Versione audio:
René Magritte (1898-1967), pittore belga, è stato uno dei più autorevoli esponenti del Surrealismo. Nel corso della sua fortunata carriera, ha sviluppato una poetica basata sui paradossi, cioè sull’accostamento di realtà il più possibile lontane l’una dall’altra, violando le leggi dell’ordine naturale e sociale. Il tradimento delle immagini e La condizione umana.
Ha creato situazioni impossibili e allo stesso tempo reali e tangibili, bizzarre ma in qualche modo familiari, rese persino “normali” dalla loro magica e poetica assurdità. Con la sua tecnica pittorica fotografica, realizzando atmosfere rarefatte (non aliene dalle esperienze metafisiche di de Chirico), Magritte ha riprodotto le incongruenze di un mondo parallelo, scomposto e ricomposto secondo moduli allucinati.
L’arte di Magritte è fantasiosa, bizzarra, spesso divertente e perfino amabile: certo non è banale, perché sostenuta da presupposti teorici molto puntuali. Le sue immagini spiazzano, non corrispondono alla logica comune, contraddicono ogni aspettativa, e nel fare questo invitano anche a riflettere: soprattutto, mettono in guardia dall’inganno dell’arte, che non è la vita (già di per sé misteriosa) ma solo una sua rappresentazione, soggettiva, opinabile, spesso illusoria. D’altro canto, è tale anche la visione individuale del mondo e dunque la condizione umana. Il tradimento delle immagini e La condizione umana.
Magritte ha sempre voluto mettere in crisi, dipingendo, le certezze del linguaggio e del pensiero. La sua poetica non è stata tanto mirata all’indagine dell’animo umano quanto piuttosto orientata all’evocazione del mistero e dell’irrazionalità che dominano l’universo. Le sue immagini sono tutt’altro che frutto dell’automatismo psichico surrealista ma ci risultano come il risultato di un rigoroso e attento lavoro metodologico, con il quale l’artista ha scrutato il mondo e giudicato l’esistenza. In questo, egli è stato oggettivamente più vicino a de Chirico (il suo vero ispiratore) che a Dalì.
Il tradimento delle immagini
Consideriamo due opere in questo senso molto significative. Il tradimento delle immagini, dipinto da Magritte nel 1928-29 (e riproposto più volte, nell’arco della sua vita, fino al 1966), rappresenta una gigantesca pipa, raffigurata da sola contro uno sfondo uniforme. In basso leggiamo Ceci n’est pas une pipe (dal francese, ‘Questa non è una pipa’), una frase che a un primo impatto sembra completamente assurda. In effetti, è vero che quella non è una pipa “reale”: è solo la sua immagine. Il vero tema affrontato da Magritte in quest’opera non è, insomma, quello dell’illusionismo pittorico, della rappresentazione della realtà, ma quello della natura stessa dell’arte e dei suoi fondamenti logici e linguistici. Il tradimento delle immagini e La condizione umana.
Lo chiarisce bene l’artista medesimo: «La famosa pipa… Me l’hanno tanto rimproverata! E tuttavia… la si può forse caricare, la mia pipa? No, vero, non è altro che un’immagine. Dunque, se avessi scritto sotto il mio quadro: “Questa è una pipa”, avrei mentito!». La pittura non ha nulla a che fare con la realtà, osservava Magritte, ma solo con il pensiero. Le immagini tradiscono: lo enuncia il titolo stesso del quadro. Un assunto che avrebbe fatto molti proseliti, soprattutto tra gli esponenti della cosiddetta Arte Concettuale degli anni Settanta.
Lo sviluppo di un tema
Nella serie delle pipe, l’ultimo dipinto, intitolato I due misteri, sembra chiarire definitivamente l’intento dell’artista: ritroviamo il medesimo oggetto, lo stesso enunciato scritto con uguale calligrafia. A differenza che nelle opere precedenti, però, qui vediamo rappresentate ben due pipe: una è sospesa a mezz’aria, fluttuante nello spazio come il prototipo del 1928; l’altra è dipinta su una lavagna incorniciata e posta su un cavalletto da pittore. Davvero il gioco del confronto fra realtà e finzione è qui reso manifesto tanto da div...