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3. La stipe interna
Le prime presenze umane nelle Grotte di Pertosa-Auletta, inizialmente, sono state determinate da necessità pratiche: l’abbondanza delle acque sotterranee offriva all’uomo diverse funzioni utili e portava molteplici vantaggi. Tuttavia, col passar del tempo, e in particolar modo durante la tarda età protostorica, gli studiosi hanno colto segnali di una possibile evoluzione in senso sacrale dell’utilizzo della cavità. Ciò è emerso in seguito alla scoperta della cosiddetta “stipe interna”, un deposito di vasi di ridotte dimensioni accumulati in un’area profonda della condotta d’ingresso.Il luogo di rinvenimento, in forte penombra, è caratterizzato dal graduale passaggio dalla piena luce diurna alla completa oscurità sotterranea. Qui trecento vasi in miniatura erano impilati dentro anfratti presenti nella parete rocciosa oppure deposti sotto un grande macigno al suolo. La particolare collocazione del deposito , situato nella parte più remota dell’atrio d’accesso, testimonia come gli uomini antichi praticassero culti nella cavità. Probabilmente i vasetti miniaturistici erano introdotti nella grotta nell’ambito di un rituale religioso che prevedeva infine l’abbandono in loco degli stessi, come se fossero veri e propri ex voto.Tale importante scoperta è stata valorizzata nel Museo MIdA 01 mediante la ricostruzione della stipe in scala reale, che misura 4 metri e mezzo di lato e 2 metri e 80 di altezza. Nella rocciosa cavità, sulla sinistra, è raffigurato un uomo di spalle, leggermente inclinato in avanti perché intento a collocare un piccolo vaso dentro una frattura nella roccia. Intorno, le luci e le ombre ci rivelano l’aspetto dell’area votiva: nelle piccole cavità della parete e delle rocce al suolo sono presenti diverse decine di vasi in miniatura.
Adesso, ci spostiamo al centro della parete sinistra della sala, dove è presente una teca con all’interno un diorama delle grotte.