Durante il periodo Covid, in almeno due occasioni, sono stati imposti trattamenti sanitari obbligatori per persone (in un caso anche un minorenne) che si sono rifiutate di rispettare le regole vigenti come lockdown o mascherine. Più di recente è emersa la clamorosa vicenda di Enrico Gianini, noto divulgatore sulla geoingegneria recluso in una REMS (un ex manicomio criminale): un trattamento sproporzionato secondo i suoi sostenitori.
Negli ultimi mesi è arrivata notizia dalla Germania dell'apertura di un servizio di consulenza per le persone ritenute “complottiste”. Intanto, la “salute mentale” è diventata un campo che attira interesse e investimenti, ma la direzione degli ultimi interventi normativi proposti non sembra andare verso un miglioramento della condizione di chi viene sottoposto a TSO. Al contrario, la psichiatria rischia di diventare sempre più un'arma nelle mani di chi esercita il potere per reprimere il dissenso. Una situazione non nuova: in varie occasioni, nella storia, le diagnosi di malattie mentali sono state utilizzate per reprimere ribellioni e proteste. E anche oggi, durante i trattamenti psichiatrici coericitivi, i diritti umani vengono calpestati in nome di una presunta pericolosità sociale di chi vi è sottoposto. Ce lo ha spiegato, in questa intervista esclusiva per Byoblu, Alberto Brugnettini, vicepresidente del Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani