Nel secondo episodio di ALTER, Altre lingue tradotte e raccontate, esploriamo insieme i concetti di 'guerra' e ‘cultura’, tentando di capire come sia possibile che la guerra, la violenza, arrivino a toccare la cultura, a volerla distruggere o manipolare. E lo faremo partendo proprio da quel concetto di cultura che abbiamo analizzato insieme nel primo episodio. Con la partecipazione straordinaria del Lotman-bot. In sottofondo gli arrangiamenti dei seguenti brani: Promenade di Modest Mussorgskij, Clair de Lune da Suite Bergamasque di Claude Debussy, sempre di Debussy Pagodes tratto da Estampes, Gymnopédie no. 1 di Erik Satie (in differenti arrangiamenti).
Nella prima puntata, citando Lotman e Uspenskij, abbiamo detto che 'non è ammissibile l’esistenza di una lingua che non sia immersa in un contesto culturale, né di una cultura che nonabbia al proprio centro una struttura del tipo di quella di una lingua naturale', e che la cultura è memoria non ereditaria, alungo termine, della collettività.
Ciò significa che la cultura è un processo dinamico, in continua evoluzione. È un insieme di testi, di simboli, di tradizioni che vengono costantemente reinterpretati, rielaborati, dimenticati e riscoperti.
Cosa viene dimenticato? E cosa viene ricordato? Un testo,un’opera d'arte, non sono mai una semplice riproduzione della realtà. Sono sempre una selezione, una interpretazione, un punto di vista. E questa selezione, questa interpretazione, sono influenzate da molti fattori: la storia personale dell’autore, il contesto sociale e culturale in cui vive, le sue idee politiche e religiose.
La dimenticanza può assumere diverse forme. Può essere un’esclusione deliberata di alcuni testi, di alcune figure, di alcuni eventi. Può essere una reinterpretazione forzata, volta a distorcere il significato originale di un’opera. Può essere, infine,una vera e propria distruzione fisica, come nel caso dei libri bruciati durante i regimi totalitari. La storia ci insegna che questa "ossificazione della memoria collettiva", come la chiamano Lotman e Uspenskij, è spesso legata a momenti di crisi, di conflitto, di cambiamento sociale. Pensiamo alle avanguardie del Novecento, che hanno messo in discussione l’autorità dei testi del passato. Pensiamo alle culture nazifasciste, che hanno imposto una visione della storia basata sul mito e sulla propaganda.
Ma cosa sta succedendo oggi? La guerra in Ucraina, purtroppo, ci offre molti esempi di come la cultura possa diventare terreno di scontro, strumento di propaganda, obiettivo da colpire.
Penso al caso di Paolo Nori, invitato a tenere lezioni su Dostoevskij all’Università Bicocca e poi "rimandato" per evitare polemiche. Penso alla casa editrice AST, in Russia, che ha cessato di pubblicare le opere di Boris Akunin e Dmitrij Bykov, rei di essere stati inseriti nella lista degli "agenti stranieri". Legge inizialmente pensata per le organizzazioni, è stata estesa alle persone, compresi artisti e intellettuali. Essere così etichettati può portare a denunce, accuse infondate e gravi problemi per chi si occupa di cultura.
Un altro esempio: Jurij Ševčuk, leader del gruppo rock DDT. Ševčuk dal 2022 subisce i tentativi, pur se sempre infruttuosi, di essere inserito nell’elenco degli agenti stranieri e, dopo avermanifestato durante i suoi concerti contro l’aggressione russa dell’Ucraina, non ha potuto più esibirsi sul suolo della Federazione Russa.
Penso alla città di Odessa, che ha rimosso i monumenti a Puškin, Vysockij, Gor'kij, Il'f e Petrov e, soprattutto, Isaak Babel’, autore fondamentale della letteratura russa del Novecento, profondamente legato a Odessa, la città in cuiè nato e a cui ha dedicato i suoi celebri Racconti di Odessa.
"Se Atene piange, Sparta non ride", dice un vecchio proverbio. Oggi sia la Russia che l’Ucraina stanno piangendo. La guerra sta distruggendo vite umane e città, ma anche cultura, memoria, dialogo.
Nel prossimo episodio esploreremo il tema del rapporto tra cultura e potere.