“Ogni volta che conosco un italiano, penso alle origini dell’uomo al quale mi sono ispirato”. Mi disse così, stringendomi la mano e guardandomi dritto negli occhi mentre un ampio sorriso illuminava il suo volto rotondo. Muhammad Yunus, fresco premio Nobel, elegantissimo nell’abbigliamento tipico del Bangladesh – camicia e pantaloni ampi, giacca smanicata – continuava a sorprendermi dopo aver demolito, uno dopo l’altro, tutti i miei preconcetti sulle banche. In un’ora e mezza di conferenza, nell’aula magna della EARTH University, in Costa Rica, il fondatore della Grameen Bank (che in bangalese significa “banca del villaggio”) aveva lasciato senza parole la platea formata in gran parte da manager dei maggiori istituti di credito di tutta l’America latina. Dopo trent’anni di attività, questa banca unica al mondo continuava a crescere e a espandersi dal Bangladesh in decine di altri Paesi adottando criteri totalmente controcorrente. Dopo aver snocciolato risultati più che lusinghieri, Yunus riassunse la filosofia del suo istituto rivolgendosi direttamente ai suoi spettatori. “Io ho imparato da voi a fare il banchiere a modo mio. Mi è bastato fare l’esatto contrario di ciò che voi fate da sempre: voi concedete prestiti a imprenditori di successo, io a chi non ha neanche un centesimo. Voi pagate fior di avvocati per recuperare il danaro che non vi restituiscono, io risparmio le spese legali perché i miei clienti onorano puntualmente i loro impegni”.Fin da allora, vent’anni fa, Muhammad Yunus era chiamato “il banchiere dei poveri”. Gli fu conferito il Nobel per la pace, mica per l’economia, perché lui crede, e realizza, business sociale che significa capitalismo più umano. Quando lo ringraziai per l’intervista concessami, mi ricordò ancora quell’uomo che lo aveva ispirato. Ed è di quest’uomo che ti parlo in questo episodio, un banchiere visionario.
Testo e voce: Bepi Costantino
Musica: Andrea Violante
Grafica: Concetta Lorenzo
Suono: Claudio Romanazzi