“E digli, a chi mi chiama rinnegato che a tutte le ricchezze e all’argento e all’oro Sinàn ha concesso di luccicare al sole bestemmiando Maometto al posto del Signore.”
E’ il 1944 quando De Andrè trova nella biblioteca del padre un libro dal titolo “Mediterraneo” che gli apre le porte sull’incredibile viaggio di Scipione Cicala, un marinaio genovese catturato dai musulmani.
Facciamo un passo indietro e troviamo Mauro Pagani di rientro da un viaggio di esplorazione nel Mediterraneo che consegna a Fabrizio la storia del rapimento di Miguel De Cervantes, rimasto per dieci anni in galera ad Algeri e liberato poi per intercessione del re di Spagna.
Il quarto brano di Creuza de Ma è un anello di congiunzione tra questi due eventi storici.
Nel 1560 Scipione e suo padre, il visconte Cicala, vengono rapiti e portati prima a Tripoli e poi a Instanbul. Il Visconte riesce a pagare il riscatto e viene liberato ma lo stesso destino non viene riservato al figlio, il quale si trova così di fronte al bivio che gli mostra la morte da un lato e la possibilità di rinunciare al cristianesimo per convertirsi all’Islam, dall’altro. Abbracciando la filosofia di chi non si oppone alla corrente, il Cicala decide di rinnegare la sua religione.
Quello che emerge è uno dei temi portanti più volte fatti trapelare dal cantautore genovese, quello dell'indulgenza.
La scelta dell’uomo è certamente legata all’opportunismo ma più per istinto di sopravvivenza che per reale volontà di assurgere alla figura di arrampicatore sociale o di rinnegato (rénegôu) se si guarda la vicenda dal punto di vista dei Cristiani.
Nel frattempo Scipione fa carriera: divenne silahtar, ossia guardia del corpo personale del Sultano Solimano il Magnifico, poi ağa, ossia comandante in capo del corpo stesso dei giannizzeri per poi diventare beylerbey, ossia governatore generale, della città di Van, e infine Visir della fortezza armena di Erevan.
Si distinse, inoltre, per una serie di scorribande piratesche nel Sud Italia salvando, inoltre, la vita a un bey, cioè un nobile ottomano. Ottenne così il titolo di “Sinàn Capudan Pascià” ovvero il genovese grande ammiraglio della flotta ottomana.
Sina, infatti, è etimologicamente legato a Zena, Genova, come la chiamano i suoi abitanti.
C’è un quartiere, a Instanbul, che porta il suo none: Cağaloğlu, poichè suffisso -oglu significa “figlio di”, ovverosia il figlio di Cicala (Ciga).
“In mezzo al mare c’è un pesce tondo che quando vede le brutte va sul fondo.In mezzo al mare c’è un pesce pallache quando vede le belle viene a galla.”
Un vecchio ritornello di origine popolare che apre e chiude il brano, emblema della vicenda di Scipione Cicala.
A livello strumentale va menzionato, tra gli altri, il synclavier, strumento elettronico nella sezione “archi”.
Come per Jamin-a, nella versione dell'album uscito nel 2014, esiste un remix alternativo all'originale, fino ad allora inedito.
Curato da Lucia Lamboglia e con la voce di Simona Atzori.
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