Quando l'arte incontra il videogioco e quando il videogioco è in se e per se arte vera e propria? Nell'ultima puntata della prima stagione cerco di sviscerare questo argomento ostico e difficile, tramite uno degli esempi più recenti di arte integrata al videogioco: Gris e la sua estetica pittorica, la sua storia commuovente e la sua capacità espressiva e comunicativa.

Chi l'avrebbe mai detto che sarebbe bastato così poco per diventare un pasticciere di successo planetario? Oggi vi parlo di una mia piccola e vergognosa passione, che porto avanti da fin troppo tempo: Cookie Clicker. Il gioco per pigri, il gioco che si gioca da solo mentre tu fai altro. Anche adesso, mentre scrivo questa descrizione, sto in realtà giocando a Cookie Clicker. Insomma, parliamo degli idle games, quindi prendete i vostri biscotti!

Parliamo di un'innovazione nel panorama del gioco di ruolo italiano, di un gioco che va alla grande ultimamente e che mi è piaciuto tanto quanto mi ha fatto pensare: Not The End. Il mio solito chiacchierare sul gioco e soprattutto su una cosa che il gioco ha messo un pò, indirettamente, in discussione, ovvero la figura del Master al tavolo, o del Narratore, come spesso viene chiamato. Cosa significa fare il Master? Ha davvero senso continuare a chiamarlo così? In questa puntata di sono io che cerco di barcamenarmi per dare una risposta a questi dubbi.

Cosa significa creare un gioco? Di certo significa avere esperienza nei giochi, passione, dedizione e un briciolo di inventiva e di follia. Ma alcune persone non la vedono così, anzi, vedono il creare un gioco da tavola come qualcosa di semplice, banale, sopravvalutato. Insomma, agli occhi del giocatore medio dei gdr, tutti possono creare un gioco! Purtroppo, questo ragionamento non è altro che una mancanza di rispetto per chi è o cerca di essere un VERO game designer.

Un episodio vissuto da master, fatto di autistima spezzata, di dubbi e di mancanze di rispetto involontarie. Parliamo insieme proprio di questo: quanto è importante il rispetto durante le giocate? Come ci si riespetta a vicenda e perchè alcuni Master sembrano porsi come un'elite del GDR?

Un piccolo gioco con una grande anima, un'Anima di Titano che si erge con semplicità e spicca nel caotico mondo videoludico indie, tramite una interessante lore nascosta ed il suo gameplay, molto difficile ed a tratti frustrante, che riesce a non scadere nel punitivo. Una lezione giocabile su uno dei momenti di game design più delicati di una produzione: il bilanciamento della difficoltà.

Trovarsi su un pianeta alieno può essere sicuramente spaesante, ma mai quanto su Pandora, il pianeta cardine della saga videoludica di Borderlands. Facciamoci una bella chiacchierata a senso unico sul valore di questo titolo e su come si faccia inconsciamente portatore dell'idea di "gameplay puro, senza pretese", un gioco folle progettato nei minimi dettagli per essere divertente per il giocatore.

Cosa succede quando si gioca con una prospettiva diversa? Cosa significa decidere volontariamente di far morire il proprio personaggio, così faticosamente creato e portato avanti, in favore di una scena più bella? Oggi voglio parlare di una scelta fatta da un mio giocatore, impattante sia per me che per il party con cui stavo giocando, che ha cambiato il loro modo di vedere il gioco di ruolo: usare la morte come espediente narrativo.

Uno scatolone pieno di acido e riflessioni sulla tossicità nel gioco: giocatori il cui unico divertimento è rovinare il gioco agli altri, non per forza di proposito. Qui voglio parlarvi della tossicità nei competitivi così come di una tossicità diversa, che si riversa anche nel gioco da tavola: il famigerato giocatore medio di D&D 3.5! 

Tutti a parlare degli Eroi, del "Viaggio dell'Eroe" e nessuno che da il giusto rispetto al malvagio di turno. Vi parlo un pò di 7th Sea, il gioco di ruolo cappa e spada, del suo modo unico di narrare storie eroiche e di come gestisce le nemesi dei personaggi che interpretiamo giocando. Un mondo fatto di amore, intrigo, vendetta ed una sana dose di....stereotipi.