«Capite quello che ho fatto per voi?» È una domanda che ci fa riflettere. È Gesù stesso che ce la pone, perché desidera che ci fermiamo un attimo a meditare. Non è sempre facile capire il Signore: i Suoi gesti, le Sue parole… Alcuni Suoi discorsi, alcune Sue azioni si capiscono solo dopo tanto tempo, magari alla luce di altri eventi. Lo dice anche a Pietro: «Tu ora non lo capisci, lo capirai più tardi.» E se ci pensate, anche nella nostra vita, quanti passaggi restano misteriosi.
Una serata piena di misteri
Ma stasera il Signore ci invita proprio a capire. È il Giovedì Santo, una celebrazione che racchiude tanti misteri: l’istituzione dell’Eucaristia, la carità, il sacerdozio. Tante cose da comprendere. Ma Gesù si riferisce a qualcosa di preciso: ha fatto qualcosa per loro. E non dice semplicemente: «Capite quello che ho fatto?» Ma: «Capite quello che ho fatto per voi.»
Perché ha fatto qualcosa per loro, per i discepoli… e per noi. Stasera, non siamo solo spettatori. Ricordate la Domenica delle Palme? Eravamo in mezzo alla folla, a cantare, a riconoscerlo come re… E poi davanti a Pilato, a Erode, sulla croce. Ma stasera è diverso: Gesù fa qualcosa di concreto per ciascuno di noi.
Ha lavato i piedi. Un gesto profetico, fatto prima di Pasqua. Un’azione concreta, un atto d’amore. Il Vangelo ci dice: «Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.» Questa espressione è potente. Gesù ama i suoi – non genericamente tutti, ma i suoi discepoli, i suoi prediletti, i suoi chiamati.
E dove sono? Nel mondo. E che mondo è questo? Un mondo violento, buio, solitario, pieno di guerra, di prigionia, di morte. Un mondo dove il diavolo può mettere nel cuore delle persone il desiderio di tradire, di uccidere, di separare. Ed è proprio lì, in quel mondo, che Gesù ama i suoi fino alla fine.
E noi? Siamo tra questi. Ci sentiamo suoi, ci sentiamo nel mondo, ma amati. Consolati, purificati. Eppure, quel “fino alla fine” dice qualcosa di più. È un amore totale, che dà tutto, che va oltre ogni limite. È un amore esagerato, quasi inimmaginabile.
E allora Gesù vuole che lo capiamo. Come ce lo fa capire? Con dei gesti concreti. Si alza da tavola, depone le vesti, prende l’asciugamano, versa l’acqua, e inizia a lavare i piedi con le sue mani. Le mani nelle quali Dio ha messo tutto.
Un amore che si fa piccolo
È un gesto concreto, preciso. Perché il Vangelo ci racconta tutti questi dettagli? Per farci capire davvero cosa sta facendo Gesù. Si mette ai nostri piedi, si abbassa, si fa servo. È una posizione talmente bassa che può dar fastidio, può scandalizzare. Lo vediamo con Pietro: «Tu lavi i piedi a me?» È sconvolto. Non vuole che il Maestro si abbassi così.
E forse anche noi, nella nostra vita, l’abbiamo trovato lì, chinato in una nostra situazione difficile, umiliante, nel nostro peccato. E Lui non si è tirato indietro. Ha lavato i nostri piedi sporchi, ha visitato la durezza del nostro cuore, non ha avuto paura della nostra piccolezza.
Quando Pietro capisce che se non accetta questo gesto non avrà parte con Gesù, cambia subito: «Allora non solo i piedi, ma anche le mani, il capo!» Ma basta, gli dice Gesù, bastano i piedi.
È una relazione d’amore, familiare, intima. Come quella dell’agnello nella casa degli ebrei prigionieri in Egitto. Doveva stare con loro quattro giorni prima del sacrificio. Un piccolo agnello, che vive con la famiglia. Ecco, quella è la presenza del Signore. Umile, semplice. E il suo sangue salva la famiglia.
Anche Paolo ci parla così. Dice: «Vi trasmetto quello che ho ricevuto: questo è il mio corpo per voi.» Parole semplici, ma potentissime. Gesù ci dice: «Questo corpo è per voi. Queste mani, questo corpo, questa vita, sono per voi.» E lo dice prima di andare sulla croce, dove darà tutto.
Il suo corpo, ferito, morente, sarà per noi. Questo è il suo amore. Questo è il calice della nuova alleanza nel suo sangue. Un mistero di amore profondo. E Gesù vuole farcelo capire.
E allora conclude: «Voi mi chiamate Maestro e Signore, e dite bene, perché lo sono. Ma se io ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavarveli gli uni gli altri.» Ci dà un esempio concreto. E ci rimette in cammino.
Un comando che ci coinvolge
Da questo momento in poi, non è più solo qualcosa che Lui fa per noi. È qualcosa che ci coinvolge. Anche noi dobbiamo lavarci i piedi gli uni gli altri. Dobbiamo compiere gesti d’amore semplici, belli, umili. Gesti che colpiscono, che scandalizzano per quanto sono gratuiti, che non chiedono nulla in cambio.
Siamo capaci di questi atti d’amore? Dobbiamo esserlo, perché è questo che ci comanda. «Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi.»
Nel concreto, nelle nostre famiglie, ma anche oltre. È una chiamata che passa attraverso l’obbedienza al suo comando. Ricevere la grazia della sua Pasqua significa diventare capaci di compassione. E forse sì, dobbiamo dirlo: ci costringe ad amare come Lui. Altrimenti ci sentiamo esclusi. Come Giuda, che riceve il gesto del lavaggio dei piedi, ma poi se ne va. Non riesce a mettere in pratica quel comandamento. Forse gli rimarrà nelle orecchie…
Allora ringraziamolo. Perché se torniamo a quella domanda – “Capite quello che ho fatto per voi?” – ecco che ci commuove. Ci spinge a fare lo stesso. È questa la strada per diventare un popolo sacerdotale. Servi dell’amore. E il triduo pasquale, che inizia proprio con questa celebrazione, ci porterà alla risurrezione. Alla possibilità, anche per ciascuno di noi, di dare la vita come ha fatto Lui.