Titolo dell’episodio “Conversione del permesso per protezione speciale: il TAR Sicilia chiarisce quando spetta il diritto” Testo dell’episodio Buongiorno, sono l’avvocato Fabio Loscerbo e questo è un nuovo episodio del podcast Diritto dell’Immigrazione. Oggi analizziamo una decisione particolarmente rilevante, pubblicata il ventuno novembre duemilaventicinque dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Terza. Si tratta del giudizio avente numero di registro generale ottocentocinquantuno del duemilaventicinque, che ha riguardato il rigetto, da parte della Questura di Palermo, dell’istanza di conversione del permesso di soggiorno per protezione speciale in un permesso per lavoro subordinato. Il caso presenta una dinamica che purtroppo molti cittadini stranieri stanno vivendo negli ultimi mesi. Il ricorrente aveva ottenuto la protezione speciale in seguito a un decreto giurisdizionale dell’otto maggio duemilaventitre, con cui il Tribunale di Palermo aveva riconosciuto la rilevanza del suo percorso di integrazione sociale e lavorativa, affermando che l’allontanamento dal territorio nazionale avrebbe comportato una lesione ingiustificabile della sua vita privata e familiare. In applicazione di quel provvedimento, la Questura aveva rilasciato un permesso biennale. Successivamente, nell’agosto duemilaventiquattro, lo straniero aveva sottoscritto un contratto di lavoro a tempo indeterminato come collaboratore domestico, e a ottobre dello stesso anno aveva presentato l’istanza di conversione del titolo. La Questura l’aveva respinta sostenendo che, poiché la protezione speciale era stata riconosciuta in un giudizio relativo alla protezione internazionale e non nell’ambito di un’istanza di protezione speciale presentata prima del cinque maggio duemilaventitre, non si sarebbe potuto applicare il regime transitorio dell’articolo sette del decreto legge venti del duemilaventitre. È qui che interviene la sentenza del TAR Sicilia, con un chiarimento di estrema importanza operativa. Il Collegio afferma infatti che la Questura ha applicato una lettura eccessivamente restrittiva del regime transitorio. Il punto centrale è questo: la disciplina intertemporale introdotta dall’articolo sette del decreto legge venti del duemilaventitre non distingue affatto in base alla procedura con cui la protezione speciale è stata riconosciuta. L’unico elemento determinante è che l’istanza di protezione speciale sia stata presentata prima del cinque maggio duemilaventitre e che il successivo diniego dell’amministrazione sia stato dichiarato illegittimo da un’autorità giudiziaria. Il Tribunale richiama espressamente il parere dell’Avvocatura Generale dello Stato, secondo cui la possibilità di conversione riguarda tutti i permessi per protezione speciale riconosciuti in giudizio, indipendentemente dal fatto che fossero stati richiesti ex articolo diciannove del Testo Unico Immigrazione o ex articolo trentadue, comma tre, del decreto legislativo venticinque del duemilaotto. Non possono esistere due categorie di protezione speciale, una convertibile e una no: i presupposti normativi sono identici. Il TAR riporta anche un passaggio significativo della giurisprudenza amministrativa, che sottolinea testualmente che “la legge ha posto come sbarramento temporale, ai fini della convertibilità del titolo, unicamente quello della data di presentazione dell’istanza di protezione speciale, e non altri”. In altre parole, la Questura non può aggiungere condizioni ulteriori non previste dalla norma. Questa impostazione, coerente con le pronunce del Consiglio di Stato e di altri Tribunali Amministrativi Regionali, porta il Collegio siciliano ad annullare il diniego e a riconoscere il diritto dello straniero alla conversione del titolo, confermando anche l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, già concessa in fase cautelare. Dal punto di vista applicativo, questa decisione assume un valore rilevante perché consolida un orientamento ormai stabile: chi ha presentato l’istanza di protezione speciale prima del cinque maggio duemilaventitre, ed è stato costretto a rivolgersi al Tribunale per vedere riconosciuto il proprio diritto, mantiene la facoltà di convertire quel permesso in titolo per lavoro, purché naturalmente esista un rapporto di lavoro regolare. Non si tratta soltanto di un tecnicismo interpretativo. È una pronuncia che tutela concretamente i percorsi di integrazione avanzati, impedendo che l’inerzia dell’amministrazione o la durata del giudizio finiscano per penalizzare proprio lo straniero che ha agito nel rispetto delle norme vigenti al momento della domanda. La giurisprudenza amministrativa, ancora una volta, interviene per riportare coerenza nel sistema e per evitare disparità di trattamento non giustificate. E questo episodio ci conferma quanto sia fondamentale, per i cittadini stranieri, monitorare con attenzione il contenuto dei provvedimenti, perché una lettura formalistica rischia di sacrificare diritti che l’ordinamento invece riconosce espressamente. Con questo si conclude il nostro approfondimento di oggi. Io sono l’avvocato Fabio Loscerbo e ti ringrazio per aver seguito questo nuovo episodio del podcast Diritto dell’Immigrazione. Ci ritroviamo presto con un’altra decisione significativa da analizzare insieme.