Il nemo propheta in patria vale anche per Oreste Calabresi. Lunedì scorso a Lecco, dove trovavasi con la propria Compagnia Drammatica «Calabresi-Sabatini-Ferrero» e dopo la consueta rappresentazione al Teatro Sociale, spirava, colpito da apoplessia, il grande attore, nostro concittadino, Oreste Calabresi. Oreste Calabresi, celebre in tutta Italia, godeva di una particolare predilezione da parte del pubblico di Roma, che lo riteneva un suo figlio. In realtà la famiglia Calabresi era di Macerata, dove Oreste era nato il 7 maggio 1857; e solo in seguito a rovesci di fortuna essa si era trasferita in Roma alcuni anni più tardi, essendo Oreste ancor ragazzo. Di Roma egli prese subito il bell'accento energico e virile; e in Roma, ch'era allora la città delle filodrammatiche, mosse i primi passi nell'arte sua. La filodrammatica "Pietro Cossa" era diretta in quel tempo dal vecchio dilettante Eugenio Gerbino, notissimo alla buona società romana dell'epoca: il Calabresi vi fu accolto. Di lì uscì alla ribalta sui pubblici teatri. Prima come amoroso con lo Stenterello Mori a Pitigliano; poi generico primario con Regoli e Cappelli, con Cuneo e Villa, con Lollio, con Alessandro Salvini, con Ernesto Rossi e Tommaso Salvini. La sua maschia e schietta figura, il suo accento vigoroso scuotevano le folle: quando morì il Vestri che recitava con la Marini, Calabresi fu invitato a sostituirlo, e al suo posto restò cinque anni. Da allora il Calabresi fu tra le prime figure del nostro teatro comico. Il suo nome figurò accanto a quello dei più illustri attori: Paladini e Zampieri, Claudio Leigheb e Virginia Reiter, ecc. ecc., finchè, essendosi la sua figura fisica inquadrata con l'età, egli passò al ruolo di caratterista che tenne con grande onore nell'ultima buona Compagnia italiana, la Talli-Gramatica-Calabresi, dove incarnò stupendamente Lazzaro di Roio nella Figlia di Jorio, e in altre successive di cui fu proprietario e capocomico. Da anni era malato, e senza speranza di scampo. Pure, non abbandonava il palcoscenico; dove ancora gli accadeva di riaffermarsi, nei momenti felici, con l'antica genialità. A Macerata vi fu con la sua primaria compagnia di cui facevano parte la Mariani ed il Biagi circa 14 anni or sono, ma ebbe dai suoi concittadini ben poche soddisfazioni; e dopo due o tre recite al Politeama Marchetti abbandonò la piazza. Tornò a tempo dell'esposizione, ma ben pochi conoscevano l'illustre attore e la sua modestia era tale che non amava certo cercare ammirazioni e plausi se non spontaneamente tributategli. La sua visita passò quindi inosservata. Il Sindaco ing. Amodei ha inviato oggi alla sig.ra Celestina Calabresi il seguente telegramma: <