ANSA - di Massimo Sebastiani.
Non solo l'onnipresente e multiforme radice indoeuropea ka- ma anche il significato oscillante che assume quasi subito dal latino carus (in Plauto, per esempio), segnano il destino della parola caro/a. Dall'ermo colle leopardiano (quello che nell'Infinito è definito 'sempre caro') al caro-ombrellone. A ognuno il significato preferito: quello scelto da Ligabue che si rivolge al 'caro Francesco' (che è Guccini) o quello dell'eterno Totò, che trova troppo caro perfino quello che può salvargli la vita. In ogni caso, come suggerisce un'altra parola latina che deve essere entrata in gioco, il verbo careo, solo ciò che manca è, forse, veramente caro.
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