Coricatosi accanto alla moglie, che già dormiva, voltata verso il lettuccio, su cui giacevano insieme i due figliuoli, Spatolino disse prima le consuete orazioni, s'intrecciò poi le mani dietro la nuca; strizzò gli occhi, e - senza badare a quello che faceva - si mise a fischiettare, com'era solito ogni qual volta un dubbio o un pensiero lo rodevano dentro.
Fischiava, fischiava sì.
Non era propriamente un fischio, ma uno zufolío sordo, piuttosto; a fior di labbra, sempre con la medesima cadenza.
A un certo punto, la moglie si destò:
- Ah! ci siamo? Che t'è accaduto?
- Niente. Dormi. Buona notte.
Si tirò giú, voltò le spalle alla moglie e si raggricchiò anche lui da fianco, per dormire. Ma che dormire!
- Fififí... fififí... fififí...
La moglie allora gli allungò un braccio sulla schiena, a pugno chiuso.
- Ohé, la smetti? Bada che mi svegli i piccini!
- Hai ragione. Sta' zitta! M'addormento.