𝐋𝐀 𝐌𝐔𝐒𝐈𝐂𝐀 𝐂𝐎𝐌𝐄 𝐏𝐑𝐀𝐓𝐈𝐂𝐀 𝐃𝐄𝐋𝐋'𝐈𝐌𝐏𝐎𝐒𝐒𝐈𝐁𝐈𝐋𝐄 - Monografie oltre ai generi
𝗕𝗲𝘆𝗼𝗻𝗱 𝘁𝗵𝗲 𝘀𝘂𝗻𝘀 - 𝗧𝗶𝗺 𝗕𝘂𝗰𝗸𝗹𝗲𝘆, 𝗹𝗮 𝘃𝗼𝗰𝗲 𝗲 𝗹𝗮 𝗿𝗲𝗱𝗲𝗻𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲
In seguito al capitolo sul compositore italiano Franco Donatoni (disponibile qui: bit.ly/mcpdi-donatoni), questa volta, nella tradizione del programma che alterna figure della musica classica contemporanea ad autori e autrici pop, ecco la nuova puntata de la Musica come Pratica dell’Impossibile dedicata a Tim Buckley.
È la voce di Michele Selva a condurci alla scoperta della musica e dei testi dell’artista americano nato a Washington ma trasferitosi giovanissimo nella calda California, luogo in cui muoverà i primi passi tra cover band e collaborazioni entrando in contatto con il genere folk; l’incontro poi con Lerry Beckett e altri musicisti della scena popular lo porteranno invece ad una prima ribalta sui palcoscenici della scena di Los Angeles. Arrivò poi la paternità, quella che riguarda il figlio Jeff, con il quale condividerà lo stesso sorriso, il destino beffardo ma anche e soprattutto una voce inimitabile.
I primi contatti con il manager Herb Cohen e il produttore Paul Rotchild, lo condussero all'Elektra Records, dove nel 1966, pubblicò l'album di debutto dall’omonimo titolo, "Tim Buckley”; negli anni successivi arriveranno anche “Goodbye & Hello” (1967) e a chiudere il decennio “Happy Sad” e lo stupendo “Blue Afternoon” (1969).
Tim non ebbe un riscontro particolarmente fortunato dal punto di vista commerciale, dovuto anche ad un rapporto complicato con quella critica musicale che si accorse troppo tardi di lui, un elemento questo che gli procurò una forte depressione e il conseguente abuso di droghe e alcool fino alla prematura scomparsa all’età di 28 anni.
Tuttavia, la sua voce intrisa di affascinante malinconia e di un’enorme espressività lo ha portato ad essere considerato come uno dei più geniali ed innovativi cantautori della storia del rock.
Un programma a cura di Michele Selva
Regia di Alessandro Renzi