Dopo la morte di Costantino la storia dell'impero romano segna il fallimento del grande progetto riformatore del fondatore della nuova Roma. In primo luogo problemi di successione dinastica, con l'impero che dapprima è una triarchia e, per lo spazio del decennio degli anni '40 del IV secolo, nuovamente una diarchia, con i figli di Costantino, Costante e Costanzo II nel ruolo di Augusti d'occidente e d'oriente. La svolta nell'equilibrio politico dell'impero avvenne in Gallia, ormai periferia dell'impero esposta sempre più alle incursioni barbare, dove l'usurpatore Magnenzio diede il via alla serie di eventi che portarono Costanzo II ad essere l'unico imperatore. Costretto dalla contingenza a nominare un Cesare, Costanzo lo trovò negli ultimi parenti rimasti: prima il cugino Gallo, presto fatto decapitare, e successivamente Giuliano. Quest'ultimo ebbe l'abilità di far crescere la sua popolarità e, appena prima che Costanzo gli potesse muovere guerra, rimase l'unico Augusto a causa della morte del cugino. Giuliano, passato agli annali come l'apostasa, mise in atto una politica di restaurazione del paganesimo a discapito della religione cristiana. I cristiani e la Chiesa vennero progressivamente privati dei privilegi concessigli da Costantino e esclusi dalla vita pubblica dello Stato. Il progetto di restaurazione pagana, fuori tempo massimo, venne tuttavia interrotto dalla prematura morte dell'imperatore, colpito da una freccia nel 363, in occasione della ripresa delle ostilità contro i Parti. Mentre l'impero si perdeva nelle questioni religiose (cristiani contro pagani, niceni contro ariani) la pressione delle tribù barbare stanziate oltre il confine renano-danubiano, a causa della spinta degli Unni, giunti dalla profondità delle steppe eurasiatiche, determinò l'inizio della fine. Per fronteggiare i barbari, l'impero, ormai da tempo in preda ad una crisi prima di tutto demografica, si risolse ad adottare una politica migratoria che prevedeva la concessione dello stanziamento a quelle tribù barbariche che accettassero di combattere nell'esercito romano. Nel 376, Valente, imperatore d'oriente, concesse questo privilegio ai Visigoti che a decine di migliaia guadarono il Danubio per stabilirsi in Tracia. Poco dopo, tuttavia, i Visigoti, privi di risorse per vivere a causa della miopia dell'impero, si ribellarono, tornando a compiere razzie nel territorio dell'impero. Nel 378 si giunse allo scontro decisivo presso Adrianopoli. Qui, l'esercito romano venne spazzato via dai Visigoti; l'imperatore Valente ucciso sul campo di battaglia. La disfatta di Adrianopoli segna ufficialmente l'inizio delle invasioni barbariche, rappresentando la data dopo la quale i barbari non avrebbero di fatto più abbandonato il territorio dell'impero romano d'occidente.