«27 ottobre 1924Caro Max, in plico separato ti mando il mio terzo romanzo: Alla fine penso di aver scritto qualcosa di veramente mio, ma quanto valga questo “mio” è tutto da vedere»
Con questa frase, Francis Scott Fitzgerald, inviava all’editore la copia del romanzo destinato a fargli lasciare un segno nella letteratura americana e mondiale: Il Grande Gatsby. La lettera prosegue proponendo un accordo commerciale sui diritti: tipico di Fitzgerald non usare casualmente quel “Quanto valga”, sempre com’era alle prese con urgenze economiche a causa di uno stile di vita decisamente sopra le righe. Sapeva in effetti di valere molto, lui che era diventato lo scrittore più pagato del suo tempo. Lui che aveva scritto, tra il 1919 e il 1940 ben 178 racconti pubblicati su rivista per un incasso complessivo di 250000 dollari (all’epoca bei soldoni). Eppure, su questa sua nuova fatica letteraria non nutriva molte speranze di successo economico. Lo si scopre leggendo le sue lettere: Scott era infatti convinto che mancassero in Gatsby quegli elementi che il pubblico dell’epoca aveva imparato ad apprezzare nei suoi lavori. La storia ci dice che purtroppo non si sbagliò di molto. Del successo del romanzo, Fitzgerald non seppe mai. Nel 1925, all’uscita, Il Grande Gatsby vendette circa 25000 copie, e poi più nulla. Dopo il successo post mortem e la rivalutazione della critica rimane interessante capire che cosa, il più grande scrittore dell’età del Jazz, intendesse con quel ho “scritto qualcosa di veramente mio”