Da che mondo è mondo a Piazza Bologna ci si vede alle poste. Non importa che poi dobbiate andare a prendere l’autobus sulla Nomentana: le poste le conoscono tutti. Quanti baci avranno visto quelle scalinate! Quanti abbracci, saluti, corse per prendere il 62 (soprattutto ora che la fermata è cinque metri più giù su via Ravenna), quante multe per i parcheggi in sosta vietata, quanti attraversamenti lampo per raggiungere la piazzetta senza venire investiti, quanti dribblaggi dei dialogatori che lo sanno che tanto alle poste prima o poi ci devi passare.
Le poste di piazza Bologna sono un edificio strano, da un lato serio e razionalista, con quel decoro a righe orizzontali che non è neppure un decoro vero e proprio, ma quasi un motto: non mi muove nulla, né un cornicione, né una voluta, io semplicemente sto. Eppure quei listelli di travertino della maremma, lavorati uno per uno dagli scalpellini nello studio dell’architetto capo, colorano le onde della facciata di ombreggiature quando vengono illuminati dal sole. Il palazzo delle poste ha quel corpo morbido, curvilineo e quasi flessuoso nella sua massiccia presenza, che lo rende in fondo in fondo simpatico. Lo ideò per la neonata piazza l’architetto Mario Ridolfi nel 1935 e da allora è punto d’incontro per qualunque appuntamento nel quartiere. Certo, prima si affacciava praticamente sulla campagna mentre ora è testimone della movida del sabato sera, un tempo accoglieva le bollette dei nuovi lavoratori della stazione Tiburtina, adesso quelle degli studenti universitari. Molti degli edifici degni di nota del quartiere, le ville, le palazzine e i lotti, sono rimasti legati al ceto sociale per il quale sono state costruite, chi per le classi borghesi, chi per i ricchi, chi per classi popolari. Le poste no. Le poste hanno assistito ai cambiamenti del quartiere rimanendovi al centro e rimanendo patrimonio di tutti gli abitanti della zona. Daje poste! Comunque, ci vediamo lì.
© Guida Verace - A. Muzzioli, F. Gabrielli