Il meeting annuale promosso da FMI e Banca mondiale a Washington tra il 13 e il 18 ottobre presenterà le previsioni sull'economia mondiale. Secondo le anticipazioni già circolate, le due organizzazioni avrebbero constatato una buona resilienza dell'economia mondiale in questa prima metà del 2025: l'andamento è stato migliore di quanto si temesse dopo l'inizio della politica protezionistica dell'amministrazione Trump. Le ragioni della resilienza risiedono nella spinta agli acuisti e alla creazione di scorte da parte di imprese e consumatori, preoccupati dall'innalzamento delle tariffe; nella persistenza di esenzioni dai dazi di circa metà delle importazioni; nelle condizioni finanziarie che si sono ristabilite dopo il terremoto del Liberation day, con vendita di titoli di Stato Usa ed ora tornate positive per effetto del rialzo delle azioni dei mercati borsistici, alimentato dal ciclo di investimenti in tecnologie digitali e Ia. Ma secondo il Fmi le condizioni positive potrebbero gradualmente venir meno, una volta esauriti gli effetti delll'accumulazione delle scorte. E le aziende Usa che hanno importato non potranno continuare a tener ridotti i loro margini per evitare di riversare i costi dei dazi sui consumatori. Gli esperti del Fmi temono anche una sorta di bolla legata all'Ia. E prevedono, per il 2026, un ridimensionamento nelle aspettative di crescita dell'economia. Sia per gli Usa, dove si è scesi già dal 3 per cento pre-Trump e ci si avvia verso un 2 per cento. Soprattutto ci sono timori di una ripresa dell'inflazione, che ha fermato la sua discesa verso il 2 per cento ed ha ripreso a salire. Un dato che potrebbe contare soprattutto al momento delle elezioni di Midterm. Per evitare una fiammata dell'inflazione, servirebbero scelte opposte a quelle che sta compiendo l'amministrazione Trump, ovvero correzione del deficit e contenimento del debito pubblico. In Cina l'andamento dell'economia resta positivo, la crescita si attesta intorno al 5 per cento. Ma il rallentamnento c'è, poiché il modello cinese prevede grandi investimenti ma produce un eccesso di beni che il basso livello dei consumi interni non riesce ad assorbire e che vengono esportati sui mercati esteri. Il vero motore dell'economia resta l'India, che ha un tasso di crescita del 6-7 per cento ed è alimentata dalla domanda interna. L'economia euroopea resta il vaso di coccio che rischia di fare le spese della tensione Usa-Cina. La crescita resterà modesta, meno dell'1 per cento. Ma all'interno del continente europeo si constata un capovolgimento sui motori di crescita: il centro-Nord, ovvero Francia e Germania, arretrano, mentre i Paesi del Sud come Spagna, Portogallo e Grecia registrano un tasso del 2 per cento di crescita. Quanto all'Italia, la crescita resta debole, malgrado la stabilità di governo e gli effetti positivi degli investimenti del Pnrr