La protagonista, suo malgrado, di questa storia è Lucrezia Dondi dell’Orologio. La notte fra il 15 e il 16 novembre del 1654, Lucrezia fu assassinata a rasoiate nella sua camera da letto del palazzo dove abitava. A Padova si fecero congetture, s’ipotizzarono i nomi dei probabili assassini. Finché proprio al marito venne in mente che a palazzo girava tal Attilio Pavanello, amico di Roberto, il figlio maggiore della coppia. Un delitto passionale, si direbbe oggi, o l’ennesimo femminicidio. Fatto sta che l’uomo venne arrestato ma mai confessò. Come succede anche oggi, ahimè, anche lui dopo pochissimi anni di carcere uscì libero come l’aria: era la mattina del 12 febbraio 1667, vicino a Ponte Corvo, e Attilio finì i suoi giorni terreni trucidato a coltellate e decapitato con una spada da Ferdinando, il figlio minore ormai cresciuto, lo stesso che la notte del delitto fu rinchiuso in una stanza per non averlo come testimone. A questo punto sorge spontanea una domanda: ma se Lucrezia è morta a Padova, che ci fa il suo fantasma nel castello di Battaglia Terme? Ebbene, dopo il delitto tutte le sue cose, dai gioielli agli abiti, compreso un pezzo del pavimento con ancora tracce del suo sangue della camera dove fu uccisa, vennero portati in quel castello, fatto costruire dal suocero. Qui si dice che vaghi il fantasma di una donna bellissima, vestita di azzurro, che si affaccia dalle finestre dell’ultimo piano del maniero.
© Editoriale Programma - Alessandra Artale