Dopo la morte di Vespasiano, il principio dinastico da questi riaffermato, portò al poter il figlio Tito, da anni ormai addestrato nelle pratiche di governo. Famoso per aver condotto a termine la guerra giudaica con la presa e la distruzione di Gerusalemme, secondo le fonti, Tito si era distinto per una gioventù dissoluta, libertina, lussuosa e arrogante, ma, una volta salito al potere, aveva saputo modificare profondamente il suo carattere, tanto da meritarsi la descrizione svetoniana di "amor ac deliciae generis humani". Il suo breve regno fu tuttavia caratterizzato da alcuni eventi catastrofici: un incendio e un'epidemia colpirono Roma rispettivamente nel 79 e nell'81, e in queste occasioni Tito diede prova di grande umanità e talento amministrativo. Ma l'evento più significativo fu l'eruzione del Vesuvio del 2 agosto 79. Fra le diverse ricostruzioni possibili della vicenda, abbiano scelto di dare voce all'osservazione suicida compiuta, per amore della scienza, da Plinio il Vecchio, che possiamo leggere in una lettera a Tacito del nipote Plinio il Giovane. Dopo poco più di due anni regno, tuttavia, Tito si ammalò e morì in breve tempo. Il principio dinastico, che aveva dato a Roma un ottimo governante, portò al soglio imperiale un altro figlio di Vespasiano, Domiziano. Così come per Tiberio, Domiziano sconta la profonda ostilità riservatagli dalla storiografia senatoria e da Tacito, che sedeva in Senato proprio in quegli anni. I moderni hanno tuttavia riabilitato le qualità amministrative di Domiziano, che nei suoi anni di regno si distinse per una grande attenzione all'economia e alla politica delle province, ebbe sempre la fedeltà delle forze armate, e ottenne diversi risultati in politica estera con l'estensione del territorio britannico e germanico sotto il controllo romano. I problemi emersero dopo i primi 5/6 a