Una delle cose che invidio un po’ mio marito è come ha trascorso la sua gioventù, non (solo) per i suoi genitori italianissimi, ma per il contesto: è cresciuto “in cortile” (di un condominio a Milano). Il classico cortile frequentato da persone miste tra i 4 e i 18 anni, uno spazio libero dagli adulti, dove ci si faceva le ossa, si imparava a giocare a palla, andare in bici, catturare i piccioni, a baciare, a relazionarsi, a rispettare chi aveva qualche anno in più (o un fratello più grande) e a dare fuoco a elettrodomestici abbandonati negli angoli più bui e trascurati del giardino. Non c’era bisogno di organizzare nulla. Dopo scuola tutti si trovavano lì. Nessuno scopo, nessun piano, nessuna premeditazione. Nessun Whatsapp. Avremo bisogno anche noi adulti di uno spazio così - libero, spontaneo e technology free.
Parlo in questo episodio di come sono ridotte le nostre amicizie in un contesto pesantemente tecnologico, prepianificato e urbano. Offro qualche riflessione pescata dalla Mahabharata al riguardo.
Parlo in questo episodio della mia insegnante preferita del momento - che io ho chiamato Lucrezia (per la privacy uso un nome diverso), il ballo liscio e “the magic of repetition” in un contesto sociale.
ps. c’è un piccolo sbaglio (blip!) nel audio …perdonatemi!
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