Share Storie di videogame
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By Andrea Porta
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La storia dello sviluppo di The Secret of Monkey Island entra nel vivo nella seconda puntata. Con un Ron Gilbert in piena crisi creativa, a dargli una spinta nella giusta direzione ci pensano una pausa forzata per occuparsi di tutt'altro e un libro dal titolo Mari Stregati. Forte di un protagonista e di un antagonista che finalmente funzionano, Ron ha solo bisogno di una vera squadra di sceneggiatori per partire. Nascono così gli "scummlets", le nuove reclute destinate a imparare a programmare con uno SCUMM sempre più snello e completo. Tim Schafer e Dave Grossman, all'epoca ventenni e senza nessuna esperienza lavorativa, si presentano allo Skywalker Ranch come una scolaresca in visita, e ben presto si trovano catapultati nell'assurdo mondo di pirateria e nonsense partorito dalla mente di Ron. Da qui è tutto un susseguirsi di inaspettate intuizioni e colpi di genio, mentre al Ranch arriva anche un certo Michael Land, pronto a mettere la sua esperienza di compositore al servizio dei temi caraibici richiesti da Ron. E proprio quando le cose sembrano andare per il meglio, LucasFilm Games si trasforma velocemente in LucasArts, e tutto cambia. Tutto questo e molto altro nella seconda e ultima puntata della storia dello sviluppo di The Secret of Monkey Island.
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La storia dello sviluppo di The Secret of Monkey Island, una delle avventure grafiche più amate e celebrate di sempre, ha radici profonde e comincia quando il suo ideatore è ancora un ragazzino. Senza il successo di Star Wars e tutto quello che ne è conseguito, non solo Ron Gilbert non avrebbe probabilmente intrapreso una carriera in campo creativo, ma non avrebbe nemmeno avuto occasione di approdare in uno dei luoghi di lavoro più incredibili al mondo. In quegli anni di assoluto splendore di LucasFilm lo Skywalker Ranch è davvero un'utopia, ed è anche grazie alle sue caratteristiche straordinarie e all'unicità delle persone che lo popolano che si crea una magica atmosfera dove non solo la creatività fiorisce, ma la libertà decisionale è quasi assoluta. Eppure, la rotta verso l'isola delle scimmie è come di consueto tutt'altro che lineare e prevedibile, ed è destinata ad incrociare mari tempestosi. Tutto questo e molto altro nella prima puntata della storia dello sviluppo di The Secret of Monkey Island.
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Con la seconda puntata dedicata alla storia dello sviluppo di Doom, entriamo nel vivo delle vicende di John Romero e John Carmack. Ormai stabilita nel nuovo quartier generale a Mesquite, Texas, id Software si approccia per la prima volta allo sviluppo di un gioco che sente completamente "suo", senza limiti di tempo o imposizioni di altro genere, e fermamente intenzionata a pubblicarsi in maniera totalmente indipendente. La magia scaturita dall'incontro dei due John raggiunge il suo apice, facendo succedere cose incredibili nello spazio di pochi mesi, al punto che per comprendere a fondo l'impatto del loro lavoro occorreranno anni, se non decenni. Allo stesso tempo, l'azienda inevitabilmente matura, e quella che era partita come l'avventura di un gruppo di persone mosse dalle stesse passioni e dalla determinazione nell'avere successo, diventa a tutti gli effetti un business milionario, con le conseguenze del caso. Tutto questo e molto altro nella seconda puntata della storia dello sviluppo di Doom.
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Non sempre i momenti rivoluzionari sono spettacolari, plateali, anche solo memorabili. Il 20 settembre del 1990 l'industria del videogame è cambiata per sempre, eppure nessuno se n'è accorto, perlomeno non per diversi altri anni. In un angolo sperduto della Louisiana, un programmatore ventitreenne di nome John quel giorno ha avviato un floppy disk e ha deciso che i suoi contenuti erano molto più di un traguardo tecnologico. Eppure la nostra storia comincia molto prima, con due John che per una serie di coincidenze si incontrano e fanno scattare una magia irripetibile, che nulla può fermare. Insieme attraverseranno stati su stati, sfideranno tempeste e tormente di neve, trafugheranno PC di notte, lavoreranno senza sosta, uno per puro amore del codice, l'altro per l'irresistibile voglia di diventare milionario creando videogame leggendari. Questa non è solo la storia dello sviluppo di Doom. È anche, e soprattutto, l'incredibile storia di John Romero e John Carmack.
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Nella terza e ultima parte della storia dello sviluppo di The Legend of Zelda chiudiamo un cerchio aperto da oltre trent'anni, con la visione originale di Miyamoto che si compie, finalmente, solo grazie all'aiuto e al contributo di moltissimi altri creativi, ma non solo. Sono a volte le coincidenze, altre volte i passi falsi, e ancora le intuizioni geniali, i contrasti, a rendere possibile un capitolo tanto ricco e capace di lasciare un segno indelebile nell'industria del videogame. Quella caverna trovata per caso da un piccolo Shigeru Miyamoto rappresenta perfettamente i proverbiali sassolini che danno inizio ad una valanga, che ha acquistato forza e convinzione anche e soprattutto grazie alla straordinaria fonte d'ispirazione che è stata e continua ad essere per ogni creativo che abbia avuto il privilegio di contribuire ad essa.
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La storia dello sviluppo di The Legend of Zelda prosegue con un fondamentale ingresso nel team: Eiji Aonuma è stato assunto da Miyamoto già da diversi anni, ma proprio il passaggio alle tre dimensioni rende necessario il suo apporto molto particolare e specifico al design delle ambientazioni. Ancora una volta, sebbene il suo creatore mantenga saldamente le redini del progetto, a permettere l'evoluzione delle avventure di Link è in realtà un grande lavoro di squadra. Ocarina of Time è un tale successo da diventare anche un problema, soprattutto per un'azienda molto attenta agli investimenti quale è Nintendo: proprio per questo, la strategia adottata successivamente può sorprendere, eppure è perfettamente in linea con la mentalità dell'azienda di Kyoto, destinata a distanziarsi sempre di più dalle logiche dei principali competitor. Tra crisi d'identità e di settore, The Legend of Zelda attraversa profonde trasformazioni, e il percorso per arrivare ai giorni nostri è ancora molto lungo e imprevedibile. Tutto questo, e molto altro, nella seconda parte della storia dello sviluppo di The Legend of Zelda.
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La storia dello sviluppo di The Legend of Zelda comincia, non a caso, con una "leggenda nella leggenda", la cui veridicità è stata messa alla prova nel corso degli anni. A prescindere, il mito della caverna ci aiuta a comprendere meglio l'infanzia molto particolare di Shigeru Miyamoto, e mette in una prospettiva particolare la sua immensa opera. The Legend of Zelda è figlio di un'era di pura sperimentazione, e come tale fatica soprattutto all'inizio a identificare i suoi elementi fondanti. Eppure, con l'enorme contributo di altre giovani reclute di Nintendo, Shigeru arriva infine a canonizzare gli aspetti distintivi di una saga che ancora oggi mantiene assolutamente chiara e ferma la sua missione: dare al giocatore la sensazione più pura del concetto di "andare all'avventura". Non mancano naturalmente imprevisti, colpi di scena e ispirazioni inattese (qualcuno ha detto Twin Peaks?). Tutto questo e molto altro nella prima puntata dedicata alla storia dello sviluppo di The Legend of Zelda.
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La storia dello sviluppo di Fallout continua in questo secondo episodio. Con Tim Cain e Leonard Boyarski fuori dai giochi, tocca a Fergus Urquhart l'ingrato compito di consegnare in meno di un anno un seguito migliore e più ricco di contenuti. Un'impresa quasi impossibile, che viene coronata solo ed esclusivamente con grandissima tenacia e togliendo risorse ad altri progetti di Black Isle Studio. Pur non privo di difetti (e di clamorosi bug), Fallout 2 è un piccolo miracolo. E proprio qui le cose cominciano a farsi interessanti: un Fallout 3 viene messo in produzione con il nome in codice Van Buren, ma il suo destino è legato a doppio filo allo stato sempre più precario delle finanze di Interplay. E proprio nell'ora più buia, a intervenire sarà Bethesda Softworks, grazie soprattutto alla convinzione di Todd Howard, che da sempre è un grande ammiratore del lavoro di Cain e Boyarski. Da qui in avanti, entriamo nell'era moderna di Fallout, ma sorprese e colpi di scena non mancheranno.
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La fama globale della saga di Fallout è arrivata in un certo senso tardi, con un terzo capitolo sviluppato da ben altre mani rispetto a quelle che hanno plasmato la sua incarnazione originale. La storia dello sviluppo di Fallout è in realtà molto più complessa di quanto si possa immaginare, e comincia, ben prima dell'era Bethesda, in maniera quasi casuale, quando un programmatore ventinovenne di nome Timothy Cain inizia a sviluppare in solitaria un progetto ancora senza nome né forma basato su un celebre set di regole per giochi di ruolo carta e penna, GURPS. Per nulla intenzionato a lasciarsi sfuggire l'occasione di mettere la propria firma su un gioco, eppure consapevole di come in Interplay al momento vi siano progetti ben più promettenti, Tim applica una particolare tattica per attirare i colleghi. Ogni sera, verso l'orario di fine lavori, lascia nella sala riunioni una scatola di pizza e man mano incuriosisce sempre più persone relativamente alla sua creatura. Peccato che al tempo si tratti semplicemente di un generico gioco di ruolo fantasy, un genere talmente abusato alla fine degli anni '90 da non avere alcuna speranza di sopravvivenza. E questo è solo l'inizio: per tutta la sua lunga gestazione, quello che solo molto tempo dopo verrà identificato come Fallout sarà costantemente a rischio cancellazione, e dovrà lottare per garantirsi le risorse necessarie a vedere la luce.
Tutto questo, e molto altro, nella storia dello sviluppo di Fallout.
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