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Nel terzo episodio di Percorsi, Domitilla Ferrari e Anisa Harizaj affrontano il tema della rivoluzione digitale e del suo impatto sull’economia e sulla vita quotidiana. La digital economy si basa su tecnologie informatiche, Internet e telecomunicazioni per la produzione, distribuzione e consumo di beni e servizi. Ecco perché i ritardi dell'Italia rispetto ad altri Paesi europei in termini di diffusione della banda larga e del 5G sono piuttosto importnati, ma per fortuna gli investimenti del PNRR stiano colmando il divario.
La conversazione si concentra poi sull'importanza dell'e-commerce, che nel 2023 ha raggiunto un valore di 45 miliardi di euro solo in Italia. La pandemia ha accelerato questa tendenza, e le imprese, soprattutto le piccole e medie, si stanno digitalizzando per rimanere competitive. Il discorso si sposta poi sul confronto con i colossi globali della digital economy, come le Big Tech americane, e sul loro impatto economico.
L'episodio include un'analisi del fallimento di Kodak, un tempo leader del mercato fotografico, che non seppe adattarsi all’avvento del digitale. A seguire, l'intervista a Roberta Bonzano, CEO di Oryza, che racconta una storia di successo: come un’azienda agricola del Vercellese ha abbracciato la digitalizzazione per espandersi a livello internazionale.
L’episodio si chiude con una riflessione sull’importanza di accogliere il cambiamento e innovare continuamente per mantenere competitività e rilevanza nel mondo moderno.
Daniela Collu è autrice, podcaster, influencer. Nata in una famiglia in cui non c’erano soldi, ha iniziato a lavorare quando aveva 15 anni e ha capito fin da subito che “il salario” era la sua libertà. Nonostante ciò, ha faticato come tutti a darsi un valore. Trovato un posto fisso ai Musei del Comune di Roma, se l’è tenuto stretto finché l’attività di autrice è diventata così intensa da poter osare le dimissioni. Per spingerla al grande passo c’è voluta una psicanalista che le ha detto: «Stampa i tuoi estratti conto e renditi conto che quei soldi li hai guadagnati tu». E per imparare a farsi pagare il giusto, c’è voluta un’agente che sapeva dare un valore alle sue competenze. «Questo valore io l’ho capito nel tempo anche vedendo quanto venivano pagati quelli che erano peggio di me. E non ho usato il maschile a caso».
Oggi che è seguita da centinaia di migliaia di follower, Daniela Collu si è resa conto di essere finita al centro di una curiosità morbosa sulla sua ricchezza. Le domande su quanto guadagna o sulla casa in cui vive trasudano invidia sociale, invece che sana curiosità verso un certo mercato del lavoro o immobiliare, perciò ha deciso di proteggere la sua privacy. A proposito di case, cresciuta in una famiglia che aveva come motto “E se poi ti penti?” oggi Daniela ha un gruzzoletto fermo in banca e non riesce a decidersi a comprarne una. Dovesse mai pentirsene...
Nel secondo episodio di Percorsi, Domitilla Ferrari e Anisa Harizaj affrontano il tema della gig economy, un modello economico basato su lavori temporanei e freelance. L'episodio si apre con un'introduzione sulla crescita delle piattaforme digitali che collegano aziende e professionisti per progetti a breve termine, citando casi di successo come Fiverr e UpWork. Viene spiegato come il termine "gig", nato negli anni '20 nel mondo del jazz, sia oggi sinonimo di "lavoretto" nell'economia on demand.
Anisa racconta la sua esperienza con Fiverr, descrivendo come questa piattaforma offra servizi accessibili per imprenditori in cerca di competenze specifiche. Viene anche analizzata la rapida espansione della gig economy, che oggi coinvolge circa 200 milioni di persone nel mondo e genera miliardi di dollari. Domitilla e Anisa discutono i vantaggi e le sfide di questo modello, come l'accessibilità e la flessibilità, ma anche le problematiche legate alla precarietà e alla qualità del lavoro offerto.
L’ospite della puntata è Simone Tornabene, co-founder di Cosmico, una piattaforma italiana che collega professionisti con aziende. Tornabene offre una visione innovativa di come domanda e offerta si incontrino nel mercato del lavoro freelance e parla dell'importanza di coltivare soft skills oltre alle competenze tecniche. L'episodio si chiude con una riflessione sull'evoluzione del lavoro nel contesto della gig economy e le sue implicazioni per il futuro.
Camilla Negri ha 34 anni ed è originaria di Fontana Fredda di Cadeo, un paese in provincia di Piacenza, dove il padre negli anni ’80 avvia un’azienda che vende attrezzature per la ristorazione.
Fin da quando è ragazzina, Camilla nutre una forte repulsione per quell’attività di famiglia, in perenne lotta con i competitor, le banche, i pagamenti. In più, l'azienda fagocita tutte le energie dei suoi genitori, a discapito di altri aspetti della vita. «Da parte loro mi è mancato proprio quel tipo di rapporto per il quale si fanno cose insieme».
Da ragazza Camilla ha tutt'altri sogni per il suo futuro, ma dopo la laurea si scontra con un mondo del lavoro predatorio: «I miei colloqui si svolgevano più o meno così: ti prendiamo sei mesi, non ti diamo neanche un rimborso spese e non pensiamo neanche di assumerti dopo». Capisce che non può permettersi di sbattere la porta in faccia alla fortuna che ha: entra così a lavorare nell’azienda di famiglia che un giorno erediterà.
Impara molto e lavora sodo, consapevole che un giorno saranno lei e i suoi fratelli a mandare avanti l’azienda. Eppure il passaggio di conoscenze e competenze da parte dei suoi genitori è come inceppato. E in questo, ancora una volta, c’entra il tabù dei soldi. «Si parla di problemi, mai di soldi. Magari i fatturati sono in decrescita, ma non ci viene data un'idea chiara di quali sono le entrate, quali i costi, i finanziamenti in essere. Oggi i miei genitori non pensano che io e mio fratello siamo in grado di gestire l'azienda, e probabilmente hanno ragione. Ma se portassero il tema soldi nella conversazione, forse nel giro di poco tempo ne saremmo capaci».
Intanto, con l'arrivo di una seconda figlia, Camilla ha un nuovo obiettivo su cui focalizzarsi: liberarsi dalla trappola casa-lavoro-famiglia e imparare a godersi la vita.
Nel primo episodio di Percorsi, Domitilla Ferrari e Anisa Harizaj esplorano il tema dell’economia peer-to-peer (P2P), un modello in cui beni e servizi vengono scambiati direttamente tra persone, senza intermediari, tramite piattaforme digitali. Si parte dal caso di Napster, la piattaforma che ha rivoluzionato la condivisione di musica negli anni '90, diventando un simbolo dell’economia P2P ma anche del dibattito sui diritti d’autore.
La conversazione si sposta su come Airbnb e Uber abbiano trasformato il mercato immobiliare e quello dei trasporti, abbattendo i costi e velocizzando le transazioni. Harizaj spiega le differenze tra la sharing economy (che punta sulla condivisione delle risorse) e l’economia P2P (basata sulla decentralizzazione delle transazioni), evidenziando i vantaggi di entrambi i modelli per le piccole e medie imprese.
L'ospite della puntata è Marta Mainieri, fondatrice di collaboriamo.org, che offre spunti su come costruire una piattaforma di condivisione e generare valore dalle relazioni all'interno di una community. L’episodio si conclude con una riflessione sulle sfide regolatorie e sociali legate a questi nuovi modelli di business, che possono sia generare innovazione che creare nuove disuguaglianze.
Liana Doro è un’avvocata esperta di diritto di famiglia. Oggi sa che forse non avrebbe preso quella specializzazione se non fosse nata in una famiglia patriarcale. Nella sua giovinezza, tutte le risorse economiche e "di libertà" sono destinate al fratello maggiore. A lei non è consentito uscire, comprare cose che non siano indispensabili e nemmeno frequentare un’attività sportiva. Persino la scuola viene scelta dal padre: l'istituto magistrale. Ma è proprio quella formazione, così lontana da lei, a permetterle una prima forma di autonomia. Liana inizia subito a insegnare. E con i primi soldi guadagnati decide di iscriversi alla facoltà di Giurisprudenza. In quegli anni, Liana conosce uno studente che sposa giovanissima e di cui, poco dopo, resta incinta. Mentre frequenta i corsi, Liana fa 3 figli, e nonostante si ritrovi da sola a gestirli, mai per un attimo pensa di abbandonare gli studi. A 29 anni, quando riesce a laurearsi, inizia per lei il secondo tempo della vita: quello in cui può fare il lavoro che sogna. Ma non è facile come dirlo. Le porte non sono aperte per un'avvocata che è anche madre. Nonostante i tanti ostacoli superati, Liana ha un momento di crollo. «Non mi sentivo né una brava madre, né una brava moglie, né una brava lavoratrice. Ma è proprio quando ti senti un fallimento in ogni attività che stai svolgendo, che bisogna tenere duro, perché altrimenti, la prima cosa che molli è il lavoro». Liana lo vede succedere tra le sue prime clienti e così, quasi per caso, si ritrova a occuparsi di diritto di famiglia, accanto a donne che cercano di dare una svolta alla loro vita. A un certo punto toccherà a lei stessa attraversare l’esperienza vissuta tante volte attraverso le storie delle sue clienti: dopo 25 anni di matrimonio Liana e suo marito decidono di divorziare. E lei si pone l’obiettivo di ottenere il riconoscimento economico del lavoro di cura svolto durante gli anni precedenti: «Ho scritto un ricorso esemplare, in cui ho raccontato tutta la mia storia e in maniera provocatoria ho fatto una richiesta economicamente assurda». Quello che ottiene Liana, oltre a 3mila euro al mese, è l’affermazione di un principio. E cioè che non basta che la donna lavori perché i conti siano pari al momento della separazione.
Lo abbiamo chiamato Percorsi perché è più di un podcast: è una serie di 12 puntate dedicate alla piccola e media impresa, ricche di storie di successo e strategie vincenti.
Realizzato in collaborazione con Banca Sella, e prodotto con Piano P, Percorsi nasce per dare ispirazione a imprenditrici e imprenditori con esempi delle migliori aziende internazionali e le testimonianze delle imprese italiane.
Ogni giovedì, una nuova puntata condotta da Domitilla Ferrari e Anisa Harizaj.
Nato a fine dell’Ottocento in un paesino dell'entroterra sardo, Cosimo, il nonno di Andrea, all’età di cinque anni viene mandato dalla famiglia a fare il servo pastore e cresce totalmente analfabeta. Appena maggiorenne la Prima guerra mondiale interrompe il suo destino. Viene fatto prigioniero e in cella trova una persona che gli insegna a leggere e scrivere. Tornato in libertà, grazie a quella marcia in più, vince il concorso di ferroviere e diventa il primo impiegato in una famiglia di pastori da generazioni. Consapevole di ciò che gli ha permesso quello scatto, fa studiare tutti i suoi undici figli perché diventino «migliori di lui». Il papà di Andrea è l'undicesimo e diventa medico. I soldi, apprende Andrea nella sua infanzia, non servono a soddisfare i bisogni ma a poter fare qualcosa in più: andare a vivere in una determinata zona, comprare casa o permettere ai figli di andare a studiare fuori. C'è poesia nei soldi, se li vedi come ponte verso la felicità. E infatti Andrea conserva ancora i teneri messaggi che suo padre gli scriveva dietro i vaglia postali che gli spediva quando era studente fuorisede. Oggi, come suo nonno, Andrea predica ai figli la religione dello studio. Non più come strumento di emancipazione sociale, ma di felicità. «Perché la felicità, per mia esperienza, arriva quando fai qualcosa che ami al massimo della competenza e conoscenza».
Francesca Michielin cresce in una casa in cui lo studio è sacro. Il padre falegname e la madre ragioniera, avendo dovuto smettere di studiare presto per iniziare a lavorare, lasciano i figli liberi di approfondire le loro passioni, che siano gli studi universitari o quelli musicali. Di tutto il resto - shopping, vacanze - si può fare a meno. Tanto che la prima volta che vanno a cena fuori è quando Francesca supera gli esami di terza media e il fratello si laurea con una media molto alta. «È stata una cosa speciale: ho percepito la soddisfazione per il fatto che i sacrifici avevano portato a risultati importanti».
Quando a soli 16 anni Francesca vince X Factor, con i soldi della vittoria si paga una scuola privata che le permette di arrivare alla maturità portando avanti l’attività lavorativa appena iniziata. «Non avrei potuto continuare nella scuola pubblica stando sempre in giro a lavorare e là mi sono accorta che con dei soldi riuscivo a pagarmi il diritto allo studio».
In quegli anni, lei e i suoi genitori dicono No a tantissime proposte, rinunciando a molti soldi pur di tenere alta la qualità delle attività di Francesca. «Se avessi detto sì a tutte le proposte che mi sono arrivate all'epoca, non dico che sarei milionaria, però starei molto bene». Quello di poter scegliere è un lusso che Francesca riconosce di avere ancora adesso. Benché sia consapevole di dipendere sempre dalla sua prossima mossa e di non potersi permettere un disco che venda zero, Francesca non rinuncerebbe mai a quello che vuole comunicare.
Il primo lusso che si concede quando le cose iniziano a girare bene è la psicologa («Perché purtroppo la salute mentale è ancora un privilegio», dice), ma anche un’assicurazione sulla casa e un buon materasso. «Mi sono resa conto che alla fine non avevo bisogno di chissà che cosa per stare bene».
La musica è sempre stato un mondo maschile. Il gender gap salariale esiste anche qui. «Quando sono uscita da X Factor mi ricordo di alcuni eventi in cui i colleghi maschi prendevano quasi il doppio di me. Si pensava che gli artisti uomini portassero più pubblico, ma non è vero. Questo trend sta un pochino cambiando anche perché le donne si stanno affermando in maniera molto più poliedrica. Da un anno, forse un anno e mezzo, si iniziano a vedere line up al femminili o miste. Le donne si stanno riappropriando sempre di più di un potere economico che a loro spetta».
Serena Dellamore cresce a Cesena, in una grande e allegra casa, popolata di donne. Suo padre ha una ditta di trasporti, la famiglia è benestante, ma vivono nel culto del risparmio, negandosi ogni godimento. Quando nasce la sorellina di Serena, i genitori vendono la ditta di trasporti e iniziano a gestire un albergo nella riviera romagnola. In quel periodo, allentano le redini sulle figlie, che iniziano a spendere più liberamente, ma loro continuano a non concedersi nulla.
Nel 1998, il destino di questa allegra e rumorosa famiglia romagnola cambia per sempre. Serena ha 22 anni e la sua sorellina, quindicenne, Roberta, muore tragicamente investita da un’auto. Sembra blasfemo raccontare di soldi quando c’è di mezzo la morte, ma è il punto di vista di questo podcast e Serena ha accettato di farlo. «Quando lei è morta c’è stato un momento in cui mio padre si è reso conto che era assurdo aver accumulato per tanti anni senza mai averne goduto. La frase che disse fu: “Ecco, abbiamo sbagliato a non prendere mai un aereo quando era viva la Roberta perché dicevamo che non ce lo potevamo permettere”». Per sua madre, però, subentra presto un altro tipo di condizionamento. «Se lei andava al bar o al ristorante, se si comprava un vestito nuovo, aveva paura che qualcuno pensasse che stesse soffrendo meno».
In quel momento di forte sofferenza, i suoi genitori hanno la lucidità anche di fare un'importante scelta di business. Un anno dopo la morte di Roberta, l’Hotel Zeus diventa il primo albergo gay d’Italia. «Paradossalmente, il dolore della mia famiglia incontrava molto il dolore e le difficoltà di vita che questi uomini ancora incontravano nel vivere apertamente la loro omosessualità».
Con la stessa lucidità con cui trova il modo per tenere in vita la propria attività, la famiglia di Serena inizia una battaglia legata al risarcimento economico dato alle famiglie delle vittime. «L’unica cosa che alla famiglia del colpevole interessava era che non si superasse il massimale che lui aveva con le assicurazioni perché così non dovevano tirar fuori dei soldi di tasca loro». Il risarcimento viene definito in base a delle tabelle in cui vengono valutati diversi parametri. La famiglia Dellamore ottiene che sia inserito, per la prima volta, tra quei parametri, il danno esistenziale. «E quindi abbiamo superato il massimale dei 2 miliardi e la famiglia ha dovuto coprire a sue spese la restante parte. Paradossalmente io mi sono dovuta giocare la dignità e la vita di mia sorella dal punto di vista economico».
Con i soldi ottenuti per quasi vent’anni i genitori di Serena hanno portato avanti un’associazione nazionale per fare pressione sulle istituzioni affinché si occupassero di sicurezza e prevenzione. E per prestare soccorso psicologico e legale ai familiari delle vittime della strada. Affinché la sopraffazione del dolore non li inibisse dall’esigere giustizia.
The podcast currently has 115 episodes available.