pelo e contropelo. Seguite pure il podcast per scoprire com’è andata a finire!
The post Anti Slap Society: una notte degli Oscar senza slapponi appeared first on Film al Cinema.Thomas ci parla di “Mixed by Erry“, ultima fatica del regista italiano Sydney Sibilia noto, ai più, per la sua trilogia di “Smetto quando voglio” (una sottospecie di Breaking Bad all’italiana).
Dopo tre anni dall’uscita de “L’incredibile storia dell’Isola delle Rose”, prodotto da Netflix, Sibilia torna al cinema per raccontarci la storia dei fratelli Frattasio che, negli anni 80, misero su un vero proprio impero rivedendo musicassette pirata in tutta Italia, tanto da diventare la prima etichetta discografia dal punto di vista delle vendite.
Sibilia racconta fluidamente la storia vera di queste tre fratelli, ognuno con un carattere a sé, mettendo in mostra una pellicola che potrebbe tranquillamente girare nei circuiti europei e non rimanere rinchiusa nell’angusto panorama italiano dove, a causa di un pubblico un po troppo viziato, non li viene riconosciuto il suo effettivo valore.
Finalmente un film di Sibilia maturo, con zero tempi morti e un esempio, dal punto di vista delle sceneggiatura, di come si narra una vicenda densa di avvenimenti senza risultare sbrigativo.
Tutto ciò si inserisce in un contesto elegiaco di pseudo rinascita del cinema italiano, nuova linfa scorre attraverso un canale collaudato che va dal produttore all’ultimo dei tecnici di set, nuove idee e nuove figure risorgono dalle ceneri di un tanto vituperato immobilismo, nuove perle risalgono la melma della più soffocante delle stagnazioni per portare luce in sala e sale nei popcorn.
Di tutto questo parla la puntata di viaggio nella luna odierna che voi, adorati fans, avrete cura di ascoltare in religioso e casto silenzio pigiando il tasto play nella raffigurazione iconica apposta in calce a questo breve articolo introduttivo. Buon ascolto.
The post Sidney Sibilia e il suo frastagliato Mixed by Erry appeared first on Film al Cinema.In attesa della venuta del deus ex machina del mixer, ovvero l’ultimamente pluri-impegnato Marco Belemmi, per dirimere spinose questioni subordinate agli slider ed ai mute che Federico a suon di improperi non riesce a risolvere, la 13ma puntata della 10a stagione di Viaggio nella Luna ha comunque inizio.
Durante la battute iniziali, la truppa non manca di tributare un ulteriore saluto a Dario Penne, attore e doppiatore d’eccellenza scomparso pochi giorni fa, ormai da anni voce di Anthony Hopkins, unitamente a Tommy Lee Jones e Michael Caine, giusto per citare altri due attori di indiscusso talento a cui Dario prestò la voce più e più volte.
Sempre parlando di commiati, VnL non poteva esimersi dal salutare anche il mitologico Maurizio Costanzo, che all’interno della sua poliedrica carriera, ha messo piede anche nel mondo della Settima Arte. Tra le varie, fu infatti autore della sceneggiatura di “Una giornata particolare” (1977), indiscusso capolavoro di Ettore Scola con il duo Loren-Mastroianni.
“Magic Johnson” dei Red Hot Chili Peppers, segna la prima cesura musicale della trasmissione, e ci conduce alla visione del Filippi che ha visto per noi “The Whale”, ottava fatica del newyorkese Darren Aronofsky, regista che, a parer nostro, non ha mai sbagliato nulla (no, neanche “Noah” ha sbagliato), oltre che a regalare alla posterità un film come “Madre” che risulta essere, soprattutto a detta di Federico, uno dei migliori film degli ultimi 20 anni.
C’è poco da dire su un film come “The Whale”, un prodotto che a detta di Thomas deve essere esperito a tutti i costi, e non necessariamente raccontato, dove ovviamente un Brendan Fraser in pieno stato di grazia – e in cerca anche di una determinata rivincita – ci regala l’interpretazione della vita nel ruolo di Charlie, un professore universitario di oltre 250 kg che impartisce le sue lezioni esclusivamente online (a telecamera spenta), nella penombra bluastra del suo appartamento. Per Thomas, questo film chiude in un certo qual modo una trilogia ideale dedicata alla dipendenza e al disfacimento che Aronofski aveva iniziato con “Requiem for a dream” (2000), proseguendo con “The Wrestler” nel 2008. In “The Whale” la dipendenza di Charlie è ovviamente quella per il cibo, debordante e compulsiva, e paradossalmente il digiuno di quest’ultimo da ogni tipo di rapporto sociale, che lo porta ad isolarsi sempre più dal mondo intero. Sarà una notizia ferale a risvegliare un moto di redenzione in Charlie, che ad un certo punto cercherà di riallacciare i rapporti con la figlia Ellie, in un film, sempre a detta di Thomas, che sul finale lascia il pubblico ammutolito, immobile e visibilmente commosso.
E siccome le casalinghe disperate lo bramavano ormai da un paio di settimane, torna a furor di popolo il mitologico Checco, che ovviamente rispolvera uno dei suoi imprescindibili classici. Ancora una volta, il nostro prode Accademico torna a bussare alla porta di uno dei suoi registi preferiti, l’irlandese Neil Jordan, e dopo averlo incensato con “In compagnia dei lupi” (1984, opera seconda del regista) ‘sto giro tocca a “Mona Lisa” del 1986, un noir pralinato di gangster che vede protagonista l’ottimo Bob Hoskins nei panni di George, un poco di buono, che appena uscito di galera, viene incaricato dal suo ex capo Denny Mortwell (Michael Caine) di fare da autista/guardia del corpo ad una prostituta d’alto bordo, con lo scopo di ricattare determinati clienti dell’alta società che se la fanno con la suddetta. Naturalmente, col tempo, George si invaghirà della ragazza, ed inevitabilmente i rapporti tra lui e Mortwell verranno compromessi. Nonostante il suo pallido incasso, “Mona Lisa” è un film che ha il merito di aver consacrato definitivamente Hoskins alla Settima Arte, che con questo film si aggiudica Palma d’Oro, Golden Globe e BAFTA come miglior attore protagonista. Verso la fine del suo segmento, il Checco trova il tempo per parlare anche de “La moglie del soldato” (1992), facendo scattare una mini-monografia su Marshall, regista del quale a questo punto non può fare veramente a meno.
Chiude la tredicesima delle decima Federico, che nemmanco fosse la copia ben pasciuta di Crash Bandicoot, salta sulla piattaforma dei Video On Demand, suggerendoci un film estremamente interessante: “The Strays”, di Nathaniel Martello-White, giovane regista di Westminster che con questo film si misura per la prima volta con un lungometraggio. L’impianto del film vede come protagonista Cheryl (Ashley Madekwe), che durante le battute iniziali della pellicola vediamo interagire ansiosamente al telefono, forse con un’amica, per poi scappare poco dopo da un contesto di papabile violenza. E così Cheryl scompare, scompare da Londra lasciandosi qualche strascico dietro di sé che ben presto lo spettatore scoprirà. Dopo questo prologo inizia il film vero e proprio, un prodotto suddiviso in tre capitoli ideali, il primo intitolato “Neve” ed ambientato 5 anni dopo le vicende iniziali del film, dove per l’appunto la protagonista, sotto il falso nome di Neve, si è costruita tutt’altra vita. Ha due figli, un marito che è una pasta d’uomo, e lavora come insegnante in un college in un paesino che odora di quella Pleasantville dove nulla sembra andare storto. Difatti, la quiete di Neve/Cheryl verrà interrotta dall’ingresso di due “spettri” che la nostra non sembra conoscere, o non vuole riconoscere. Ben presto lo spettatore scoprirà che i due personaggi hanno un nome, Abigail e Marvin, e non sono affatto degli spettri, anzi, sono più che tangibili e, ovviamente fanno parte del burrascoso passato di Cheryl, e fungeranno da vettore che ci condurrà al secondo atto del film, intitolato proprio “Abigail e Marvin”, ambientato cinque giorni prima la conclusione della prima parte, dove ulteriori nodi verranno al pettine. L’atto finale, “The Strays” (I randagi), che da il titolo a film, è una conclusione che sfocia all’interno di una serie di archetipi che fanno diventare il film una summa tra “Us” di Jordan Peele (anche se esente da doppelgänger) e quel “Funny Games” di Haneke del ’97, che fece pazziare un po’ tutti quanti, regalandoci un epilogo in grado di lasciare lo spettatore all’interno di un’atmosfera disarmante e decisamente umidiccia. “The Strays” di certo non è un prodotto esente da difetti o ingenuità, ma è un film che fa il suo in maniera più che decorosa e che mette in luce il probabile talento di un regista che certamente deve ancora farsi, ma che forse-ma-forse sarà da tenere d’occhio in futuro.
The post The Whale o della Balena rinascente appeared first on Film al Cinema.“Quelli là” tornano in istudio dopo due settimane di ectoplasmica assenza, ma lo fanno con dei rinforzi di un certo calibro. Difatti, a sopperire le fatalità che colpiscono il Bedo con cadenza Bisettimanale provocandone l’assenza, ci pensano i “tennici” degli effetti speciali Carlo Diamantini e Andrea Giomaro, che per la settima volta occupano con piacere il desco di VnL, al solito garnito di un bengodi di frutta in guscio e quella birra messicana che inizia per “C” e finisce per “orona”, che si presta particolarmente anche ad un consumo mattutino, data la sua proverbiale leggerezza.
Così, tra confricazioni da pacchetti che si aprono e bottiglie che si stappano, inizia la dodicesima puntata. E se è vero che il manipolo di VnL è per sua natura prono all’apertura di gragnuole di parentesi, la presenza di Carlo e il Gommo funge da catalizzatore a questa reazione. Ben presto i dialoghi si fanno torrenziali e si comincia ad occupare ogni meandro della Settima Arte, enumerando una copiosa serie di titoli, cominciando tra le varie dal trailer di The Flash, la cui uscita è fissata per il 16 giugno prossimo. Una pellicola che pare avere tutte le buone intenzioni di questo mondo per rimettere a posto il DC Cinematic Universe, sotto l’egida dell’ottimo James Gunn, che sulla base di quel che si dice, non le manda a dire ad ha in serbo molti cambiamenti e nuovi contenuti del tutto succosi. Inutile dire che, scansionando il trailer di “The Flash”, è praticamente impossibile non celebrare il ritorno di Michael Keaton nei panni di Batman, che ha fatto detonare megatoni di gioia in tutto il mondo, facendo impazzire la maggior parte dell’utenza.
All’interno di questa puntata, si è citata talmente tanta roba, che provare a descrivere a parole tutto quello che si è nominato sarebbe come tentare di spiegare le visioni da dimetiltriptamina a chi non ha mai esperito il viaggio psicotropo per eccellenza. Quindi, per non essere noiosamente elencativi, aggiungiamo che, tra le varie si è parlato più che doverosamente de L’orafo di Vincenzo Ricchiuto, un thriller dalle venature horror che verrà presentato in anteprima allo Snaporaz di Cattolica il 23 febbraio prossimo e che tra l’altro vede nell’organico degli attori due figli della Romagna che ben conosciamo, ovvero Andrea Porti, che avremo come ospite la prossima puntata, e Gianluca Vannucci. “L’orafo” è un film su cui contiamo, poiché la cricca di VnL apprezza sempre gli sforzi di quel cinema italiano che tenta di emergere da un predeterminato quanto ridondante piattume fatto di drammi familiari o vicende legate al mondo della malavita. Ne “L’orafo”, l’ottimo Diamantini ci ha messo ovviamente lo zampino, applicando la sua arte da effettista all’interno di alcune scene decisamente croccanti che ci ha raccontato tra un brano e l’altro, e che mai vi riveleremo per non fregarvi il gusto.
Questo è moltissimo altro nella dodicesima della decima di Viaggio nella Luna. Buon ascolto.
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