Ci troviamo ai Fiori Blu, una libreria di quartiere nel cuore del Pigneto, a Roma. Estate. Caldo e le strade del quartiere più vuote del solito. È qui che si è svolto un incontro toccante con Ray Hutcherson, ex medico militare americano, psicologo e fondatore di un importante progetto di riabilitazione carceraria. Dall’incontro è nata un’intervista resa possibile grazie al supporto del socio di Ipse Lab APS, Tommaso, che ha tradotto in simultanea, e a Sasha, coordinatore della parte tecnica di Radio 32. Ray si è presentato con semplicità: vive in Italia da circa sei o sette anni.
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Durante un viaggio sul Cammino di Santiago, ha incontrato una famiglia di Biella – parte della comunità di Santiago – che lo ha accolto con grande calore, consigliandogli di visitare l’Italia.
Da quel momento, Ray si è legato profondamente al territorio e alla cultura italiana, fino a decidere di stabilirsi qui.Una vita tra medicina, psicologia e carcereRay racconta di aver lasciato gli Stati Uniti perché sentiva che il sistema stava diventando sempre più disumanizzante, soprattutto nei confronti delle persone più fragili. Aveva la sensazione che si fosse smesso di aiutare davvero chi ne aveva bisogno. Dopo anni di esperienza in ambito medico e psicologico, ha iniziato a lavorare all’interno delle prigioni statunitensi. Lì ha sviluppato una visione critica del sistema carcerario americano, che spesso accoglie persone già profondamente ferite dalla vita e, invece di curarle, le ferisce ulteriormente.“Freedom to Choose”: un’alternativa possibileIn risposta a questa logica punitiva, Ray ha partecipato, tra i fondatori, al progetto Freedom to Choose, un programma ispirato al pensiero di Viktor Frankl, psichiatra sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti – Ray in particolare fa riferimento al libro “Uno psicologo nei lager”, pubblicato per la prima volta nel 1946 in Austria -. Frankl sosteneva che “all’uomo può essere tolto tutto, tranne una cosa: l’ultima delle libertà umane, la possibilità di scegliere il proprio atteggiamento in ogni determinata situazione”.
Il progetto, nato oltre vent’anni fa in California, è stato avviato nel più grande carcere femminile del mondo, la Valley State Prison for Women di Chowchilla, che ospita 5.000 donne. Nasce dalla richiesta di una detenuta dopo un colloquio privato con lo stesso Ray, durante il quale l’apertura e l’esposizione di vulnerabilità del medico hanno portato finalmente la donna, dopo anni di reclusione, ad affrontare il passato. Da lì, si è esteso progressivamente a tutte le prigioni californiane. L’obiettivo è semplice e rivoluzionario: introdurre atti di gentilezza come strumento di trasformazione personale e collettiva, grazie all’aiuto di numerosi volontari. Un esempio concreto di come un gesto umano possa innescare un processo di guarigione profonda, anche nei contesti più duri.
Un documentario breve su questo progetto, intitolato Freedom to Choose, è disponibile gratuitamente su YouTube, ed è stato selezionato anche al festival di Cannes.Il percorso personale: dalla perdita alla rinascitaRay ha raccontato anche una parte più intima della sua storia. Per anni ha vissuto con una ferita invisibile: il disturbo da stress post-traumatico (PTSD), derivante dalla sua esperienza come medico militare. Durante conflitto in Vietnam, fu inviato in Turchia, dove principalmente diede assistenza durante i parti e si trovò ad affrontare la morte di molti civili, tra cui bambini. La sua giovane età e la mancanza di preparazione lo lasciarono profondamente segnato.
Dopo la guerra, lavorò in un ospedale oncologico e poi per due anni in pronto soccorso, dove assisteva quotidianamente a decessi traumatici di ogni genere. Tutto ciò contribuì a rafforzare la sua convinzione: “non dobbiamo ferire le persone”. Un messaggio che oggi cerca di diffondere attraverso la gentilezza e l’educazione.Una nuova vita in ItaliaNegli Stati Uniti, Ray e la sua famiglia avevano un ranch, dove organizzavano corsi e attività per veterani. Tuttavia, non riuscirono a sostenere economicamente la struttura e, nonostante l’aiuto di persone anche molto influenti come Brad Pitt, furono costretti a venderla. Fu un momento di grande difficoltà, che coincise con la fine del suo matrimonio.In quel momento di crisi, Ray ha deciso che avrebbe dedicato il resto della sua vita a fare il bene. Questo cambiamento è stato possibile anche grazie al riconoscimento ufficiale del suo PTSD, che non solo gli ha garantito un sostegno economico stabile, ma ha anche permesso alla figlia di accedere gratuitamente all’università in California. La strada verso questa consapevolezza non è stata facile: solo dopo anni di resistenze ha accettato l’aiuto terapeutico, spinto anche dall’insistenza di un’amica d’infanzia.Un gesto di gentilezza sul Cammino di SantiagoUn momento simbolico del suo cambiamento è avvenuto durante il Cammino di Santiago. Ray racconta di aver perso tutti i suoi soldi a causa di un errore tecnico bancario e di trovarsi senza nulla, nemmeno da mangiare. Durante una camminata, vide una donna seduta con un uomo, davanti a sé dell’ uva e delle noci. Sapeva che, secondo lo spirito del Cammino, sedersi accanto a loro avrebbe potuto significare ricevere un’offerta di cibo. Così si è seduto…L’incontro che cambia tutto: gentilezza e vulnerabilità sul CamminoRay racconta con emozione il momento in cui, durante il Cammino di Santiago, si è trovato senza soldi e senza un posto dove dormire. Sedutosi accanto ad una donna e ad un uomo che stavano mangiando, ha ricevuto da loro un po’ di cibo e ha poi iniziato a camminare con la donna, che presto si è rivelata non essere la moglie dell’uomo. Lei ha cominciato a insistere per sapere dove Ray avrebbe dormito e mangiato quella notte. Inizialmente, Ray cercava di evitare la domanda per vergogna, ma alla fine ha confessato la verità: non aveva soldi, né un luogo dove stare.
La risposta della donna è stata immediata e disarmante: “Ti do io i soldi”. Un gesto semplice ma rivoluzionario per Ray, che sottolinea come in America una cosa simile non sarebbe mai successa. In seguito, ha incontrato anche il marito della donna e il figlio, un pastore della zona di Biella. Per lui, quell’incontro è stato come vedere degli angeli. È da questo momento che nasce il suo legame profondo con l’Italia e con quella comunità che lo ha accolto senza chiedere nulla in cambio.Dall’America al ranch: l’ipoterapia e il lavoro con i veteraniTornando alla sua esperienza negli Stati Uniti, Ray racconta del ranch vicino all’ oceano che possedeva a Malibù, in California, dove accoglieva veterani di guerra affetti da PTSD (disturbo da stress post-traumatico), provenienti da Iraq e Afghanistan. Collaboravano con un’associazione chiamata Wounded Warriors, e organizzavano sessioni di ippoterapia: giochi e attività con i cavalli pensati per facilitare la comunicazione, la gestione delle emozioni e il rilassamento.Uno degli esercizi prevedeva che tre persone collaborassero: uno dava le istruzioni (la “mente”), gli altri due eseguivano. Tuttavia, essendo militari abituati a risposte rigide e gerarchiche, queste dinamiche spesso si rivelavano complesse e frustranti. Ma un episodio in particolare si è impresso nella memoria di Ray: un giorno, mentre il gruppo lavorava con i cavalli, un branco di balene è passato al largo dell’oceano. Tutti si sono fermati a guardare. È stato un momento di sospensione e meraviglia, di riconnessione profonda con la realtà e con se stessi. I partecipanti scrissero lettere di ringraziamento, come se quelle balene fossero state “chiamate” per guarirli.La storia del soldato filippinoTra i partecipanti al programma c’era anche un soldato filippino, con un bastone d’argento e problemi motori, specializzato nel pilotare e nell’insegnare a pilotare i droni. Nell’ esercito, dal momento che rappresentava un’ importante risorsa che non volevano perdere, era stato precedentemente sottoposto ad elettroshock in seguito ad un esaurimento nervoso Era a pochi mesi dal completamento del suo servizio militare, che gli avrebbe garantito la cittadinanza americana e il diritto di portare la sua famiglia, poverissima, negli Stati Uniti. Ma non ce la faceva più. In lacrime, disse a Ray: “Stiamo uccidendo troppi bambini, troppi civili. Non posso continuare”.