Ci sono giorni per i ristoranti di lusso, e altri per le piccole osterie di paese. Serate in abito lungo in cui assaggiare piatti sperimentali, accompagnati dai vini più pregiati, e altre che sembrano progettate per i jeans e la felpa, avendo sotto il naso una pizza croccante appena uscita dal forno a legna. La cucina del Ticino è così: chef stellati e cucina della nonna, innovazione e tradizione.
Tra le valli e il lago, grazie alle giornate di sole, il clima mite e la cura per la terra, crescono tutto l’anno un grande ventaglio di prodotti: per esempio il mais della Valle Onsernose, che viene tostato e macinato fino a dar vita alla tipica farina bóna, o il riso che cresce sul delta del fiume Maggia, o ancora il pepe della Vallemaggia e il tè del Monte Verità.
Da sempre la cucina ticinese, nata dalla cultura prealpina e longobarda, fa questo: prende quel che la terra le dà, e crea piatti straordinari. Nei suoi piatti sembra di assaporare passato e futuro, e di sentire le valli, il lago, i sentieri tra i boschi: in un certo senso è così, grazie agli ingredienti a chilometro zero, è proprio così.
Se arrivi sperando di trovare un luogo a cui lasciare il cuore ma anche la pancia, sei nel posto giusto: qui prosperano i ristoranti stellati, noti per le prelibatezze più ricercate e l’armonia fra il futuro della cucina e i sapori tipici, ma ci sono anche i famosissimi grotti, dove la polenta si cucina ancora sul fuoco e i taglieri di formaggio dell’alpe e salumi non mancano mai.
Alla portata di tutte le tasche ma deliziosi, immersi in ambienti caserecci ma ricchi di piatti straordinari, i grotti sono locande tipiche del Ticino e del Grigioni italiano, con grandi tavoli in pietra e stanze fresche tutto l’anno, spesso in luoghi ombreggiati e discosti, magari immersi nella natura.
Nati come locali per la conservazione del cibo, spesso erano ricavati dalle grotte, da cui il nome e la collocazione. Con il tempo i contadini hanno smesso di avere bisogno dei grotti per la loro funzione originaria, ma sono stati caparbi nel non lasciarli andare: li hanno così trasformati in locali per la degustazione di vini, formaggi e salumi di loro produzione.
Piano piano, come tutte le cose destinate a durare, i grotti si sono adattati ai tempi mantenendo intatto il loro spirito, diventando ciò che sono ora: locali con grandi tavole e panche in pietra attorno a cui sedere in compagnia, gustando una grigliata o una minestra alle ortiche, o ancora la polenta con brasato e merluzzo, coniglio in salmì, torta di pane, e - la preferita dei bambini - polenta e latte.
Nei grotti ti capiterà di incontrare gruppetti di turisti stanchi dopo un’escursione, intenti a rinfrescarsi con una birra o un bianchino, tipico Merlot bianco, ma anche ticinesi doc presi a giocare a carte tra un boccalino di Merlot rosso e un buon nocino.
Se guardi bene, la maggior parte delle volte c’è sempre qualcuno, in qualche angolo macchiato di sole, che tiene gli occhi chiusi e una mano intorno al bicchiere di boccalino a strisce rosse e blu, grande classico dei grotti. Guardalo lì, guarda che fa: tiene gli occhi chiusi, ogni tanto dà un sorso, e sorride.