Questo nono episodio di Macerie ripercorre quasi un decennio di esperienze di autogestione in Ticino. Parte dall’occupazione del Selva Squat di Massagno e dal bisogno di alcune individualità di uscire dalle dinamiche del centro sociale. Si intuisce l’arrivo di una sensibilità diversa che porta nuovi elementi di discussione e un nuovo modo di intendere la lotta politica anche all’interno dell’assemblea. Anche il movimento globale sta sperimentando nuove forme di organizzazione: occupy Wall Street, le primavere arabe, le rivolte studentesche, le Femen e anche il Molino vive una sua metamorfosi.
Nel 2013 a rendere più complessa la situazione, insieme al nuovo sindaco leghista Borradori entra in Municipio anche il giovane rampante Michele Bertini, è forse lui a spingere per far sì che il il Molino torni ad essere un problema all’ordine del giorno. “Ridare il Macello alla popolazione” è il nuovo mantra. Vengono lanciati nella discussione pubblica una serie di progetti con scarso appoggio politico e senza agganci nella realtà, per cercare di dare un uso diverso agli spazi occupati dall’autogestione: una cittadella per i bambini e poi una cittadella della solidarietà, lo spostamento delle scuole medie, la nuova sede del museo di storia naturale.
Ancora da segnalare, a livello di rapporti con le autorità, un tentativo di dialogo poco convinto nel 2015, quasi nient’altro fino a maggio 2019 quando il Consiglio Comunale accetta un messaggio municipale con un credito per un concorso di architettura, che non prevede però la presenza dell’autogestione nell’area.
Intanto però in Svizzera e nel mondo prendono forza movimenti nuovi, ecologisti, transfemministi e antirazzisti, spinte ed energie che filtrano anche all’interno del CSOA. E poi ad inizio 2020 l’arrivo della pandemia e le derive securitarie che ne conseguono, anche il Molino dovrà confrontarsi con questa novità…
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