Erano giorni incerti e vispi, come lo sono sempre i giorni di trasformazione. Il tempo si muoveva a fisarmonica, alternando giornate che duravano una frase, una conversazione, a momenti dolci e lenti, ripetuti. Erano arrivate molte novità, stavo cambiando volto, ora avevo anche una stazione ferroviaria con il mio nome, Weimar, stampato bianco su blu.
Il tempo dei poeti, quello di Goethe e Schiller, se n’era andato ormai da qualche decennio, ma le loro idee, la loro voglia, il loro segno era rimasto, ancora e sempre accompagnato dalla discendenza della duchessa Anna Amalia. Protagonisti di questi anni sono il pronipote, Carl Alexander, e sua moglie, Sophie. Parlavano spesso, prima di addormentarsi, progettavano, sognavano, immaginavano le mie vie e le mie piazze come un grande salotto, un luogo dove far convergere la nazione intera all’insegna dell’arte e della cultura.
Francesca Müller-Fabbri:
“Vivono un grande momento di trasformazione tecnologica, a metà dell’Ottocento, quando viene creata la ferrovia, la ferrovia collega improvvisamente Weimar a Berlino e a Francoforte sul Meno, e porta un nuovo tipo di turismo, quasi un turismo di massa a Weimar, e questo è legato al progetto del duca Carl Alexander, il nipote di Carl August, che vuole in qualche modo presentare Weimar al mondo come la città forgiata da Goethe, forgiata da Schiller, in un sistema di marketing quasi, legato al Classicismo, e quindi al legame con l’Italia anche; tutto questo non sarebbe stato possibile senza una terza componente, che è quella finanziaria, Sophie von Oranien, la moglie di Carl Alexander, l’unica erede della famiglia Oranien all’epoca, una famiglia che ancora oggi regna nel Nord Europa, e che è una famiglia ricchissima, e quindi grandi capitali finanziari arrivano attraverso di lei a Weimar, e quindi l’insieme delle tre cose, la tecnologia, la volontà politica e anche le possibilità finanziarie fanno sì che Weimar si trasformi in quegli anni”.
Era un momento d’apertura, del grande teatro e dei concerti di Liszt, delle case dei due poeti trasformate in musei, dei parchi Belvedere, Tiefurt ed Ilm aperti al pubblico. Il momento delle migliaia di facce nuove che, attraverso il vapore del treno, uscivano dalla stazione, guardandosi intorno meravigliati. Io, Weimar, ero sorpresa tanto quanto loro, non comprendevo ancora il tutto.
Erano giorni incerti, ma non solo per me. In tutta la nazione c’erano tumulti e grida, era appena finita la grande guerra e i marinai rivoluzionari, in quel novembre, diedero l’ultima spallata all’impero. Stava nascendo la repubblica. Ma una repubblica aveva bisogno di una costituzione. Erano indecisi, molto indecisi sul dove scriverla, e dopo tanto discutere scelsero me, Weimar, una città in crescita, piccola e facile da difendere, dicevano.
Nasceva la Repubblica, e nasceva con il mio nome, la Repubblica di Weimar, e ancora una volta ero sorpresa, lusingata, curiosa di vedere tutti quei politici qui da me, tre mesi filati, giù per le vie con i capi chini, borbottando questo paragrafo o quell’altra sezione.
E tra loro si muoveva un architetto, all’insù però, la testa alta, lo sguardo calmo e la pelle morbida. Passeggiava nella piazza del mercato, dove dal 1600, ogni ottobre, si tiene il famoso mercato delle cipolle di Weimar, osservava le collane appese ai chioschi, ne comprava alcune da portare a casa. Pensava. Il suo nome era Walter Gropius, e lui non borbottava, anzi, parlava forte e chiaro, parlava di una nuova scuola, una nuova casa della costruzione, un laboratorio dove abbattere le mura tra arte, artigianato e industria.
Erano giorni vispi, e Gropius, poco tempo dopo la partenza dei politici, fondò la Bauhaus, l’arte della repubblica.
Francesca Müller-Fabbri:
“Non vuole essere un’accademia, non vuole essere un’università, non vuole essere una struttura piramidale o gerarchica, vuole essere una casa, una comunità dinamica, e questa comunità dinamica costruisce non un’architettura ma una nuova società e una nuova umanità sulla base democratica della Repubblica di Weimar; quindi, il Bauhaus è l’arte della repubblica di Weimar, la geometria più pura, cioè quello allo stato diciamo di base delle forme geometriche di base, deve essere la base di un nuovo Umanesimo, quindi la geometria prende il posto di quello che era il Classicismo per Goethe, un’arte che non può essere nazionalizzata, che non può essere legata solo a una tradizione, non esiste la geometria tedesca o la geometria francese, c’è solo una geometria, e che nella sua purezza può rendere questa nuova umanità, la può portare a un nuovo livello morale, perché appunto dove c’è meno c’è di più, questo è il motto del Bauhaus. Il meno è in realtà la cosa più importante, l’essenziale, riducendo all’essenziale si ritrova questo elemento etico che tutte le avanguardie cercano, e quindi il Bauhaus è veramente l’utopia di una nuova società paritaria che crea un mondo umano a partire dal valore più alto della cultura, cioè dalla geometria, che è poi un’idea dell’ordine divino di nuovo".
Purtroppo, non gli concessero molto tempo, e già pochi anni più tardi, nel 1924, fu costretto a trasferire la sua scuola a Dèssau. Il suo era uno stile nuovo e libertino, di difficile comprensione per quelli che stavano prendendo potere in quel momento, quelli che volevano mantenere, nella città della costituzione, le tradizioni secolari e rigide.
Gli stessi che poi costruirono il Gauforum in centro città e il complesso di Buchenwald appena fuori. Gli stessi che avrebbero voluto rendermi la città modello della nuova era a venire.
I ricordi di quell’epoca, ancora molto freschi, sono tanti. Sono tanti e visibili ancora oggi nelle costruzioni e nei memoriali; osservo i turisti passare, guardare e non capire fino in fondo. Li vedo toccare con mano la pietra, nel cimitero dove sono seppelliti insieme anche Goethe e Schiller, che chissà cosa avrebbero pensato. Mi immagino che ad un certo punto, seduti e abbattuti, si sarebbero alzati e avrebbero reagito, elogiato ancor di più la bellezza del mondo, avrebbero ripreso i loro spettacoli e invitato sempre più gente, da terre lontane e vicine, avrebbero reagito con le loro idee all’insegna della pace e della cultura, i loro bigliettini avrebbero coperto strade e piazze, senza che nessun movimento o vento che sia potesse spostarli, parole che avrebbero risollevato l’uomo.
Weimar si trova all'interno dell'ITINERARIO CULTURALE presente sul sito ufficiale dell'ente turistico tedesco. Consultalo per idee di viaggio alla scoperta dei siti UNESCO della Germania.