La Mensa Isiaca, nota anche come Tabula Bembina, è uno dei reperti di maggior risonanza storica e culturale conservati presso il Museo Egizio di Torino, ponendosi come fulcro per lo studio del sincretismo religioso in epoca imperiale romana e della storia intellettuale occidentale. Contrariamente ad altri celebri pezzi del museo, la sua importanza non risiede nella sua autenticità faraonica, ma piuttosto nel suo ruolo di ponte culturale.   
Il manufatto, una lastra bronzea riccamente intarsiata, opera storicamente in due distinti ambiti cronologici e interpretativi. Inizialmente, fu un'opera d'arte egittizzante prodotta a Roma tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.. Successivamente, dopo la sua riscoperta nel Rinascimento, divenne un testo criptico fondamentale che alimentò la "frenesia geroglifica" e influenzò profondamente le dottrine ermetiche e esoteriche.   
Il valore storico-culturale della Mensa si rivela, paradossalmente, quasi inversamente proporzionale alla sua autenticità egizia. Essendo realizzata con pseudo-geroglifici non leggibili, la sua natura ambigua e misteriosa ha permesso agli studiosi rinascimentali e barocchi di proiettarvi significati arcani, trasformandola in un catalizzatore di speculazioni errate ma seminali sull'antica sapienza egizia.
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