Nel nostro viaggio attraverso la storia della posizione politica e pratica dell'intellettuale, due tra i più grandi pensatori del '900, Deleuze e Foucault, ci vengono in aiuto nel delineare in maniera lucida e originale il ruolo che oggi deve occupare l'intellettuale, non più un mero rappresentante o un agitatore di coscienza, ma un combattente che fornisca armi teoriche, e dunque pratiche, che aiutino i soggetti assoggettati al potere nella loro battaglia contro il potere stesso. Vediamo che non c'è più bisogno di un rappresentante che incarni e "parli al posto di" altre persone, gruppi o masse, ma c'è bisogno di creare le condizioni per dare voce alle masse stesse, ai saperi e ai contro-saperi che si sviluppano nelle soggettività sottomesse al potere. Un nuovo rapporto tra teoria e pratica che vede teoria come essenzialmente volta alla lotta contro il potere, una teoria che diventa strumento e vera e propria arma, funzionale, contro il sapere e il potere, sempre più diffusi e impalpabili, che soprattutto siano megafoni, strumenti di espressione delle masse oppresse, e non strumenti di rappresentanza e di "parlare-al-posto-di". Una nuova forma di lotta, particolare e plurale, locale, che si opponga alla natura di per sé totalizzante, e dunque oppressiva e repressiva, perché fragile, del potere. Una nuova figura della lotta che è trasversale, multiforme, attiva, unitaria e allo stesso tempo molteplice, di tutti i soggetti che si trovano a subire il potere: potere che oggi si configura come il potere del capitalismo. Buona lotta a tutti.