Un romanzo delicato e poetico sul confine profondo, ma a volte labile, che c'è fra vita e morte. Un confine che qualcuno cerca di superare attraverso la forza delle parole, come fanno i protagonisti di "Quel che affidiamo al vento" (Piemme) di Laura Imai Messina, autrice italiana che vive da oltre 15 anni in Giappone. Ed è proprio in Giappone che è ambientata questa storia che trae spunto da qualcosa che esiste realmente: il cosiddetto telefono del vento, una cabina telefonica collegata al nulla dove le persone che hanno subito un lutto vanno per "parlare" virtualmente con i propri cari. Un modo per esorcizzare la morte e per mantenere un legame con chi non c'è più. Protagonisti sono Yui, 31 anni, che ha perso la madre e la figlia di 3 anni durante lo tsunami del 2011. Al telefono del vento incontra un uomo Takeshi che ha perso la moglie e deve crescere una bimba che non parla più dal giorno in cui la mamma è morta. Una storia di comprensione profonda che nel corso degli anni aiuterà entrambi a ridisegnare la geografia degli affetti.