Max Gazzé cantava “chi si innamora non deve dirlo a nessuno” ma io questa volta faccio un’eccezione e vi racconto di come mi sono innamorato del Tai Rosso dei Colli Berici. L’occasione è un tour su e giù nell’area collinare compresa tra Monti Lessini, Gambellara e Colli Euganei; una zona di leggeri declivi con un microclima unico per il Veneto, dove trovano naturale benevola accoglienza le uve rosse, grazie a un misto di suoli sedimentari e vulcanici e temperature non proprio nordiche. Scendendo verso sud da Vicenza, non prima di aver ammirato la Basilica Palladiana, entriamo in un territorio che vanta ben due primati: la prima Doc Cabernet Franc e la prima Doc Pinot Grigio d’Italia. In realtà si tratta di due Denominazioni distinte, Colli Berici la prima e Vicenza la seconda, dal 2011 però sono entrambe coordinate e gestite da un Consorzio unico, che ha preso il nome di “Vini Colli Berici Vicenza”.
Concentrandoci sui Colli Berici, anche i dati confermano la supremazia dei vini rossi, che sono circa i due terzi del totale, con più di 1,7 milioni di bottiglie messe in commercio nel 2016 (525 mila invece quelle della Doc Vicenza). Le uve più diffuse sono il Merlot, seguito dal Cabernet Sauvignon e appunto dal Tai Rosso, vitigno autoctono (crasi del nome storico, non più utilizzabile, “Tocai”) ma geneticamente simile al Cannonau sardo così come alla Grenache francese e alla Garnacha spagnola. Tanto che le aziende dell’area partecipano attivamente al concorso “Grenaches du Monde” conquistando spesso e volentieri premi importanti.
Perché mi sono innamorato del Tai Rosso? Perché è un vitigno dal quale si possono ottenere vini diversi ma sempre molto espressivi. La versione tradizionale prevede una raccolta quasi anticipata sulla reale maturazione fenolica, così da dare vini giocati sull’acidità e sulla freschezza piuttosto che sulla concentrazione. Anche il colore ne risente, tanto che non è raro trovare Tai Rosso d’annata quasi color ciliegia, non proprio rosati ma quasi. Si tratta delle versioni forse più tradizionali, quelle – per capirci – che in zona accompagnano da sempre la Sopressa Vicentina DOP e il baccalà alla vicentina. Ma il Tai è capace, appunto, di fare anche qualcosa di più. Lavorato adeguatamente fin dalla vigna, scegliendo magari i suoli calcarei e meglio esposti, si può concentrare e far maturare, ottenendo alla fine un grande rosso da affinamento. In questo caso l’abbinamento diventa più classico, con le carni a lunga cottura, che sposano bene il frutto maturo che rimane una cifra stilistica di questi vini.
Insomma il Tai Rosso come il Verdicchio per i bianchi o la Barbera per i rossi, uve in grado di fornire vini freschi da bere giovani ma anche bottiglie da riporre in cantina. In entrambi i casi senza dimenticare l’origine, ma esaltando le differenze che, evidentemente, queste uve si portano dentro fin dalla nascita.
Ovviamente i Colli Berici non sono solo Tai Rosso, anzi, ci sono Cabernet e Carmenere che meriterebbero uguale spazio, così come alcuni bianchi. Difficile sintetizzare tutto in un solo racconto, per evitare di annoiarvi mi limito a segnalare le aziende e i Tai Rosso che più mi hanno colpito nel bellissimo tour molto ben curato dal Consorzio e da Studio Cru, vissuto in ottima compagnia (che non fa mai male).