A Milano piovono assassini, vengono giù dal Duomo come un empio temporale di violenza. La vicenda del pluriomicida Emanuele De Maria, suicidatosi dopo avere ucciso una amante e quasi ucciso un collega, scuote molte code di paglia. Quella della destra di potere, che non porta responsabilità diretta ma dopo quasi tre anni di comando non può continuare a nascondersi, deve assumersi le sue responsabilità visto che aveva promesso se non altro un Paese meno folle, più rispettoso delle regole e se le regole nessuno le fa rispettare la catena risale fino ai vertici che una responsabilità oggettiva, politica ce l’hanno. Poi la coda di paglia del sistema carcerario che non può anche questo continuare a nascondersi dietro la lagna delle carenze, degli organici, delle riforme interne cui vengono demandati “i margini di errore nelle valutazioni” del rischio legale, dei permessi, quando si sa che la concessione della semilibertà è discrezionale, dipende da pareri che maturano dentro patti più o meno confessabili. Vogliamo dire che le istituzioni a vario titolo coinvolte in un fatto così allucinante debbono pure maturare la coscienza di dover rispondere alla cittadinanza, alla società, non possono sempre farne un problema di bottega additando le altre botteghe. Ma la coda di paglia forse più grossa è come spesso accade quella della sinistra onirica che nelle sue rimozioni forzate, nei suoi salti in avanti e salti logici rischia la alienazione.
Questa sinistra oggi mormora o tace davanti al brutale omicidio di un balordo su una donna perché le conviene far finta di niente: se parla, se si rifugia nella retorica femminicidiaria, lascia scoperta la problematica del resinserimento che si risolve, nella sua sensibilità, né più né meno nell’impunità di cui vaneggia Ilaria Salis, et pour cause. Facile predicare finché la realtà dura, feroce non scopre le carte e allora ci si mette a canciare di tutt’altro, in maniera opportunistica a seconda della convenienza tra garantismo e indignazione, tra lo sbandierare e rinnegare le conquiste dello Stato di diritto di tradizione occidentale; ma alla lunga porta alla schizofrenia calcolare se sia più “ultima”, per dire più meritevole, una donna o lo sia un galeotto che aveva già ammazzato una donna, ne ha ammazzata un’altra nove anni dopo, ha cercato di ammazzare un collega, ma vi è stato indotto per via della società, del capitalismo, dei cambiamenti climatici.
Abolire le carceri e le sentenze, cara Salis, cari compagni, come vedete non è sostenibile come non lo è girare attorno al problema. Il garantismo laico è parallelo al perdonismo cattolico, scorciatoie di nessun senso ma dagli esiti socialmente devastanti. Non ci si pente in un attimo, come Bud Spencer/Bambino in “Trinità”, “Bene, sono pentito: e adesso assolvimi!” e non si garantisce ideologicamente un predatore: se pure non vuoi guardare in fondo a quegli occhi fondi, disumani, senza luce, da squalo, che ti suggeriscono inquietanti consapevolezze anche senza scomodare Lombroso, ci devi comunque andare cauto. Un omicida volontario che esce per lavorare dopo neanche sette anni? E che garantismo sarebbe questo, che razza di civiltà giuridica e sociale?
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Nel video il momento in cui Emanuele De Maria aggredisce a coltellate il collega di fronte all’hotel dove lavoravano. Chamila, in quel momento, è già morta.
Chi ha un minimo di pratica di cose giudiziarie sa che il verme è nella mela della riforma che nel 1989 introdusse i cosiddetti riti alternativi, ufficialmente per decongestionare la macchina della Giustizia al collasso: non hanno decongestionato un bel niente, la Giustizia si è ingolfata sempre di più ma in compenso il tasso di impunità sostanziale è salito. Il rito abbreviato è un processo alla svelta, sulla base degli atti, che dà diritto ad uno sconto di pena pari a un terzo; doveva servire su determinate fattispecie ma da subito è servito ad evitare l’ergastolo garantendo un pronto recupero del delinquente. Chi scrive, scrive per esperienza di cronista: ricordo innumerevoli casi, tra i quali quello di un giovane gaudente, un balordo ereditiero di un’azienda di famiglia, girava in Porsche e aveva un’amante più matura che decise un giorno di eliminare: la massacrò a pugni direttamente in auto, le maciullò la faccia, le sbriciolò i denti, quindi, ancora agonizzante, la scaricò nel pozzo della fabbrica dove ogni mattina per giorni andava a gettare dell’acido. Inchiodato dalle indagini, finì per confessare ma scampò un sacrosanto carcere a vita per il patteggiamento del procuratore con l’avvocato difensore, potente come potente era la famiglia. Dopo nemmeno dodici anni era fuori, ancora in sella alla sua Porsche.
Spiegate a lei il permesso premio al killerDe Maria non era un rampollo crudele e vizioso, ma aveva in sé il seme della ferocia e un rito abbreviato lo ha salvato, lo ha reso libero di coltivare ancora quel seme maligno. I risultati si sono visti e lui ha preferito gettarsi dal Duomo non certo in quanto pentito ma perché non resisteva all’idea di tornare dentro, questa volta per non uscirne più. Storia cruda, ma non inedita e se non si comincia a vedere le cose per quelle che sono, è la fine; sarebbe bello conoscere le statistiche, che ci sono ma non le diffondono, delle recidive specifiche per gli assassini passati per il rito abbreviato. Ma se escono quelle, la stessa manovra referendaria della cittadinanza lampo per i migranti a prescindere, senza prudenze di sorta, salta per aria.
Il perdono non è perdonismo, il garantismo va (anzitutto) inteso per i deboli e per chi riga dritto, tutelare un deviante, un criminale non è mai a costo zero, incrementa le vittime, gli inermi, i colleghi, le donne e da riformare c’è molto, checché ne dica la sinistra illusionista, checché ne esiti la destra che volendo durare cammina sulle uova e non vuole o non può decidersi, predilige i tempi lunghi e lunghissimi alla fine dei quali, diceva Keynes, “saremo tutti morti”. Se è vero che per i tre infami stragisti nemmeno ventenni di Monreale (ma sarà ancora lecito definirli per quelli che sono?) sono subito partite in falange le “mamme coraggio” insieme alla città, ai compari, ai vasti strati mafiosi e malavitosi nell’invocare clemenza sul presupposto che quelli, i quali sparando esultavano come in Colombia, si sono già pentiti.
Max Del Papa, 13 maggio 2025
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L'articolo Se il killer è un detenuto, il femminicidio indigna meno (la sinistra) proviene da Nicolaporro.it.