Vi racconto una cosa molto grave a cui i giornali non danno molto peso, perché qui se muore qualcuno in Medio Oriente vale soltanto se si tratta di un bambino palestinese a Gaza o di un militante di Hezbollah o di qualche iraniano. Ieri, come raccontava soltanto l’Avvenire, in una chiesa greco ortodossa a Damasco, e per la seconda volta nel giro di poche settimane, sono arrivati due guerriglieri dell’Isis e hanno ammazzato trenta cristiani.
Trenta cristiani ammazzati in una chiesa fuori Damasco. Quanto interessa questa storia ai giornali italiani? Una ceppa. Zero. Zero. Se sono cristiani ammazzati da musulmani fondamentalisti, ai nostri giornali non gliene fotte nulla. Se invece muoiono 30 musulmani o palestinesi, magari membri di Hamas che hanno compiuto un attentato mostruoso il 7 ottobre, allora ne facciamo una storia incredibile.
Ma guardate che veramente non ha senso. È la seconda volta che ammazzano in una chiesa gente solo perché era andata in chiesa a pregare. A pregare. Possono essere cristiani, possono essere cattolici, possono essere greco ortodossi, induisti. Non mi interessa. Noi facciamo finta di nulla. Sui giornali non appare neanche una brevina, a parte l’Avvenire. È una cosa pazzesca. Pazzesca.
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Cosa è successo a Damasco
Un attentato suicida ha sconvolto la chiesa greco-ortodossa di Sant’Elias, situata nel quartiere di Dwelah, alla periferia di Damasco, nella giornata del 22 giugno 2025. Durante la celebrazione della messa domenicale, un uomo è entrato nella chiesa e ha aperto il fuoco sui fedeli prima di azionare una cintura esplosiva. Il bilancio è tragico: almeno 30 morti, tra cui bambini, e oltre 60 feriti.
I presenti che sono riusciti a salvarsi hanno trovato rifugio tra i banchi e dietro l’iconostasi, ma il panico e la devastazione hanno colpito tutta la comunità cristiana della zona. La chiesa è stata gravemente danneggiata dall’esplosione, con parti dello stabile completamente distrutte e scene di grande angoscia all’interno.
I racconti dei sopravvissuti
Il ministero dell’Interno siriano ha identificato l’attentatore come un affiliato dell’Isis, un’organizzazione che rimane attiva nel Paese nonostante la perdita di potere negli ultimi anni. Tuttavia, scrive l’Ansa che a rivendicare l’attentato è stato un gruppo “non appartenente all’Isis ma formato da ex membri della coalizione militare ora al governo in Siria” La rivendicazione è apparsa sui profili social del gruppo Ansar as-Sunna (I seguaci del sunnismo), una ex costola di Hayat Tahrir ash Sham (Hts), ovvero i “ripuliti” ex terroristi che – guidati da Al Jolani – oggi governano la Siria dopo il colpo di Stato. Secondo quanto riferito, l’uomo è riuscito a entrare nel luogo di culto e ha agito con estrema violenza. Alcune testimonianze raccolte nelle ore successive parlano di urla e spari prima che l’attentatore si facesse esplodere.
Sono emerse storie di grande coraggio, come quella di Geryes e Botros el Bechara. I due uomini hanno tentato inutilmente di fermare il terrorista prima che quest’ultimo innescasse l’esplosivo. Entrambi hanno perso la vita nell’attacco, insieme ad altri membri della loro famiglia, diventando simboli di sacrificio per la comunità colpita.
Il contesto e le conseguenze
Dwelah è un’area mista abitata da cristiani, sunniti e alawiti, e ospita una consistente comunità cristiana. Questo contesto potrebbe aver reso la chiesa di Sant’Elias un obiettivo sensibile per l’attentato. L’attacco ha riportato l’attenzione sul precario equilibrio di sicurezza in Siria, un Paese segnato da anni di guerra civile e dominato ora da tensioni interne ed etniche.
Il ministro dell’Informazione, Hamza Mostafa, ha definito l’attacco come un “vile atto terroristico” e ha promesso misure contro coloro che vogliono destabilizzare la Siria. Anche le autorità religiose locali, tra cui il Patriarcato greco-ortodosso, hanno condannato fortemente il gesto, definendolo un “atto barbaro” e chiedendo maggiore protezione per le comunità cristiane e i luoghi di culto.
Anche la popolazione si è mobilitata per supportare i feriti e le loro famiglie. Donazioni di sangue e gesti di solidarietà si sono moltiplicati nei vari ospedali dove sono ricoverate le persone coinvolte. Intanto, sui social media sono apparsi messaggi minatori rivolti ai cristiani, segno della tensione crescente nel Paese.
Il Papa Leone XIV ha inviato un telegramma alla comunità colpita esprimendo tutto il suo dolore per l’orribile attentato. “Nel raccomandare le anime dei defunti all’amorevole misericordia del nostro Padre Celeste”, si legge nel comunicato, Prevost assicura preghiere e “invoca i doni di consolazione, guarigione e pace dell’Onnipotente sulla nazione”.
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