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Gesù risorto si manifesta nei pastori della Chiesa L’immagine del pastore che guida le sue pecore era familiare a Israele, popolo nomade: essa alimentò in tempi successivi la meditazione religiosa del proprio rapporto con Dio. I suoi capi dovevano essere servi dell’unico pastore; ma troppo spesso, seguendo interessi egoistici e visioni politiche inadeguate, hanno tradito, fuorviato, depredato il gregge di Dio. Gesù si presenta come il pastore secondo il cuore di Dio, quello annunciato dai profeti. Egli conosce intimamente il Padre e trasmette questa conoscenza ai suoi (vangelo). Per questo egli è la «porta», il mediatore. Egli conosce intimamente la nostra condizione, perché come «agnello» ha portato i peccati di noi tutti (seconda lettura). Egli guida i suoi con l’autorità di chi ama e ha dato la sua vita; ed essi, nella fede, ascoltano la sua voce e lo seguono.
Gesù risorto si manifesta nell' Eucaristia Il gesto dello «spezzare il pane» era così ricco e denso di significato per le prime generazioni cristiane che l’Eucaristia fu chiamata per molto tempo «frazione del pane». E’ il gesto che Gesù compie oggi per noi, invitandoci ad una riflessione sull’Eucaristia.
Da questa domenica — e per tutto il tempo pasquale — la liturgia della Parola orienta la nostra riflessione verso un’unica realtà: la Chiesa, comunità dei credenti, nata dalla Pasqua di Cristo (cf SC 5). In modo molto concreto, le singole domeniche mettono in rilievo aspetti diversi della vita dei cristiani, come testimonianza del Signore risorto. La primitiva comunità apostolica di Gerusalemme non ha finito di esistere: deve rispecchiarsi nelle nostre comunità, nelle nostre assemblee domenicali. Ciascuna di esse è continuamente ricreata e si costruisce grazie alla presenza del Risorto e in forza dei suoi doni pasquali (lo Spirito, i sacramenti, la pace, la gioia); ciascuna è chiamata ad essere nel mondo segno e annuncio permanente della Pasqua del Signore, del suo invito alla pace e alla riconciliazione.
L’annuncio pasquale risuona oggi nella Chiesa: Cristo è risorto, egli vive al di là della morte, è il Signore dei vivi e dei morti. Nella «notte più chiara dei giorno» la parola onnipotente di Dio che ha creato i cieli e la terra e ha formato l’uomo a sua immagine e somiglianza, chiama a una vita immortale l’uomo nuovo, Gesù di Nazaret, figlio di Dio e figlio di Maria. Pasqua è dunque annuncio del fatto della risurrezione, della vittoria sulla morte, della vita che non sarà distrutta. Fu questa la realtà testimoniata dagli apostoli; ma l’annuncio che Cristo è vivo deve risuonare continuamente. La Chiesa, nata dalla Pasqua di Cristo, custodisce questo annuncio e lo trasmette in vari modi ad ogni generazione: nei sacramenti lo rende attuale e contemporaneo ad ogni comunità riunita nel nome dei Signore; con la propria vita di comunione e di servizio si sforza di testimoniano davanti al mondo.
Per antichissima tradizione questa è «la notte di veglia in onore dei Signore» (Es 12,42), giustamente definita «la veglia madre di tutte le veglie» (s. Agostino). In questa notte il Signore «è passato» per salvare e liberare il suo popolo oppresso dalla schiavitù; in questa notte Cristo «è passato» alla vita vincendo la grande nemica dell’uomo, la morte; questa notte è celebrazione-memoriale del nostro «passaggio» in Dio attraverso il battesimo, la confermazione e l’eucaristia. Vegliare è un atteggiamento permanente della Chiesa che, pur consapevole della presenza viva dei suo Signore, ne attende la venuta definitiva, quando la Pasqua si compirà nelle nozze eterne con lo Sposo e nel convito della vita (cf Ap 19,7-9).
Oggi la comunità cristiana non celebra l’Eucaristia perché il clima di festa non si addice all’evento che riempie il suo ricordo e motiva il suo digiuno (cf Mc 2,19-20): la morte del suo Signore e Sposo. L’azione liturgica è dominata dalla croce; manifestazione luminosa dell’amore divino spinto alla follia, la croce lascia spazio solo al silenzio e alla contemplazione.
L’istituzione dell’Eucaristia come rito memoriale della «nuova ed eterna alleanza» è certamente l’aspetto più evidente della celebrazione odierna che del resto giustifica la sua solennità proprio con un richiamo «storico» e figurativo dell’avvenimento compiuto nell’ultima cena. Ma è lo stesso messale romano che invita a meditare su altri due aspetti dei mistero di questo giorno: l’istituzione del sacerdozio ministeriale e il servizio fraterno della carità. Sacerdozio e carità sono, in effetti, strettamente collegati con il sacramento dell’Eucaristia, in quanto creano la comunione fraterna e indicano nel dono di sé e nei servizio il cammino della Chiesa.
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