Le dinastie sono fatte di ripetizioni, sogni, ossessioni, segreti rivelati che scivolano su tappeti antichi. Io sono la città delle querce, prima avamposto, casa di re e d’imperatori, altare della bellezza e di fantasia; sono la Potsdam rinominata “la Roma del Nord”, meta dell’aristocrazia e di piaceri custoditi, sorella vicina della capitale tedesca.
Ma cosa sarei, cos’avrei potuto essere, senza quella dinastia?
Una linea, quella degli Hohenzollern la cui genesi risale al centro d’Europa, nobilitata a conti e margravi prima, poi divisa nei due rami di Svevia e Franconia, e in seguito fondatrice del grande Regno di Prussia.
E io li ricordo arrivare, loro, tanto belli da essere quasi lucenti. Nihil sine Deo, recitava il loro stemma. Nulla senza Dio. Io, Potsdam, lo sentii dire al Re Soldato, mentre lo spiegava al figlio, che sarebbe poi diventato Federico il Grande Re di Prussia, ma che ricordo come un adolescente entusiasta con grandi occhi color del mare. Aveva un obiettivo, Federico, e me lo sussurrava nei sogni, diceva “Potsdam, qui ti manca uno spirito, e io lo inventerò!”.
Era francese nell’animo, ma italiano nel suo desiderio inappagato. La burocrazia reale gli negò di viaggiare e testimoniare con i suoi occhi il Bel Paese, così si rifugiò nei libri, avvicinandosi al Mediterraneo in modo filosofico, letterario, sottile.
Intervista Dott.ssa Franziska Windt: "Federico II non ha mai potuto recarsi personalmente in Italia per farsi un’idea del paese e della sua arte; sviluppò la sua visione sulla base della letteratura che leggeva, per esempio Virgilio e Ovidio. Li lesse quasi esclusivamente in traduzioni francesi. Per l’architettura si è ispirato a incisioni molto note, come quelle di Bianconi o Piranesi."
Quando toccò a Federico II regnare, io, Potsdam, capii subito che le cose stavano cambiando. Egli si affidò al critico d’arte Francesco Algarotti, ospite del re insieme a Voltaire, e, grazie anche al materiale fornito dall’italiano, cominciò una rivoluzione che si trasformò in sogno e ripetizione e ossessione generazionale.
Sanssouci. Senza preoccupazioni. Così Federico nominò il grande parco e il suo castello, fatti costruire, tra il 1745 e il 1747, come residenza estiva e rifugio privato per lui e le sue simpatie, capolavoro di un rococò personalizzato che prendeva ispirazione dalla Francia, dal Rinascimento e dal barocco italiano, fino ad essere eletto, due secoli più tardi, a patrimonio UNESCO; innalzò poi il Palazzo Nuovo, emblema della gloria prussiana, rivoluzionò la Piazza del Mercato Vecchio, modellata sull’architettura romana, e fornì un grande esempio di sincretismo culturale costruendo la Casa Cinese, simbolo della sua passione per il mondo asiatico. E infine, ciò che anch’egli definiva la sua Follia, quella Pinacoteca che racchiude le grandi opere d’arte, luogo di piacere ed educazione.
Poi, come succede a certi colori di occhi particolari, che si muovono tra le generazioni aspettando un degno erede, la sua infatuazione italica venne ripresa dal pronipote, Federico Guglielmo IV, e anche lui sussurrava, “Potsdam Potsdam, io invece ci vado in Italia, ma tornerò, l’assicuro”, e così fece, tornò da me.
Disegnava ovunque trovasse un materiale adatto, che fosse un blocco d’appunti o il piano di un tavolo. Idee, fantasie, progetti e schizzi e bozze. 7000 in tutto. Uno spirito artistico, il suo, tanto da meritare il soprannome di Re Romantico.
E anche lui, dopo i due viaggi in Italia, contribuì a costruzioni solenni, sia nel parco del Sanssouci, con quell’Orangerie ispirata a Villa Pamphili e Villa Borghese, sia su terreni vergini, come nel caso del Castello di Charlottenhof e dei suoi Bagni Romani, il sogno racchiuso all’interno del Belvedere di Pfingstberg e la Chiesa del Redentore.
Alcuni li definirono plagiatori, ma io, Potsdam, ho capito, crescendo insieme alla dinastia, che la loro è stata un’opera lunga secoli, dove regnava l’idea che la bellezza non ha proprietà ma dev’essere ammirata e omaggiata da eclettici stilisti, un’opera figlia della dolce ossessione, poggiata su quei tappeti antichi fatti di sogni, sotto lo sguardo di un’iride che rifletta la luce di questa casata.
Intervista Dott.ssa Franziska Windt: "Un’app creata in collaborazione tra i musei Barberini di Potsdam e Roma, e la Fondazione Palazzi e Giardini Prussiani mostra un percorso nella Potsdam italiana, con architetture modellate su edifici italiani.
La collaborazione è nata con la mostra sul barocco italiano, hanno collaborato i Musei Barberini, tutti e due, perché anche la fondazione dei palazzi e giardini prussiani fa parte di questo influsso italiano, ha partecipato anche lei, la fondazione, così è nata l’app guida, che fa un tour degli edifici italianizzanti attraverso Potsdam."
Intervista a Dott.ssa Franziska Windt, esperta di dipinti della scuola romantica
Potsdam e Sanssouci si trovano all'interno dell'ITINERARIO ATTIVO presente sul sito ufficiale dell'ente turistico tedesco. Consultalo per idee di viaggio alla scoperta dei siti UNESCO della Germania.