Un clima di pessimismo aleggia sulla Cop30, ls Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. I segnali di arretramento non mancano: non sono sufficienti i piani dei Paesi parte per la conversione da gas e petrolio verso le energie rinnovabili per raggiungere il livello di 1,5 gradi di riscaldamento; l'altissimo livello di caldo registrato negli ultimi tre anni ha creato molti danni; soltanto un terzo delle revisioni dei piani da aggiornare ogni cinque anni è stato presentato dai Paesi. La situazione geopolitica non è certo favorevole: gli Stati Uniti di Trump hanno abbandonato gli accordi di Parigi, le guerre in corso non facilitano l'opera, il prezzo dei fossili è aumentaro. Si è poi rafforzata la pressione delle lobby delle grandi compagnie produttrici di combustibili fossiIi, tanto che alla Cop30 si sono registrati in circa 1600. Se questa è la tendenza, è pur vero che non si deve sottostimare quel che si è realizzato in questi anni. Non siamo in linea con gli obiettivi di contenimento all'1,5 gradi del riscaldamento, ma prima della conferenza di Parigi il livello raggiunto si attestava sui 4 gradi. Altro dato importante è che le nuove tecnologie per le energie rinnovabili hanno avuto un grande successo: oggi più del 90 per cento della capacità elettrica installata funzionerà con energie rinnovabili e non combustibili fossili, perché le prime sono più convenienti. Un altro esempio positivo è la frenata alla deforestazione del polmone dell'Amazzonia. Ed altri Paesi stanno seguendo l'esempio brasiliano. Gli Usa non partecipano? Forse è meglio, poiché la presenza di Trump sarebbe un ostacolo alla sigla di patti importanti. In Europa è diventata fortissima la contestazione delle destre al Green Deal. La frenata è innegabile: lo dimostrano tanto il rinvio di un anno, al 2028, dell' l’attuazione del sistema ETS 2 sul carbonio che riguarda la combustione di carburanti negli edifici e nei trasporti; passi indietro anche sulla limitazione all'uso dei pesticidi. Ma non si può affermare che l'Europa abbia abbandonato la leadership climatica: l'impegno alla riduzione delle emissioni resta amibizioso, poiché si colloca tra il 66 e il 72 per cento in dieci anni. L'architettura del Green Deal resta in piedi, poiché molte delle norme-chiave su energia e industria sono state adottate o sono in fase di implementazione. È opportuno rimediare agli errori compiuti nella lotta al cambiamento climatico, che ha alimentato l'opposizione di chi ne denuncia i costi sociali e per le imprese europee. Come conciliare l'impegno alla diminuzione delle emissioni con la crescita della competitività, facendosi carico dei costi sociali. Meno regolamentazione, più incentivi, più investimenti in sviluppo delle nuove produzioni