Nel quinto episodio di Slow News si parla del delicatissimo rapporto tra sport e guerra, caratterizzato da terribili dilemmi etici. Il titolo della puntata, EKECHEIRIA, riprende il concetto di tregua olimpica, che permetteva agli atleti di raggiungere e lasciare Olimpia senza pericoli. Si parte quindi dall’antica Grecia, tra Eris, hybris e aretè: di per sé lo sport non è né guerra né pace. Dipende dal senso che gli viene dato dagli uomini.
Anche se – ovviamente – i valori dello sport sono assolutamente antitetici a quelli della guerra, se non vengono limitati a vuoto esercizio retorico. Che cosa può fare allora lo sport di concreto? Innanzitutto vivere sempre più il fair play, che tante volte rimane solo nelle parole. Così facendo si crea cultura, che è e sarà sempre il vero segno di pace.
Nella storia, lo sport è stato usato tantissimo nelle relazioni internazionali, sia come costruttore di ponti, sia come arma di guerra. Oggi, atleti e squadre russe sono stati estromessi da moltissime competizioni, e una parte dello sport europeo ha messo al bando investitori e sponsor legati a Putin. Tra soft power e sportwashing, la questione è davvero più complessa e profonda di quello che possa sembrare a un primo sguardo.