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Nel 1983 sono finito nel carcere di Firenze. Ogni mattina passavo davanti alla cella di Francesco Mungo, detto l’Aragonese, e mi fermavo ad osservalo che dipingeva. Gli chiesi “Senti, Francesco, mi puoi insegnare a dipingere?”. E lui: “Per insegnarti qualcosa, devi spostarti nella mia cella”.
Mungo aveva ucciso sua moglie e i detenuti lo schifavano. Sapeva che ero un mafioso, una persona rispettata, e gli faceva comodo avermi vicino.
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Nel 1983 sono finito nel carcere di Firenze. Ogni mattina passavo davanti alla cella di Francesco Mungo, detto l’Aragonese, e mi fermavo ad osservalo che dipingeva. Gli chiesi “Senti, Francesco, mi puoi insegnare a dipingere?”. E lui: “Per insegnarti qualcosa, devi spostarti nella mia cella”.
Mungo aveva ucciso sua moglie e i detenuti lo schifavano. Sapeva che ero un mafioso, una persona rispettata, e gli faceva comodo avermi vicino.
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