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By mineStröm
The podcast currently has 43 episodes available.
Nel suo libro di memorie dal titolo Porn Again, Josh Sabarra racconta del disturbo ossessivo-compulsivo che lo affligge fin da bambino, delle sue ansie e dei disturbi alimentari.
Solo nella seconda parte del libro il Josh sopito e represso della prima parte esce lentamente allo scoperto, e dopo un coming out piuttosto tardivo, le cose iniziano a rodare, pur nelle difficoltà.
Fellow Travelers rientra nel genere narrativo della storia d’amore contrastata, che può avere come esito il lieto fine o la tragedia strappalacrime (finale sofferto, ma generalmente più incisivo). Fin dal primo episodio si imbocca il secondo bivio, dato che la vicenda si snoda su due piani temporali: la rievocazione della storia d’amore tormentata tra Hawk e Tim (iniziata negli anni ’50) e il presente collocato nel 1986 nel quale Tim sta morendo di AIDS. Insomma, il dramma ci è chiaro fin da subito.
Che cosa succede tra gli anni ’50 e il 1986 lo scopriamo di episodio in episodio, tenendo d’occhio i due piani cronologici che si alternano nella narrazione.
Proprio in virtù dell’ampio lasso temporale nel quale si snoda la vicenda, Fellow Travelers finisce anche per essere una storia che rientra nella categoria del “bilancio esistenziale”. E infatti l’ultimo episodio è studiato proprio perché sia possibile tirare le somme delle vite dei due protagonisti.
Filosofia del buddhismo zen, di Byung-Chul Han, è uno studio “comparatistico”, nel quale la filosofia zen viene messa a confronto con il pensiero di alcuni esponenti della filosofia occidentale: Platone, Liebniez, Fichte, Hegel, Schopenhauer, Nietzsche, Heidegger e altri. Come l’autore stesso dichiara, la “comparatistica” viene impiegata come metodo in grado di dischiudere orizzonti di senso.
Uno dei punti di maggiore dibattito è la definizione del “nulla” che, come è noto, rappresenta il concetto centrale del buddhismo. Hegel lo riconduce al fulcro delle religioni monoteiste, equiparandolo a Dio.
Il nulla buddhista rappresenta il nulla, appunto. Non esercita potere o dominio, non è individualità o sostanza. E’ invece un concetto che rimanda all’immanenza: non punta a un remoto là divino; è invece il qui che caratterizza la natura del buddhismo.
In Body Work Melissa Febos parla della sua esperienza di scrivere di sé e del potere che questa pratica narrativa esprime.
Raccontarsi significa mettere in comune il proprio vissuto più intimo, perché possa risuonare nelle storie personali di chi legge; in questa raccolta di saggi Melissa Febos sottolinea come scrivere di sé ci solleciti sui piani emotivo, psicologico e persino fisico.
Body Work è un libro illuminante per chi intende sperimentarsi nella pratica dell’autonarrazione (ma anche dell’autotheory); ci accompagna nel dare una risposta alle domande inevitabili che ci poniamo quando si tratta di raccontarci: quali sono le relazioni più significative della nostra vita? Come si trattano i temi del corpo, del desiderio, del trauma? Come ci si difende dall’accusa di essere centrati su di sé? E, per finire, a chi appartengono le nostre storie più personali?
Insomma, se avete mai pensato di scrivere di voi – in forma di autobiografia, memoria, blog… – questa raccolta di saggi vi verrà sicuramente in aiuto.
Le autrici di questo libro sono prostitute, o sex workers – come loro stesse si definiscono.
Le sex workers sono ovunque, esordiscono Molly Smith e Juno Mac nell’introduzione di Prostitute in rivolta. Sono nostre vicine, le incrociamo per strada, nei bar, al supermercato, nella sala d’aspetto degli ambulatori, in chiesa. Ma si trovano anche nei centri di detenzione per immigrati irregolari, e fuori da questi centri, dove altre sex workers protestano.
Sebbene le sex workers siano ovunque, le persone sanno veramente poco di loro; nella maggior parte dei casi l’idea che si ha delle sex workers è fatta di luoghi comuni carichi di stigma e disprezzo. E’ difficile approcciarsi al tema della prostituzione con uno sguardo oggettivo; solitamente sollecita emozioni profonde e antitetiche. Il pregio di questo libro è quello di essere scritto da due sex workers che presentano il punto di vista di un movimento globale, poco conosciuto, ma che ha il merito di dare voce a chi la prostituzione la esercita ogni giorno.
Ci sono cose che non scompaiono – scrive Byung-Chul Han nel suo libro Topologia della violenza. La violenza è una di queste. La modernità non si distingue per l’avversione alla violenza, Semplicemente la violenza cambia forma costantemente.
Si modifica secondo le caratteristiche della società. Oggi si sta trasformando in una violenza invisibile; sta diventando da frontale a virale, da brutale a mediata, da reale a virtuale, da fisica a psicologica, da negativa a positiva. In questi movimenti può dare l’impressione di scomparire, perché diventa meno visibile, fino a diventare una sola cosa con il suo opposto: la libertà. La violenza efferata sta mutando in una violenza anonima, desoggettivata, sistemica, integrata all’interno della società.
La Psicomagia è una pratica relativamente recente, creata da Alejandro Jodorowsky e può essere definita come un sincretismo e unione di magia popolare, sciamanesimo, arte, psicologia occidentale, misticismo, filosofia, alchimia. Non deve essere tralasciata l’importanza che ha l’intuizione di chi la prescrive.
E’ un intervento performativo, che consente alla parte logica e razionale della nostra mente di entrare in contatto e comunicare con la parte analogica e inconscia.
Teorico e primo ideatore della psicomagia è Alejandro Jodorowsky, che oltre ad essere è un drammaturgo, regista, attore, compositore e scrittore, da anni è anche un assiduo lettore di Tarocchi.
Zachary Zane è uno scrittore, editorialista ed esperto di sesso.
Boy Slut non è solo un libro di memorie, e anche un manifesto nel quale Zachary rivendica la sua libertà a fare sesso, ma soprattutto dichiara il suo impegno nel mettere in discussione lo stigma che accompagna la promiscuità.
Il suo libro è ricco di racconti personali, aneddoti, avventure piccanti, comportamenti spregiudicati, perversioni (proprie e altrui), ma soprattutto è il resoconto di un percorso che Zachary racconta a partire dalla sua famiglia – piuttosto permissiva in fatto di comportamenti sessuali – e dal grave disturbo ossessivo compulsivo del quale ha sofferto fin da piccolo e per molti anni.
Christopher Penczak, autore di Gay Witchcraft, ritiene che la magia sia una pratica estremamente queer.
Il suo libro non è uno strumento di potere, ma di empowerment, e la magia non è altro che un percorso di sviluppo del proprio rapporto con la spiritualità.
Secondo Penczak la ricerca di spiritualità è in crescita all’interno della comunità queer. Molte persone gay e lesbiche si sentono infatti escluse dalla maggior parte delle religioni. Qualcunə ha cercato una riconciliazione, mentre altrə cercano attivamente in un contesto accogliente, dove non sia necessario scendere a compromessi. Si è alla ricerca di messaggi positivi, modelli di riferimento. archetipi del divino, anche facendo riferimento a una cornice storica e mitologica.
Dal punto di vista narrativo, la miniserie The Fall of the House of Usher è molto più articolata del racconto omonimo, del quale però conserva i tratti più caratteristici: Roderick Usher si intrattiene con un visitatore nella casa di famiglia, ormai derelitta; durante la loro conversazione rumori misteriosi e inquietanti arrivano dalla cantina, dove – sia nel racconto che nella serie – Madeline è sepolta viva; l’atmosfera dentro e fuori la casa è lugubre e intrisa di presagi di morte; Rodercik è in preda a disturbi mentali che gli causano irritabilità, allucinazioni
Il racconto di Roderick nella miniserie è imperniato sugli eventi che hanno portato alla morte prematura i suoi sei figli e la nipote.
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